La hybris di Pistorius

19 giugno 2008

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Definita nella Poetica di Aristotele, il termine hybris si può tradurre con tracotanza, superbia, orgoglio. Era, per gli antichi Greci, quell’atteggiamento per cui un individuo compie azioni che violano leggi divine immutabili, volendo così farsi pari agli Dèi.
Pur se gli Dèi sono morti, assassinati dal nostro orgoglio, tuttavia l’uomo non ha mai cessato di commettere questo peccato, aizzato da sempre nuovi dèmoni. Oggi tocca al Progresso, novello Mefistofele che par promettere di esaudire ogni nostro sogno, pur che gli vendiamo non tanto l’anima – ché quella ce la siamo persa da un pezzo – ma noi stessi, la nostra sopravvivenza, la nostra vita.
Noi, nuovi piccoli e miseri Faust, alla Scienza abbiamo chiesto tutto: sostanze "magiche" e meravigliose che stravolgano la Natura, macchine eccezionali che ci trasportino velocissimi, che ci mostrino ciò che è lontano e nascosto, che ci svelino ogni mistero. Abbiamo chiesto il Potere, ed abbiamo avuto il mostruoso vaso atomico di Pandora.
Ad una sua branca, la medicina, abbiamo chiesto addirittura l’impossibile (tanto siamo arrivati ad odiare noi stessi, tanto a fondo abbiamo reciso le nostre radici): di non essere più noi stessi, come gli Dèi ci hanno fatto, di non essere più mortali. Così, laboratori infernali hanno cominciato a scavare nel nostro fondo più intimo, sventrando e ricomponendo cellule e Dna, creando mostruose chimere, ‘clonando’, in una blasfema caricatura della Creazione. 
Non accettiamo di essere ciò che siamo, ecco il punto. Non accettiamo di morire, e quando è stato tentato tutto ciò che la pietà e l’affetto possono agire, nonostante ciò deleghiamo il nostro corpo a macchine disumane, di cui diveniamo parte, trasformandoci in mostruosi fantocci non-umani. Prima ancora di quel passaggio, ad un certo punto comunque inevitabile, non accettiamo di invecchiare. La chirurgia plastica è forse la più ridicola bestemmia contro l’Umano che la nostra cosiddetta civiltà abbia partorito. Dal suo utero malato escono le donne "perfette" che si propongono come modello all’Umanità intera: e vien da chiedersi quale trasporto erotico, quale scambio di sensi e di umori sia possibile avere con quelle bambole di frangibile porcellana, da guardare ma da non toccare.
Non è diverso da loro un nostro celeberrimo politico ultrasettantenne, da tempo ridotto ad un grottesco mascherone di cera e peli finti, fantoccio senza tempo, come pure senz’anima.
Non accettiamo i nostri limiti, insomma. E di questa "cultura", la massima espressione è oggi la vicenda di Pistorius, l’atleta che, avendo perduto le gambe, vuole tornare a correre con due protesi artificiali. Non è nuovo, nel mondo della disabilità, questo ricorso ad una tecnologia estrema al fine di superare dei limiti che, imposti dalla fatalità, pur tuttavia esistono, dei quali bisogna perciò prender pure atto e coi quali è necessario fare i conti: celebre l’esempio dei ciechi che sciano con l’ausilio di un radar.
Ma quel che colpisce nel caso di Pistorius è appunto la hybris, l’ostinato e tracotante rifiuto della Natura in nome di un diritto ad avere ciò che non si ha più, e che non si potrà mai più avere. Invece, appunto, di accettare i propri limiti, invece di pensare a costruire, all’interno di questi limiti, un’esistenza comunque possibile.
Sempre ci sono stati i disabili, e sempre, soprattutto nelle culture primitive e contadine, hanno trovato un loro "posto", senza che nessuno pensasse mai a rifarli diversi – Pistorius e quelli come lui vogliono dare l’assalto al cielo, tirar giù gli Dèi dai loro scanni, obbligarli ad obbedire loro.
Blasfema, e, oltretutto, triste metafora della nostra condizione di déracinés. Dopo la morte di Dio, credevamo di non aver più niente da desiderare, nessun altro trofeo da abbattere. Non ci è bastato, e siamo ancora insoddisfatti e rancorosi, condannati dalle nostre stesse mani all’infelicità perpetua.

