Antropocentrismo e veganismo

22 Luglio 2018

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Nell'articolo per il Fatto Quotidiano "Libertà, ma senza pollo" uno dei miei maestri, Massimo Fini, considera equiparatamente "veganismo" e "animalismo", particolarmente quella corrente dell'animalismo nota come "non-specismo". Una considerazione che spesso ritrovo, anche nell'area culturale in cui generalmente mi riconosco, e sulla quale vorrei dissentire. Seguo da molti anni un'alimentazione pressoché vegana, con la sola eccezione contingente di un po' di pesce una volta la settimana. La mia motivazione non è primariamente "animalistica", anche se potendo evitare sofferenze e sfruttamenti di qualunque genere lo faccio volentieri. Ho motivo di ritenere, anche sulla base di un oramai lungo riscontro pratico, che l'alimentazione vegana permetta la migliore limpidezza mentale e spirituale - oltre alla miglior condizione fisica, cosa che non trascuro. Nel suo articolo, Massimo - come spesso chi voglia sostenere una fondatezza morale dell'alimentazione carnea - si richiama ad una "legge di Natura": per vivere ci si mangia anche a vicenda. È proprio della Natura quindi va bene. Io penso che la Natura sia anche qualche cosa di aberrante. Lo ritengo poiché questo sento. Per quale motivo dovrei attribuire ai fatti della Natura una maggior ragione etica che non al sentire della mia coscienza?

 

Massimo, d'altra parte, nel giustificare una sopraffazione da parte umana sugli "altri animali" riconosce un valore alla prospettiva dell'"antropocentrismo". Su questo valore sono senz'altro d'accordo, e porto anzi l'antropocentrismo ad una connotazione forte: l'essere umano è nella Natura l'unico ente spirituale e non solamente animico. Ha perciò una preminenza sostanziale. Si tratta di vedere in cosa consista e come debba realizzarsi questa preminenza. La mia posizione vegana è perciò direi agli antipodi del non-specismo. Del resto, si potrebbe considerare in qualche modo il fruitore di cibo animale come l'"animalista" per eccellenza: egli realizza infatti con l'animale il massimo della vicinanza, conducendolo dentro il proprio organismo. C'è scritto nel vangelo di Tommaso: beato il leone che mangerà l'uomo, perché diventerà uomo; e maledetto l'uomo che mangerà il leone, perché diventerà leone.

 

Enrico Caprara

 

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