Trieste non è Danzica

28 Ottobre 2021

Trieste non è Danzica, il "Comitato 15 Ottobre" non è Solidarnosc, tra i portuali non vi è nessun Lech Walesa e il Green Pass ce lo terremo ancora a lungo, probabilmente sino all' autunno del prossimo anno o forse sino ai primi mesi del 2023. Potremmo sintetizzare in maniera sibillina dicendo che abbiamo perso anche se abbiamo vinto, perché la vittoria non sarà per tutti e la vittoria seppur certa è ancora assai lontana nel tempo.

Lungi da me lasciare i lettori con frasi ermetiche, vediamo di fare una disamina seria, onesta e al netto della propaganda (che spiace dirlo ma abbonda pure dalla nostra parte, perché quando si combatte la propaganda è su ambo i fronti) della situazione attuale ad oggi, lunedì 25 ottobre. Partiamo allora dal ruolo di Trieste e dei suoi portuali, diventati in queste settimane un simbolo se non l’essenza stessa della protesta, sia in Italia che sui media internazionali, tra l’altro nemmeno troppo pubblicizzati come qualcuno vuol far credere: fate un giro sui siti esteri e poi ne riparleremo, lo sgombero del varco nr 4 seppur riportato sui media internazionali ha fatto meno rumore di quel che si creda. Stefano Puzzer e i suoi colleghi e compagni di lotta sono inattaccabili, nessuna critica va effettuata, anzi hanno dimostrato e dimostrano a tutti quanti valori antichi quali la solidarietà tra lavoratori -si rammenti che Puzzer è titolare di "pass" in quanto vaccinato eppure guida la protesta per una cosa della quale non si ricordava più il significato, la fratellanza e solidarietà: se tu colpisci uno, colpisci tutti e la difesa diventa comune. Puzzer stesso, onesto lavoratore triestino, si è trovato ben presto in un meccanismo, in un ingranaggio molto più grande di lui e la mitizzazione della sua figura, processo naturale in certi frangenti ed amplificato dalla grancassa dei social, altro non fa che gettargli addosso troppe aspettative e responsabilità. Atteggiamento sbagliato, sbagliatissimo giacché appunto Trieste non è Danzica e nessuno dei portuali è un novello Walesa: a Danzica, nel 1980-81 le maestranze dei cantieri navali avevano l'appoggio di tutta la Polonia compresa la sovrastruttura del clero con un leader mondiale quale papa Wojtyla grandissimo referente morale e materiale, mentre i portuali giuliani sono sostenuti da una parte dell' opinione pubblica e nessuna sovrastruttura sociale o autorità estera di gran prestigio sta al loro fianco. Ne consegue che Trieste non ha la forza di paralizzare il tessuto di una nazione e nemmeno va fatto troppo affidamento sul porto della città alabardata, senz' altro importantissimo per lo snodo di logistica, oleodotti e gasdotti verso la Germania e altri Stati dell' Europa Centrale ma non per questo provvisto di prerogativa: il porto di Fiume, anch'esso sviluppato, si trova ad un tiro di schioppo e quindi vanifica le illusioni di paralisi dei mercati esteri in cui ancora in troppi si beano e si cullano, delegando appunto il "lavoro sporco" alle manovalanze portuali, elevandole moralmente trasformandole in simboli ed archetipi di eroismo e quant' altro ma nel frattempo restando inermi.

Contestualizzare i portuali ad eroi, trasfigurandoli, non porta a un bel nulla, perché ci troviamo in una situazione nella quale delegare ad altri il ruolo di salvatori della Patria è del tutto controproducente: non siamo in una antica tragedia teatrale e non ci sarà nessun "deus ex machina" a salvarci col colpo di scena finale, qua il "deus ex machina" dovrebbe essere ciascuno di noi, senza firmare deleghe o sottoscrivere cambiali in bianco a chicchessia. E quindi nemmeno ad un brav' uomo come Puzzer, il quale deve essere visto come un grande e luminoso esempio di valori antichi (coraggio, solidarietà operaia, fratellanza tra lavoratori, ecc.)  da seguire ed imitare ma non come un Furio Camillo sul quale gettare responsabilità e pressioni alla lunga insostenibili.

