Il ritorno dello Stato

10 Luglio 2021

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 Da Appelloalpopolo del 7-7-2021 (N.d.d.)

Un collega mi segnalava un passaggio interessante da un articolo del sito Formiche.net

Riguarda i microchip e i semiconduttori, ossia un bel pezzo di capacità industriale degli Stati Uniti di oggi e di domani. È un esempio tra i molti che si potrebbero fare ogni giorno, navigando distrattamente tra diversi siti di approfondimento economico, di come i Paesi sovrani se ne strafottano della presunta efficienza del mercato. Quando si tratta di politica industriale e di sviluppo tecnologico, cioè di potenza, gli Stati finanziano con risorse pubbliche ingenti sia gli investimenti pazienti che il privato non rischierebbe mai, perché guidato dalla sola logica di profitto, sia la ricerca e sviluppo delle stesse aziende private a cui infine demandano in tutto o in parte la produzione (a seconda della struttura giuridico-economica che lo Stato stesso si è dato). Salvo poi, naturalmente, predicare libero mercato all’esterno, per meglio penetrare nelle catene produttive e decisionali degli Stati semi-sovrani o in via di sviluppo. Ma in questo caso, addirittura, si va oltre. Gli Stati Uniti, che hanno concepito dopo la Seconda Guerra Mondiale una Germania mercantilista, introflessa sulle proprie beghe commerciali e dimentica della sua storica politica estera di potenza, ora alzano entrambe le sopracciglia di fronte allo zelo con il quale la stessa Germania rifiuta qualsiasi correttivo strutturale al divieto di aiuti di Stato che sta alla base dell’Unione Europea.

Dopo aver osservato e in gran parte provocato l’ascesa tecnologica cinese, attraverso delocalizzazioni e investimenti strategici in loco, gli Stati Uniti si rendono conto che hanno bisogno dell’Europa per riparare il danno e riaffermare il proprio predominio tecnologico sul gigante asiatico. Hanno bisogno, cioè, di Stato e politica industriale anche nei Paesi chiave del Vecchio Continente, perché agli alti livelli strategici americani sanno perfettamente che le quattro stronzate liberali sul mercato che si autoregola e produce spontaneamente il pieno utilizzo della capacità produttiva sono cibaglia per professorucoli universitari invasati delle province imperiali e per ceto medio in cerca di ascensore sociale. Ora che la Cina è una minaccia, deve tornare lo Stato, in parte anche nella retorica ufficiale. Quello Stato che, nei settori chiave, negli Stati Uniti non se ne è mai andato. Vallo a spiegare ai tedeschi, che sull’Unione Europea dei vincoli alla spesa pubblica ci hanno costruito il loro dominio regionale, e vallo a spiegare agli italiani, che alla favoletta dell’austerità espansiva e dello Stato inefficiente ci hanno creduto più di tutti.

Simone Garilli

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