Abbandonare i progetti megalomani

16 Agosto 2018

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Appena ho visto le terribili immagini del crollo del Ponte Morandi di Genova, il mio pensiero è corso all' Estonia. Giustamente i lettori del blog si chiederanno: è impazzito costui? Ha preso una traveggola da colpo di sole agostano, in attesa dei temporali? Che c' entra il Paese Baltico con la immensa tragedia che ha colpito Genova, l'Italia intera? Non sono impazzito, non ho preso colpi di sole, ho fatto soltanto alcuni impietosi paragoni tra un Paese efficiente ed avanzato e un Paese rimasto fermo al Giurassico. Con tutte le conseguenze del caso, compreso il fatto che il suddetto Paese stia letteralmente cadendo a pezzi per obsolescenza. Negli ultimi dieci anni, terremoti e cedimenti strutturali di ponti, viadotti, incidenti di treni su linee a binario unico, da Nord a Sud, alluvioni e dissesti idrogeologici largamente evitabili hanno provocato danni immensi e centinaia e centinaia di perdite di vite umane: ad ogni disgrazia, le inchieste hanno puntualmente dimostrato abusivismi, materiali vecchi e scadenti, infrastrutture superate, superficialità di costruzione, mancanza di manutenzione, malaffare e chi più ne ha più ne metta.

 

Adesso si scopre che il Ponte Morandi era "osservato speciale", che da anni montavano le polemiche sulla sicurezza e si parlava di una "gronda autostradale" sostitutiva. Quel ponte venne costruito tra il 1963 e il 1967: paragonati ad oggi, i tempi di costruzione e di collaudo statico furono velocissimi; ne consegue che dal 1967 ad oggi l'Italia ha fatto come i gamberi, passi indietro e non avanti: siamo rimasti fermi agli anni Novanta, ma che dico Novanta, agli anni Ottanta ad essere generosi. A parziale scusante va detto che dal '63 al '67 l'Italia aveva piena sovranità monetaria (leggi: la Lira) e non era succube del "debito" e dei "Mercati" e che il Paese in sé, nonostante tutto, aveva energie e voglia di fare oggi sconosciute. Oggi, per la "gronda autostradale", ammesso e non concesso che si trovino i soldi, servirebbero dieci anni minimo, al netto dei comitati "No Gronda", delle indagini antimafia sugli appalti e altro. Ebbene, in Estonia, per aprire una qualsiasi fesseria di attività, dal negozio alla start-up all' industria, servono 18 minuti. Sì, avete capito bene: 18 minuti, non 18 giorni! La burocrazia quasi non esiste, i processi civili e penali sono tra i più veloci del mondo (per una pratica amministrativa serve un mese in media, in Italia anni) e spesse volte non servono neppure gli avvocati e i cancellieri di Tribunale, perché la documentazione la invii direttamente in PDF sul sito del Ministero della Giustizia. Se in Italia i ponti cadono, in Estonia si costruiscono e con tecniche di avanguardia, in pochissimi mesi. Infatti l'Estonia va avanti e noi andiamo indietro.

 

E si badi bene che questo è un gap difficilissimo se non impossibile da recuperare: si è potuto recuperare il tempo perduto tra XIX e XX secolo su Gran Bretagna e Germania all' epoca di carbone, ferro, elettricità e acciaierie ma davanti alla "quarta rivoluzione industriale", il gap è incolmabile, perché la digitalizzazione, la robotica e l' informatizzazione di massa sono sottoposte tra l' altro alla legge di Moore che fa crescere esponenzialmente i processi, sicché il solco ogni sei mesi anziché diminuire, aumenta. Diciamolo in parole povere, senza tanti preamboli: siamo ormai un Paese fottuto, perdente, destinato al declino e ad essere tagliato fuori dal secolo. Un Terzo Mondo d' Europa, con qualche eccellenza di base che ci fa illudere, per un attimo, di essere come gli altri, salvo poi ritornare alla realtà quando i ponti crollano, ogni pioggia fa alluvioni e allagamenti (colpa dell'abusivismo, non del clima come vogliono far credere) e una scossettina di terremoto fa crollare paesi interi, laddove all' estero nemmeno sarebbe menzionata. E quando le poche eccellenze di base non avranno più interesse a stare in Italia, saremo Terzo mondo a tutti gli effetti. Siamo quindi fottuti, perdenti, tagliati fuori dalla Storia.

 

Potrebbe essere un male come potrebbe essere anche un bene, considerando come stanno evolvendo (in peggio) il progresso e la civiltà umana (ancora per poco "umana", di questo passo). In effetti è triste vedere, in Estonia, insegnare i rudimenti di robotica all' asilo o corsi estensivi di excel in seconda elementare: l'Estonia rischia di diventare "virtuale" nel vero senso della parola, perché il tanto decantato progresso ha sempre un lato oscuro, molto oscuro della medaglia.

 

In conclusione si può essere perdenti in due modi: con disonore e con dignità. Ebbene, vediamo di esserlo con dignità, il che significa accantonando tutti i progetti megalomani di grandi opere e rimettendo in sesto le dozzine di ponti Morandi che vi sono in Italia, riammodernando la rete ferroviaria -non serve l'Alta Velocità con 16.000 km di linee, ma l'ammodernamento di tutta la Rete- e tutelando meglio il nostro povero ambiente bistrattato, ambiente e habitat che non ha nulla da invidiare al resto del mondo e in primis all' Estonia. Vediamo di riprendere in mano le nostre vere eccellenze -agricoltura, artigianato di qualità inserito in reti o cooperative di imprese sul territorio, turismo di qualità e d' arte, così diverso dal turismo cafone e distruttivo che stiamo incentivando-e di mettere a profitto queste nostre eccellenze. Lasciamo perdere le opere faraoniche, le "gronde", i "valichi", che tanto una volta che saranno finite verranno ad essere inutili stante il decadimento italiano sulla sfera mondiale e piuttosto mettiamo in sicurezza il nostro bellissimo ma fragile territorio, i ponti, le strade.

 

Chiudo con l'ultimo rimbrotto ai "Giallo-Verdi": voi parlate sempre di miliardi di euro per questo e quello e quell' altro, come fossero casse di bottiglie d'acqua minerale...ma volete spiegare agli italiani dove andrete a prenderli, senza sovranità monetaria, in un Paese che acquista a debito moneta da un Ente privato (la BCE) e la deve restituire con gli interessi?

 

Simone Torresani

 

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