Giova agli USA

13 Marzo 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 9-3-2022 (N.d.d.)

La tragedia della guerra è a pochi chilometri dai nostri confini ma la propaganda bellica è già entrata da settimane nelle nostre case. Ossessiva, tambureggiante, ripetitiva all’infinito nel ribadire un concetto chiave: quel pazzo di Putin ha attaccato senza alcun motivo l’Ucraina. Morti e distruzioni sono documentate con reportage ed immagini drammatiche e poco importa se talvolta foto e filmati si riferiscano ad altri scenari, riproducano videogiochi o che i cadaveri immortalati siano addirittura russi. La propaganda ha le sue regole: il nemico va criminalizzato sempre e comunque, mai giustificato e chi si azzarda a sollevare dubbi viene inserito in una apposita lista nera. Anche il confronto con la gente comune diventa difficile, spesso verbalmente violento; passato il periodo durante il quale si era tutti virologi, ora è il momento degli esperti di geopolitica da bar che si prodigano a spiegare, con grande sicumera, dove sia la ragione e dove il torto. Bianco e nero! In realtà la situazione è molto più complessa ed esiste anche il grigio, nelle sue molte sfumature. Per tutti coloro che non abbiano portato il cervello all’ammasso ed intendano ragionare con la propria testa, seguire il motto latino “cui prodest?”, si rivela sempre molto utile per comprendere certe dinamiche. Allora proviamo a porci questa domanda: questa guerra a chi giova?

La ricerca di una risposta parte dalla posizione strategica in cui si trova l’Ucraina, il cui toponimo deriva dall’antico slavo che significa bordo, confine, periferia, per indicare appunto una regione a cavallo tra oriente e occidente. Per questa sua posizione ha subìto le invasioni dei mongoli, il dominio Ottomano, la sottomissione alla Polonia. Non va poi dimenticato che il primo nucleo dello stato russo, che prese il nome di Rus’ di Kiev, si è formato verso la fine del IX secolo, proprio attorno all’attuale capitale ucraina. Per secoli la Russia ha dominato l’Ucraina cercando di russificarla e tutt’ora, specialmente nelle regioni orientali, i russi rappresentano una corposa minoranza. Per natura, cultura, storia e religione, l’Ucraina è dunque legata alla Russia ma negli ultimi decenni il mercato globale sempre più in espansione ha alimentato, attraverso i media, negli strati più poveri della popolazione, il miraggio dell’Occidente, percepito sempre più come una sorta di eden. Pur vivendo in un paese ricco di materie prime, con vasti giacimenti di carbone, di minerali, di ferro, riserve di petrolio, di gas naturale, da sempre considerato “il granaio d’Europa”, il popolo ucraino è poverissimo. Grazie ai presidenti filooccidentali, ostaggi delle corrotte oligarchie locali, che si sono succeduti dal 2004 in poi, l’economia del paese vive una situazione drammatica. I salari medi, prima dello scoppio delle ostilità, corrispondevano a circa 500 euro al mese, salari divorati peraltro dall’inflazione, con il costo della vita non proporzionato alle retribuzioni e le moltissime donne che da noi lavorano come badanti o donne delle pulizie, lo fanno per spedire i soldi a mariti e figli che in patria, pur lavorando, non arrivano a fine mese. Con la dichiarazione di indipendenza del dicembre del 1991, ultima repubblica in ordine di tempo a staccarsi dall’U.R.S.S., sembrava che finalmente potesse iniziare a camminare con le proprie gambe. Pur continuando a mantenere lo storico legame con Mosca, ha cercato di allacciare proficui rapporti commerciali e culturali con le altre nazioni europee. La vocazione dell’Ucraina sembrava essere quella di anello di congiunzione, di ponte, tra Europa Occidentale e Russia; grande nazione neutrale, in buoni rapporti con tutti, al centro di un continente dove non ci sarebbero stati più motivi di tensione legati all’espansione della NATO verso est che tanto preoccupa Mosca. Anzi, in una situazione del genere, un’organizzazione superata come l’Alleanza Atlantica, tenuta in vita solo ed esclusivamente per fungere da braccio armato degli Stati Uniti, non avrebbe più avuto ragione di esistere. In tempi e modo da definire, si potevano creare le condizioni per la nascita di un blocco continentale costituito da quell’Eurasia che secondo il padre della geopolitica, Karl Haushofer avrebbe potuto contrapporsi alla talassocrazia angloamericana.