Si dirà: le piazze d' Italia sono le piazze di Trieste. Certamente sono aumentate di presenze numeriche (posso testimoniarlo dal vivo) e anche come qualità di interventi degli oratori, sono momenti di convivialità pura, a volte con vene ludiche e artistiche -girotondi, artisti di strada che suonano, canti improvvisati- ma politicamente il loro valore, la pressione esercitata sulle autorità istituzionali, sul Paese nel complesso- è praticamente nulla. Con questi elementi in gioco, il Potere dorma pure sonni tranquilli: non saranno le scampagnate del sabato pomeriggio, i canti in piazza, i salti, gli slogan, i "buu" contro Draghi e compagnia a mettere in difficoltà i piani alti. E non lo saranno manco i porti che non sono in sciopero perché ai varchi giuliani entra, esce e lavora chi ha voglia di farlo e a quanto pare le merci in Germania arrivano, perché online i media teutonici manco ci menzionano di striscio; nemmeno qualche treno soppresso, qualche corsa di metro o bus cancellata o in ritardo manderanno tutto a carte quarantotto. I supermercati sono pieni, la benzina e il diesel arrivano alle pompe, le merci circolano, le fabbriche funzionano alla grande, l'apparato gira come sempre e le farmacie sfornano pass ed effettuano tamponi in quantità industriali, perché "et voilà la question" come dicono i cugini transalpini: la gran massa di chi non ha il pass va a lavorare indefessamente, si fa sfondare il naso (per la gioia di Brunetta) pur di avere un lasciapassare di 48 ore e sono tutte queste stampelle del Sistema, che reggono l'apparato produttivo, a tenere in piedi il grande gioco . Che importa a Draghi, a Speranza, a Brunetta se un lavoratore si tampona sino a lesionarsi il naso? Anzi, loro questo vogliono e se posso permettermi di rivolgermi a loro dico: signori, state tranquilli, dormite tra due guanciali e non badate troppo a coloro che vanno ogni sabato in piazza. Con me poi potete stare tranquilli, che le manifestazioni dove vivo sono tutte autorizzate. Cantiamo, balliamo, qualche slogan e coro e poi buona parte di quelli che sono in piazza, il lunedì mattina si fanno il tampone. Oh certamente, si trovano diversi che stanno fermi, a lavorare proprio non ci vanno, ma comodi signori: si tratta di una minoranza. Mario Draghi, stai sereno...che la massa dei protestanti sta applicando alla lettera l’articolo 1 della Costituzione e lo ha ben introiettato in 75 anni: infatti non lavorano per vivere ma vivono per lavorare, non concepiscono gli "otia”, i tempi morti, i tempi sospesi, dicono di scendere in strada contro il "Sistema" e poi sono incapaci di qualsiasi sacrificio, si attaccano alle lagne d' accatto che non commuovono, del genere: che diamo da mangiare ai nostri figli? e poi li vedi uscire dai magazzini generali con la Playstation in mano' abbonamento per vedere la Juve o il Milan... Draghi stai sereno, che questi nel giro di un mese o due li troverai in coda negli hub vaccinali!

Dunque: abbiamo perso. Ma abbiamo anche vinto. Perché tutti coloro che si stanno liberando dell’articolo 1 della Costituzione, che anche stavolta li ha fregati (per il lavoro si fa di tutto, eh? Anche il naso sfondato...) e lo hanno sostituito con un nuovo articolo 1 non scritto quale: "L' Italia è una Repubblica basata sul senso di comunità e sul comunitarismo e il reciproco aiuto" ed ecco che soffrono, si dannano, si disfano per creare comunità parallele, economie circolari parallele, che non temono le rampogne del "capetto" o dell' azienda o di perdere per una settimana o due quei quattro miserabili soldi di un salario che ti permette solo di pagarti la macchina che ti porta a sua volta a lavorare, in un "loop" insensato, bene ecco che la vittoria sarà di costoro. Perché quella del pass è una storiaccia che per la forza delle cose -tempo al tempo, pazienza alla pazienza- finirà per esaurirsi da sola: finirà che sempre più persone saranno stanche di farsi la terza, quarta, quinta, sesta, ventinovesima dose o centododicesimo richiamo per un foglietto di libertà a tempo determinato e rinnovabile a condizioni che saranno sempre più da farabutti, ad usare termini da gentiluomini, oppure che vi saranno effetti collaterali sgraditi dopo questo diluvio di farmaci in vena, aumentando il rigetto, e il castello in men che non si dica cadrà da solo. Cadrà da solo, dopo ovviamente aver fatto un sacco e una sporta di danni e aver trascinato nel baratro più gente possibile.

Perciò la fenomenologia delle piazze consiste di due tipi umani: chi tiene il piede in due scarpe (protesta e coi tamponi, andando a lavorare perché troppo impaurito dall' azienda, dalle bollette, dalle rate dell'auto, da non poter più guardare Inter-Barcellona sulle pay-tv, oppure che vive per lavorare e non concepisce i tempi morti e a breve verrà catturato e fagocitato, rimesso in riga e riallineato dal Potere) e quelli che vedono più in là, tanto da aver capito che il Sistema non lo cambiamo né da dentro né da fuori, lo cambi diventando noi stessi un Sistema alternativo in unione con persone a elevatissimo indice di coerenza del pensiero. Incontrandosi, facendo reti parallele, creando, uscendo da schemi ormai logori e irriformabili, in primis uscendo dalla logica di uno Stato "fondato sul lavoro", quando è il senso di comunità e il sentirsi parte di un qualcosa che unisce nella diversità il vero scopo del nostro essere "politikon zoon", animale sociale, come disse più di due millenni fa Aristotele. E "politikon zoon" lo si è dentro una comunità in cui l’individuo esiste perché è l’Altro a riconoscerlo come separato da Sé ed a renderlo tale, non nei meccanismi di un sistema produttivo.

Il Potere non si deve affrontarlo, si deve scansarlo: il manovratore non si disturba, si deve anzi uscire dal tram alla chetichella, senza dare fastidio o spintonare gli altri, senza che nessuno ne abbia il sentore, lasciando la vettura al suo destino: schiantarsi, cadendo in un precipizio.

Simone Torresani

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