Senza organizzazione non si ottiene nulla

3 Marzo 2019

 

Da Appelloalpopolo dell’1-3-2019 (N.d.d.)

 

La recente nascita del movimento dei “gilet gialli” in Francia ha generato, com’era prevedibile, un analogo e omonimo movimento anche nel nostro Paese. E, se si va a osservarne il programma, qualche punto condivisibile c’è anche: l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea prima di tutto. Tuttavia, analizzando con maggiore attenzione tale programma, qualche perplessità salta fuori, e le critiche che si possono muovere a riguardo sono tutte riconducibili alla natura di improvvisazione e spontaneità di questo movimento. Innanzitutto, il solito riferimento alla democrazia diretta, da loro ribattezzata “sovranità diretta” (come se non stessimo parlando della stessa cosa…) giusto per distinguersi dal Movimento 5 Stelle che ha sollevato presso il pubblico il tema di quella da loro chiamata, ma mai ben descritta, “democrazia partecipata”. Il primo punto del programma dei gilet gialli italiani ha lo stesso identico difetto della partecipazione nel M5S: la “sovranità diretta” non viene tecnicamente definita, non è chiaro cosa il popolo debba direttamente decidere e cosa no, con quali strumenti, quali sarebbero le competenze della democrazia diretta popolare e quali no, quale dovrebbe essere il ruolo del Parlamento in un ambito istituzionale del genere, quali articoli della Costituzione dovrebbero essere cambiati per realizzarla e come. Non si richiede un trattato di diritto costituzionale in merito, ma non avere neppure un accenno tecnico è piuttosto grave, e visti i precedenti sembra un proposito destinato a fare la fine della “democrazia partecipata” del M5S, relegata a piattaforme telematiche interne al movimento, non disponibili alla cittadinanza e dall’utilizzo piuttosto fumoso (vedasi la loro vecchia piattaforma “Lex”). Poi, anche i punti relativi all’abbandono di euro ed Europa sono buttati lì su un programma di riforme generiche, senza alcun dettaglio sul come dovrebbe realizzarsi un processo del genere. Non ci vuole né un economista né un esperto di diritto per intuire che uscire dall’Unione Europea non sarebbe semplice, e non sarebbe per nulla banale gestirne il “giorno dopo”.

 

I signori Gilet Gialli sono consapevoli del fatto che, qualora l’Italia dovesse uscire dalla UE, si troverebbe il giorno dopo l’ostilità dei paesi che invece hanno fatto la scelta di rimanerci, nell’Europa liberista, inclusi i maggiori destinatari delle nostre esportazioni? Sono coscienti del fatto che già il giorno successivo l’Italia dovrebbe battere moneta sovrana, essendosi già dotata di un software per emetterla e gestendo il cambio con l’Euro che nel frattempo continuerebbe ad esistere? Hanno un piano economico per il dopo-Italexit? Hanno un piano energetico nazionale (ci sarebbe una domanda propedeutica: sanno che cosa è un piano energetico?) Hanno un piano di approvvigionamento delle materie prime? Si sono dotati di un piano agricolo? Ma il punto dolente del movimento in questione arriva leggendo alcuni punti più avanti del loro programma: abolizione della fattura elettronica e dell’obbligo vaccinale. Ora, indipendentemente dal giudizio che si può avere sui temi in questione (positivo o negativo, non è importante ai fini di questo ragionamento), un programma che mette sullo stesso piano una riforma costituzionale rivoluzionaria come la “sovranità diretta”, una riforma epocale come l’uscita dalla UE e una leggina di nicchia come la fatturazione elettronica è la dimostrazione plateale dell’incompetenza e del pressapochismo di chi ha scritto una scaletta del genere. Sarebbe come se un giovane ventenne, fra i propositi per il proprio futuro, scrivesse di volersi laureare in ingegneria, attivare un mutuo per l’acquisto di un appartamento e comprare un paio di jeans nuovi. Un conto è scriverlo per fare dell’ironia, un conto è redigere sul serio un progetto del genere. Nel secondo caso il ragazzo ha poche speranze di sopravvivere. L’impressione è che, purtroppo, i Gilet Gialli Italia fossero sinceri nello scrivere una fesseria di tali proporzioni. La “prova del nove” la si incontra nell’ultimo punto del loro programma: nazionalizzare banche e assicurazioni. Nobile e condivisibile intento, ma messo lì a fianco della fatturazione elettronica fa tremare i polsi dalla paura perché, se pensi di gestire la nazionalizzazione delle banche italiane con la stessa sicumera con cui stili un DDL su come far fatturare i liberi professionisti, i casi sono due: o rinuncerai a farlo non appena ti trovi di fronte all’evidenza di cosa comporta davvero in termini pratici (manovrare miliardi in titoli di debito, gestire gli scambi interbancari con gli istituti esteri, ecc…) oppure porti l’Italia allo sfascio economico totale, per la grassa felicità dei globalisti che non aspettavano altro che un dilettante come te per fornire al popolo la dimostrazione pratica delle loro tesi. Sempre in tema di precedenti storici, il M5S, che nei primi anni della propria esistenza parlava di uscire dall’euro e di nazionalizzare le banche, ha scelto la prima strada, ossia quella di lasciare le cose come stavano.

 

Occorre ribadire la comprensione per tanti cittadini giustamente arrabbiati, giustamente consapevoli dei disastri provocati da globalismo e dall’europeismo, ed è comunque un passo in avanti la presa di coscienza riguardo alle frottole che il sistema liberista mondiale ha cercato di inculcarci per decenni interi. Ma è venuto il momento di capire che movimenti spontanei, liquidi e improvvisati non possono ottenere nessuno dei propositi – ancora una volta: condivisibili – che sostengono di voler perseguire. L’esempio del M5S che si è trasformato in un partito de facto con un programma di governo assolutamente europeista, e di altri movimenti di cittadini che hanno avuto vita breve e scarsa fortuna, come l’ormai quasi estinto Movimento dei Forconi, dovrebbe avercelo insegnato. Per riuscire a ricavare riforme tanto radicali occorre una struttura organizzata sul territorio, con competenze tecniche articolate e preferibilmente con esperienza amministrativa sul territorio. In parole povere: un partito. Fa poca presa sul pubblico, questa parola, ultimamente. Ma senza organizzazione non si ottiene nulla. Essere arrivati nel 2019 e non averlo compreso è un po’ grave.

 

Marco Trombino

 

 

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