Patria e socialismo

30 Agosto 2019

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Nel polverone accecante della politica è utile fissare alcuni paletti a delimitare il campo e ad aiutare l’orientamento.

 

Primo paletto: la globalizzazione, di cui l’UE è parte integrante, è male. È male perché tende a omologare le culture, è male perché è il contesto del dominio della finanza speculatrice e del capitale transnazionale proteso unicamente al profitto, è male perché la logica della finanza e del mercato senza regole per sua natura tende all’illimitato, all’eccesso, all’abbattimento di ogni barriera e confine, la hybris che è causa del sovvertimento dei fondamenti del vivere civile e del dramma esistenziale che l’umanità sta vivendo.                                          

 

Secondo paletto: gli USA, nonostante qualche sintomo di crisi, restano la forza egemone nel mondo. Lo sono non soltanto per le centinaia di basi militari sparse per il globo, non soltanto per il ricatto delle sanzioni che impongono a chi non si allinea, non soltanto per la centralità del dollaro nelle transazioni commerciali, non soltanto perché attirano cervelli da ogni parte del pianeta per farli lavorare nei loro centri di ricerca. Lo sono soprattutto perché dominano l’immaginario collettivo dei giovani di tutto il mondo, con la capillarità di una propaganda veicolata da Hollywood, dalla musica di consumo, dalla diffusione universale della loro lingua, che è anche la lingua dell’informatica, perfino dai messaggi in inglese stampati sulle magliette. I giovani russi, cinesi, indiani, turchi, iraniani, cubani, venezuelani, sono imbevuti di miti americani, sognano l’America.

 

Terzo paletto: l’unico ideale forte, emotivamente coinvolgente, capace di opporsi all’americanismo e alla soggezione all’impero yankee, è il patriottismo. I governi russo, cinese, indiano, turco, iraniano, cubano, venezuelano, sanno di poter resistere alle pressioni dell’impero solo perché in nome del patriottismo la loro gioventù sarebbe pronta a mobilitarsi. Senza il sentimento patriottico dei venezuelani Maduro sarebbe stato travolto in poche ore.

 

Quarto paletto: il patriottismo non basta, deve essere riempito di contenuto se non vuole restare pura retorica sfociante nel nazionalismo. Questo contenuto deve essere il socialismo, inteso come il sistema che permette ai poteri pubblici di regolare economia e finanza, ai fini di una più giusta distribuzione dei redditi e ai fini della fissazione di limiti alla crescita e ai profitti. Il nuovo socialismo non potrà essere né il superato collettivismo sovietico né il modello keynesiano, che colse straordinari successi quando esistevano condizioni oggi tutte assenti: materie prime a basso costo, debiti pubblici sostenibilissimi, assenza di sensibilità ambientalista, fiducia nel futuro durante la ricostruzione successiva al disastro della guerra, attitudine al sacrificio e al risparmio, disponibilità di governi e imprenditori ad accogliere rivendicazioni sindacali per sconfiggere anche ideologicamente la propaganda sovietica, essendo l’URSS una minaccia da scongiurare anche a prezzo di cedimenti alle richieste dei salariati. Tutto ciò non esiste più. Il nuovo socialismo dovrà essere attento all’ambiente e dovrà gestire l’inevitabile decrescita.

 

Conclusione: la parola d’ordine del partito capace di guidare una vera svolta dovrà essere quella antica ma sempre valida: patria e socialismo.

 

