Tre possibilità

14 Giugno 2021

L’errore da non commettere è continuare a ragionare secondo schemi ormai irrimediabilmente otto-novecenteschi. Bisogna rendersi conto che viviamo in un mondo radicalmente mutato. Destra e sinistra, classe operaia e borghesia, lotta di classe e interclassismo, libertà e dittatura del proletariato, fascismo e comunismo, sono antinomie ormai anacronistiche come potrebbe essere una polemica fra guelfi e ghibellini o fra giacobini e girondini. Sono superati anche temi che ci furono cari e che Massimo Fini e Maurizio Pallante, fra gli altri, ebbero il merito di divulgare: antimodernità, decrescita, democrazia diretta, uno vale uno, Europa delle Regioni…

Nel mondo degli anni ’20 del terzo millennio si presentano tre possibilità. Una è la prospettiva vichiana. Giambattista Vico teorizzò i corsi e ricorsi storici come sviluppo naturale delle società umane. Ogni corso è segnato da tre fasi. Un’età del Senso, in cui gli uomini sono bestioni primitivi; un’età della Fantasia, l’epoca dei grandi miti, della forza delle religioni, degli eroi, della poesia epica; e un’età della Ragione, l’epoca della filosofia, della scienza, della prosa, dei sistemi politici repubblicani o monarchico-costituzionali, dell’ingentilimento dei costumi. Quest’ultima età tende a deteriorarsi nell’abbondanza, negli eccessi, nell’indisciplina, nella decadenza dei costumi e nello spegnimento delle virtù civili, fino a degenerare in una nuova età del Senso, in un ritorno di barbarie che dà inizio a un ricorso storico, in un ciclo che assume la figura della spirale. Ebbene, la decadenza estrema è sotto gli occhi di tutti coloro che non siano accecati dalla propaganda di regime. La barbarie riaffiora con manifestazioni di assoluta evidenza.

La seconda possibilità è la guerra fra le maggiori potenze, che sarebbe inevitabilmente breve e devastante, perché nucleare fin dai primi minuti. Gli USA e i loro alleati hanno steso una rete di basi attorno ai confini e alle acque di Russia e Cina. I missili ultrasonici, non intercettabili dai sistemi antiaerei, possono raggiungere Mosca, San Pietroburgo, Pechino e Shangai in pochissimi minuti. Gli USA hanno messo a punto ordigni atomici in grado di penetrare in profondità per distruggere anche i più corazzati bunker sotterranei. Pertanto un giorno, in presenza di una grave crisi internazionale, qualcuno alla Casa Bianca o al Pentagono potrebbe essere tentato di sferrare il primo colpo, liquidando tutta la dirigenza nemica e decapitando i centri di comando. Dall’altra parte è altrettanto vero che i missili ultrasonici, in possesso anche dei russi e dei cinesi, dal territorio di quei vastissimi Paesi possono colpire in pochissimi minuti le basi nemiche, con un attacco preventivo rapido e definitivo. Inoltre i sommergibili di tutte le grandi potenze, armati con missili nucleari, sono sempre in agguato davanti alle coste dell’avversario. Neanche durante la guerra fredda il mondo fu tanto in pericolo, perché nessuno poteva illudersi di distruggere l’avversario senza che potesse reagire.

La terza possibilità è che si sviluppi il piano della cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale, o Great Reset, già in atto prima della pandemia che lo ha favorito e non creato. Si tratta di un grande progetto di digitalizzazione del mondo intero, di sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, di robotizzazione, ammantato propagandisticamente di una spruzzata green. Il grande piano della finanza e del capitale globale prevede anche il transumanesimo, un vero e proprio superamento del sapiens attraverso manipolazioni genetiche e inserimento di microchip nel corpo. Non è fantascienza. Nei laboratori di chi aspira a farsi dio ci si sta lavorando. La robotizzazione dei processi produttivi e dei servizi produrrà una disoccupazione di massa. Il Reddito di Cittadinanza, finora soltanto una forma di sussidio ai più poveri, dovrà diventare generalizzato, trasformando tutte le modalità della vita associata. Il prolungamento indefinito della vita sarà privilegio delle élite, per cui i nuovi conflitti saranno, più che una lotta di classe, uno scontro fra le masse che avranno un’attesa di vita di un’ottantina d’anni e le élite che vivranno secoli. Non è fantascienza, è qualcosa che si prepara.  Su tutto poi incombe lo spettro del disastro ambientale, soprattutto a causa delle plastiche e dei rifiuti tossici.

Essendo queste le prospettive, chi si ribella a simili scenari deve darsi programmi politici che contrastino la decadenza in atto, la barbarie incombente e la minaccia di guerra totale. Intanto uscire dall’UE. L’Italia non ha nulla a che fare col Baltico, con Estonia, Lettonia, Lituania, con la Danimarca. Ha molto a che fare col Mediterraneo. La proiezione della nostra penisola è nel Mediterraneo. Dobbiamo guardare ai Paesi che vi si affacciano, recuperando finalmente un’indipendenza persa. Sarà anche necessario uscire gradualmente dalla NATO, seguendo intanto l’esempio di una Turchia che ha un piede dentro e uno fuori dall’Alleanza dominata dagli USA. Solo fuori dalla NATO, certamente impresa non facile, potremmo contribuire a una politica di pacificazione, non con gli inutili cortei di un generico pacifismo. Infine si tratta non di sognare una decrescita che sarebbe possibile solo dopo una catastrofe economica e finanziaria, ma di aderire ai progetti di digitalizzazione e robotizzazione cercando di rovesciarne il segno politico. Vedere la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale e il conseguente Reddito di Cittadinanza generalizzato come l’occasione per riscattare l’umanità dalla servitù del lavoro salariato. Non del lavoro in sé, nel quale l’uomo si realizza, ma del lavoro asservito. Sul piano politico-istituzionale, occorre rendere coscienti che tutti i sistemi politici sono in fondo delle oligarchie. Bisogna avere il coraggio di ribadire che il vero problema di tutti i sistemi politici è il meccanismo di selezione delle élite. Il più efficiente sistema politico è quello che permette ai migliori di emergere. I migliori sono i più capaci per competenze, per attitudine a organizzare e dirigere, per legittime ambizioni. Non sono le urne elettorali ma le dinamiche professionali e sociali i fattori che fanno emergere i migliori. Il voto deve avallare quanto emerge dalla forza delle cose. C’è bisogno di capi, a livello nazionale e locale. Su di loro deve vigilare un’istanza superiore, corte monarchica o presidenza della repubblica o ristretto consiglio di Custodi della costituzione, un’istanza che detenga il monopolio della forza e garantisca che il potere dei capi è temporaneo e sottoposto a periodici controlli da parte dell’elettorato.

Siamo a una svolta storica epocale. L’esaurirsi delle risorse e la barbarie dilagante potrebbero rendere vani tutti questi discorsi. Li si fa per un’esigenza di ottimismo della volontà. Vedere nero nel prossimo futuro è realismo, una parola che coincide col pessimismo della ragione.

Luciano Fuschini

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