Dualismo

17 Febbraio 2021

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Che la Civiltà Occidentale abbia da riprendersi, o che - più probabilmente - debba concludere la sua parabola discendente e lasciar posto a qualcosa di altro, la possibilità di ascesa può fondarsi io credo solamente su una forma solida e positiva di spiritualità. Ciò che nella nostra civiltà non mi sembra di vedere. Anni fa sentii un intellettuale e uomo politico, un personaggio di una certa rilevanza nel panorama culturale occidentale, notare come la Civiltà Occidentale avesse due radici, quella ebraica e quella greca. Mi sembra vero: discordo però che abbiano dato buoni frutti. Un certo fondamento spirituale conduce a certi atteggiamenti morali; una certa disposizione morale conduce a certe realizzazioni sociali e politiche. Mi sembra di vedere nella nostra civiltà da una parte la radice monoteista-monista (ebraica) portatrice di moralismo, dall'altra parte la radice politeista-panteista (greca) portatrice di amoralità. Da parte ebraica, la considerazione di un Dio onnipotente pone l'essere umano in una posizione di debolezza morale; alla fin dei conti viene tutto da lui, da questo Dio, tutto ciò che è, è qualcosa che deve essere; anche le nostre inclinazioni equivoche, anche gli accadimenti nefasti, anche le ingiustizie; ha veramente senso impegnarsi per il Bene, oltre che inginocchiarsi ai "comandamenti"? È una debolezza morale che mi sembra emerga abbastanza anche nello stesso clero cattolico. Dall'altra parte, quella greca, nella Natura divinizzata tutto ha "volontà di potenza"; per questa via si arriva facilmente alle posizioni di un Konrad Lorenz, al riconoscimento dell'aggressività come valore, a cui sta dietro per coerenza il riconoscimento della sopraffazione come valore; e qui, magari, i sostenitori naturalistici e lorenziani della aggressività-sopraffazione sono gli stessi che accusano gli americani per il genocidio dei pellerossa, la schiavizzazione degli africani, le bombe atomiche sui giapponesi…

Per quanto mi riguarda, più che da queste due radici, traggo linfa da un filone religioso e spirituale molto antico, quello dualistico della tradizione iranica: Mazdeismo, Zoroastrismo, culti misterici di Mithra, Manicheismo. Nella cultura occidentale questa traccia è ancora abbastanza visibile in Platone; poi resta sotterraneamente, anche in certi aspetti del Cristianesimo. Qui non si tratta del semplicistico (e fuorviante) dualismo anima-corpo, spirito-materia, ma di un dualismo etico-metafisico. Il Bene e il Male sono due princìpi metafisici completamente separati, personificati nella tradizione iranica da Ormuz e Ariman. Questa visione ha conseguenze di grandissima portata: Dio è assente dal Mondo, che è stato creato o meglio ordinato proprio come territorio di mezzo; con la propria assenza dal Mondo, Dio garantisce l'intangibilità del Bene; il Mondo (che non è solo il pianeta Terra in atto) è quindi un territorio di mezzo dove si intrecciano e si scontrano il Bene e il Male, la Luce e la Tenebra; la struttura del Mondo è un riflesso divino, la sua tenuta testimonia la vittoria iniziale ed eterna di Ormuz su Ariman; la Natura è un luogo di simboli che elevano; l'essere umano ha nella profondità una scintilla divina (il Sé), e ciò lo colloca in una posizione di grande importanza e responsabilità: è l'estrema difesa del Bene, l'inviato divino nel Mondo, il combattente generoso. La presenza nel singolo essere umano della scintilla divina dà indubbiamente a questo tipo di prospettiva spirituale una certa connotazione individualistica. Si tratta però dell'individualismo sano, fondato sul Sé. L'essere umano singolo ha nella propria costituzione la possibilità del giudizio, la piena responsabilità del proprio agire, è l'estremo garante della tenuta del Mondo. Qualcosa di molto diverso quindi dall'individualismo-egoismo della mentalità borghese, che focalizza la coscienza sull'Ego e cerca di dimenticare il Sé.

Enrico Caprara

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