Giuliano Corà

Commenti
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syn (Registered) 20-06-2008 09:09

Mi sembra un pò fazioso piegare i propositi della civiltà greca classica alle nostre speculazioni. E' inutile proiettare modi di pensare nati e cresciuti in un ambiente diverso dal nostro in questo nostro occidente.
Personalmente non vedo moltissima differenza tra l'assunzione di un medicinale per alleviare i dolori e il trapianto di articolazioni nuove per i disabili. Se proprio si vuol condannare l'andazzo allora bisognerebbe partire da una disamina della nostra cultura che trova fondamento su questi bisogni e modelli.

Se ci riesco, linko una recente lettera a Massimo Fini che non è stata possibile far recapitare.
syn (Registered) 23-06-2008 16:29

Lettera a Massimo Fini: http://digilander.libero.it/mrekofiles/text/
lettera%20a%20Massimo%20Fini%20%28Greci%29.doc
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 20-06-2008 10:57

Sono in totale sintonia con l'articolo di Giuliano Corà. In particolare vorrei invitare a riflettere sul fatto che le varie ricerche sulla manipolazione del DNA e sulle clonazioni, pur lodevoli se limitate alla pura conoscenza dei meccanismi vitali e se orientate ai soli fini terapeutici, hanno come obiettivo ultimo il conseguimento di una sorta di immortalità, che rappresenterebbe l'ultimo stadio nell'abisso di orrore in cui ci stiamo immergendo.
fabiolucidobalestrieri@hotmail
FabioSbrocchio (Registered) 20-06-2008 15:50

Devo dire che su questo punto non ho convinzioni, ma solo tanti dubbi, percui vorrei ragionare insieme a voi.

Capisco perfettamente il senso dell'articolo, ma non so fino a che punto la sua critica possa riferirsi alle protesi.
Le protesi sono un supporto, come credo possa esserlo un bastone per un vecchio: anche il vecchio col bastone va contro la natura?
Senza il suo bastone non potrebbe camminare come invece fa, ma avrebbe molte più difficoltà.
Le protesi di Pistorius portano ben altro cambiamento, certo, ma il principio non mi sembra diverso. Lo stesso vale per le sedie a rotelle, le sedie a rotelle elettroniche, le stampelle, il gesso, una stecca di legno legata con stracci per tenere fermo l'osso rotto e farlo ricalcificare nel modo in cui decidiamo noi. O no?

Altro interrogativo.
Possiamo davvero parlare di rifiuto della natura e di hybris come se le due cose si equivalessero? Non è l'hybris parte della natura umana?
syn (Registered) 20-06-2008 17:22

Fabio, sul secondo interrogativo forse la mia lettera risponde in parte.
Sulla prima considerazione convengo con te. Questa del "limite" è una favola che non reca "danni", io credo che si debbano cercare nella cultura, e nell'approccio scientifico alle cose, le anomalie che non rendono un buon servizio all'uomo.
Leo (Registered) 20-06-2008 18:27

Le protesi di Pistorius non sono delle protesi comuni, ma studiate apposta per raggiungere delle prestazioni sportive di un certo livello, quindi il discorso da questo punto di vista regge eccome. Ha un pò meno senso se si considera che il doping usato da moltissimi atleti professionisti fa anch'esso parte della sfida alle regole della natura e ai suoi limiti. Lo sport professionistico non è più neanche sport, è sputtanato, e a questo punto la vicenda di Pistorius, tra dopati, regole non eque, corruzione, perde di importanza e interesse, a parte quello legato al gossip alla discussione da bar.
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