Occorrono considerazioni a parte per quanto riguarda l’Italia.Gli italiani storicamente hanno dato il meglio di sé nel localismo. La grande civiltà italica, che tanto ha dato alla storia del mondo, è quella delle Repubbliche marinare, dei Comuni, delle Signorie, degli Stati regionali. È vero che quella frammentazione permise a Stati nazionali stranieri di assoggettarci, ma è pur vero che ancora nel Settecento la penisola restava faro di civiltà e monarchie e granducati di origine straniera, come i Borbone di Napoli o i Lorena di Firenze, si erano del tutto italianizzati. Viceversa, la storia dell’Italia unita è il racconto di un fallimento. L’Italia liberale avviò sì l’industrializzazione, ma imponendo un accentramento amministrativo deleterio e in un quadro talmente squilibrato che proprio nella crescita industriale si verificò l’apparente paradosso di un’emigrazione massiccia dalle regioni meridionali, ma anche da Veneto e Friuli. Quell’Italia liberale si avventurò in imprese coloniali insensate e trascinò il Paese nell’ “inutile strage” della Grande Guerra. L’Italia fascista negli anni Trenta ha promosso una buona ristrutturazione finanziaria ed economica sotto l’egida dello Stato, ereditata dopo la seconda guerra mondiale da chi ha potuto vantare il “miracolo economico”, ma ha riempito il vuoto ideale con una ridicola retorica imperiale sfociata in una serie di conflitti, fino alla catastrofe finale. L’Italia repubblicana per un trentennio ha fatto registrare una crescita economica spettacolare, ma nel quadro di una sottomissione a potenze straniere che hanno ridotto l’indipendenza nazionale a pura apparenza. E l’ultimo quarantennio ha visto una progressiva putrida decadenza che fa presagire la possibile estinzione della nazione. Le energie degli italiani storicamente traggono la loro linfa dal localismo. Eppure una ribellione al globalismo della finanza, che dovrà avere una dimensione internazionale, non potrà che cavalcare l’onda del patriottismo. La ristrutturazione del nostro Stato verso una federazione di regioni potrà essere soltanto un passo successivo.

 

Il partito patriottico e socialista è tutto da costruire. Affidarsi a una delle forze politiche esistenti nel nostro parlamento sarebbe farsi complici di un grande delitto: la distruzione del nostro Paese.

 

 

 

Luciano Fuschini

 

Commenti
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xex@victoryproject.net
lorenzo (IP:79.52.84.222) 31-08-2019 10:30

Caro Luciano,
mi chiedo come combattere contro l'individualismo globalizzato.
Già sappiamo quanto ha sommosso %u2013 tanto da noi, quanto e ancor più altrove %u2013 l%u2019importazione della cultura yankee.
Siamo da tempo tra le raffiche e i marosi di una burrasca, ma con una piccola barca.
Forse le cose sono davvero, definitivamente cambiate.
Se prima gli editti facevano la storia delle sottomissioni dei popoli, ora ci pensa il web.
Col G5 %u2013 il mondo in diretta permanente %u2013 i componenti dell'umanità arriveranno a corrispondere a terminali nervosi di un solo organismo. Non panteisticamente inteso, ma tecnologicamente.
Parte di questi capolinea sensibili reagiranno emozionalmente all'unisono come la più volatile delle azioni. Come un solo essere umano sente scorrere in sé le vibrazioni del godimento o della paura. Così potranno virtualmente unirsi e agire nei confronti di quanto li ha fatti scattare. Basterà l%u2019opportuno messaggio o immagine trasmessa da qualcuno, anche ignaro di ciò che scatenerà. Poi si spegneranno disgregandosi, rapiti da altre emozioni, convinti di fare bene in nome di occulte esigenze di autostima.
Allora, ma già è così, la permanenza dei sentimenti e il loro legame con un passato biografico in cui riconoscersi tenderà a sciogliersi.
A quel punto la permanente esigenza di soddisfazione subitanea, tanto cara al consumismo opulente avrà il suo Premio Oscar per la Strategia di Controllo.
Noi applaudiremo inconsapevoli di non aver capito nulla.
Ci daranno altre fiamme fatue o benefit che siano e continueremo a credere d'essere bravi e liberi una volta di più.
Lo faranno sempre, sedantoci con la Champions o simili, o infiammandoci con le nuove versioni dell'immigrazione e dei paesi canaglia.
Per le nuove generazioni il patriottismo apparterrà al passato, come per le attuali la ritirata di Russia.
fosco2007@alice.it
admin (Super Administrator) 02-09-2019 15:50

Si deve sempre sperare nell'anello che non tiene, nel momento di rottura, in una generazione che si ribelli, in una dinamica che sfugga al controllo. Quando c'era l'URSS si diceva che era una realtà granitica che non poteva essere scalfita. Ebbene, si è dissolta come neve al sole. Si diceva che un'economia tutta statalizzata non era riformabile. Ebbene, in meno di un anno è stato privatizzato tutto. L'hanno pagata con una decina d'anni di miseria ma poi si sono ripresi. Io spero nel crollo dell'UE e dell'Impero.
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