Il principio di prossimità

7 Marzo 2020 

 

Da Rassegna di Arianna del 5-3-2020 (N.d.d.)

 

 […] Amare la propria patria, coltivare l’identità e le radici, tenere alla sovranità, riconoscere valore alla tradizione, non significa negare che in tutti noi ci sono radici plurime, esperienze varie, attraversamenti, sintesi e tutto il resto. Folle e impraticabile ogni rigida autarchia, ogni idea del patriottismo come tribù, etnia chiusa. Ma ciascuno di noi si riconosce in un’origine, come si riconosce in una paternità e una maternità. Può rielaborarla, ridiscuterla, vivere esperienze diverse, ma quel fondamento resta. E proprio in una società globale e spaesata come la nostra si avverte il bisogno di un luogo protettivo, comunitario, caldo ed evocatore. Non per negare il globale ma per darvi un solido contrappeso, per bilanciare il divenire con l’essere, la fuga con la radice. Non andrò più in fondo nel tema, a cui ho dedicato saggi. L’amor patrio è un bene, una virtù, non è una malattia, non è un crimine, non è un atto ostile verso nessuno. È senso comunitario, diritto/dovere civico ma anche amore per la storia e la memoria, per l’infanzia e il paesaggio, per la cultura e per l’arte, a partire da quella del tuo paese. E questo vale sempre, ma ancor più vale in epoca di globalizzazione. E non solo: vale ancor più nel tempo della pandemia, del contagio globale. È una forma di sicurezza, un rifugio affettivo non infettivo, comunitario non immunitario. La nostra umanità passa da quei legami naturali e culturali, civili e religiosi, territoriali e linguistici, come ci hanno detto fior d’autori, poeti e pensatori. Proteggere un’identità, una società, un’economia, seguendo il principio di prossimità, è un atto positivo, pensato a fin di bene.

 

Il dialogo tra ciechi finisce qui. Resta vivo il dialogo con chi ascolta, pensa, dubita. Ognuno ha bisogno di un luogo che sente come la sua casa, la sua patria, la sua origine. Non mi convincerà nessuno che quel delicato eppur intenso amore sia un male da sradicare o un virus da isolare.

 

Marcello Veneziani

 

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