Anticonformisti ma senza politica economica

3 Dicembre 2018

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Da Appelloalpopolo dell’8-11-2018 (N.d.d.)

 

La vulgata promossa dalle opposizioni, e da buona parte dei media, è che nel recente periodo, con le ultime elezioni, staremmo assistendo ad un’inusitata insorgenza di populismo e antintellettualismo. Rispetto a tale scandalo i ‘responsabili’ e ‘competenti’, dovrebbero far fronte comune. Ora, questa lettura della realtà politica è a mio avviso gravemente fuorviante. Non è fuorviante perché sia falso che le forze politiche attualmente al governo hanno tratti populisti e antintellettuali. È fuorviante perché questi sono tratti ampiamente diffusi nella politica italiana dai primi anni ’90 almeno. Solo opinionisti con una memoria da pesce rosso possono dimenticare che il re incontrastato del populismo è stato per anni Silvio Berlusconi (il ‘presidente operaio’), che ha sdoganato sulle sue reti a piene mani le forme più cialtronesche di glorificazione dell’ignoranza. E nessuno può dimenticare l’entusiasmo emulativo del suo discepolo Renzi, il raffinato intellettuale del ‘Fare-fare-fare’, dei ‘professoroni’, dei selfie dalla D’Urso, ecc. E se poi vogliamo parlare di antintellettualismo sul piano strettamente operativo, dovremmo anche ricordare l’opera di sistematico smantellamento in cui si sono dati staffetta FI e PD rispetto alla pubblica istruzione a tutti i livelli, dal maggiore taglio alla spesa per istruzione nei paesi OCSE, allo screditamento degli insegnanti, alle raccomandazioni di andare a lavorare presto, all’alternanza scuola-lavoro, al verticismo della Buona Scuola, ai CDA delle università con presenza della ‘società civile’ (cioè di rappresentanti economici), ecc. ecc.

 

Dunque, la prima cosa da tenere ferma è che, se proprio vogliamo lamentarci di istanze populiste e antintellettuali, hanno titolo per farlo solo quelli che hanno criticato per tempo questo andazzo. Mentre pudore vorrebbe che quelli che vi hanno partecipato orgogliosamente (l’odierna opposizione parlamentare) tacessero. Ma ciò che le forze dell’opposizione benpensante, in particolare PD, percepisce come urtante ‘populismo’ e ‘antintellettualismo’ è in verità qualcosa di molto diverso. Ciò che produce in essi lo scandalo è l’infrazione della cappa di conformismo, convenzionalismo d’importazione, neobigottismo, che in certi ambienti passa per ovvio buon senso. All’interno di questo conformismo rientra il classico armamentario di importazione americana del ‘politicamente corretto’, dei ‘diritti civili’, delle ovvietà progressiste, ma soprattutto l’apparato del liberismo ortodosso, con tutti i suoi meccanismi e riflessi condizionati, dal rifiuto del ruolo attivo degli stati in economia, all’apertura illimitata dei mercati, alla riduzione del lavoro a merce trasferibile, ecc. ecc. Tutto questo apparato liberal-liberista è stato adottato in blocco dagli eredi del PCI-PDS-DS, divenendo una nuova convenzione ortodossa, che viene percepita come un’ovvietà naturale, e sfidare la quale è anatema. Purtroppo le forze attualmente al governo, mentre sono in grado in qualche misura di sfuggire al conformismo comportamentale precedente, appaiono completamente obsolete nella proposta economica, che ripercorre in modo stantio ricette defunte (la flat-tax modello Reaganomics e l’assistenzialismo di stato), ricette peraltro anche in contraddizione tra di loro in ciò che avrebbero di buono.

 

La situazione in cui ci troviamo è letta politicamente in maniera del tutto distorta se ci si concentra come linea discriminante su populismo vs. responsabilità o antintellettualismo vs. competenza. È fin troppo facile mostrare che sono i sedicenti ‘responsabili-e-competenti’ ad aver prodotto i peggiori trent’anni della storia economica italiana. E quanto ai peana sull’inconsapevolezza culturale del popolo, nella misura in cui c’è, sono proprio quelli che oggi se ne lamentano dall’opposizione ad esserne i maggiori responsabili. Purtroppo, rispetto al conformismo ottuso di chi li ha preceduti, sdoganare il politicamente scorretto o proporre politiche economiche degli anni ’80 non rappresenta nessun passo avanti degno di nota.

 

Andrea Zhok

 

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