Una Europa pacificata, con possibilità di crescita prima economica e poi magari anche politica, la cui estensione, saldandosi con la Russia asiatica, poteva arrivare fino all’Oceano Pacifico, avrebbe potuto avere velleità di emancipazione dal dominio statunitense e questa sola ipotesi risultava inaccettabile dagli USA. Per non correre rischi, hanno iniziato a destabilizzare fin dalla sua nascita la giovane repubblica. Nel 2004, hanno provocato e sostenuto con tutti i mezzi, sia economici che mediatica la cosiddetta “Rivoluzione Arancione”; nel 2014 hanno pianificato e messo in atto un vero e proprio colpo di stato ai danni del presidente Janukovyc contrario all’ingresso del suo paese nella NATO ed alla rottura dei legami con Mosca. Disordini di piazza orchestrati ed appoggiati dagli americani, hanno costretto alla fuga il presidente regolarmente eletto, frettolosamente sostituito da Oleksandr Turcynov per formare un governo con l’obiettivo, parole testuali, “di estirpare dall’Ucraina tutta la feccia russa, tedesca e giudea”, creare un arsenale nucleare in funzione anti-russa, aderire alla NATO. A questo atto ostile, la risposta di Putin si era tradotta nella firma del trattato di adesione della Crimea alla Federazione Russa, che aveva fatto scattare le dure sanzioni, ancora in vigore, imposte dagli USA ed eseguite pedissequamente dagli stati europei, i primi, peraltro, a subirne le più pesanti conseguenze. Nel 2019 viene eletto alla presidenza della repubblica Zelenskyj. Questo comico prestato alla politica aveva incentrato tutta la campagna elettorale promettendo il rilancio dell’economia, la lotta alla corruzione e la battaglia contro il potere degli oligarchi locali. Avendo fallito su tutti i fronti e in crisi di consensi, ha pensato di rilanciare la propria immagine facendosi fautore dell’entrata dell’Ucraina nell’Ue e della sua adesione alla NATO. Questa accelerazione impressa dal presidente ucraino avviene, casualmente, in concomitanza con l’elezione alla Casa Bianca di Joe Biden. Questo fantoccio, espressione dell’establishment democratico, il partito più guerrafondaio del pianeta, ha indotto Zelenskyj a provocare Putin chiedendo l’immediato ingresso nella NATO, con relativo dispiegamento di truppe e basi missilistiche lungo i confini con la Russia. Quella che viene definita “la sindrome di accerchiamento” di cui soffrirebbe Mosca non è altro che protezione della propria sicurezza nazionale. Non dimentichiamo che nel 1962, il simbolo della democrazia americana, John Kennedy, rischiò una guerra con l’Unione Sovietica che voleva dislocare testate nucleari a Cuba. Biden con dichiarazioni sempre più veementi, ha fatto crescere la tensione, facendo intendere, nel contempo, a Zelenskyj che avrebbe potuto contare sul sostegno militare dell’Alleanza Atlantica. Naturalmente ciò non è avvenuto principalmente perché gli Stati Uniti non hanno alcun interesse a scontrarsi militarmente con la Russia, inoltre la cinica decisione di Washington di lasciare gli ucraini alla mercé delle truppe russe ha una sua logica: scavare un fossato profondo tra i due popoli. Questa guerra, feroce come tutte le guerre, ha inferto una ferita insanabile tra ucraini e russi che per molti anni a venire non proveranno altro che odio gli uni verso gli altri.

Gli americani hanno raggiunto anche un altro importante obiettivo: i tanti ucraini costretti a fuggire, si parla di alcuni milioni, si faranno portavoce in tutti i paesi europei che li ospiteranno, di tutti i drammi vissuti da ognuno di loro e quelli di cui sono stati testimoni, alimentando ulteriore odio verso i cittadini russi che già ora subiscono l’ostracismo, diventati dei paria ovunque si trovino. Abbiamo visto che sono già stati esclusi dalle Para-Olimpiadi, gesto infame contro disabili che si stavano preparando da anni a questo importantissimo evento. Atleti, calciatori, intellettuali, direttori d’orchestra, residenti all’estero, sono stati insultati, vilipesi, criminalizzati per il solo fatto di essere russi. Unica, infame condizione per tornare a godere di diritto di cittadinanza nella comunità in cui vivono: ripudiare la propria Patria. Un altro importante risultato ottenuto da Washington riguarda le ulteriori durissime sanzioni che, oltre a provocare gravissimi problemi ai paesi europei e ulteriori lauti guadagni agli Stati Uniti allontanerà sempre più l’Europa Occidentale dalla Russia che cadrà nelle braccia delle Cina.

Non sappiamo come finirà questa guerra, trappolone nel quale è caduto Putin, ma gli USA hanno ottenuto tutto quello che volevano, con buona pace dell’eroico popolo ucraino che, per colpa del suo presidente, è assurto al ruolo di vittima sacrificale in un gioco più grande di lui.

Mario Porrini

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