Dare informazioni corrette

12 Luglio 2024

 Da Rassegna di Arianna dell’11-7-2024 (N.d.d.)

Viviamo nell'era della menzogna, in cui i più pervicaci mentitori si arrogano il diritto di giudicare ciò che è vero o falso, pretendendo di imporre la propria verità, quale che sia, anche quando palesemente falsa e/o contraddittoria. E proprio in virtù di ciò, diventa assolutamente necessario che chi si assume l'onere di fare informazione avendo a cuore la verità si attenga invece ad una deontologia rigorosa. Può, ovviamente, capitare a tutti di diffondere una notizia inesatta, soprattutto quando sembra esserci una qualche urgenza. Ma è fondamentale mantenere dritta la barra, sia per un'etica dell'informazione (ciò che viene scritto/detto verrà creduto da altri che confidano in quella fonte), sia per mantenere l'affidabilità, che è - nella totale disparità di mezzi - unica garanzia di autorevolezza. In particolare, bisogna evitare di cadere nelle medesime 'trappole mentali' di certo pseudo giornalismo; non si può 'stiracchiare' un fatto, neanche per una buona causa.

Purtroppo, si deve constatare che ultimamente ciò è accaduto in almeno due occasioni. Probabilmente animati dal desiderio di denunciare i 'misfatti' del 'nemico', e magari anche per una lettura superficiale delle notizie, non pochi canali d'informazione (il termine controinformazione non mi piace) sono caduti in questa trappola. Nel primo caso, con riferimento all'accordo di sicurezza stipulato nei giorni scorsi tra Polonia e Ucraina. Molti canali hanno fornito ai propri lettori l'idea che in tale accordo sia contenuta una clausola che autorizzerebbe la Polonia ad abbattere i missili russi sullo spazio aereo ucraino. Presentata in questo modo la notizia è omissiva e fuorviante, poiché dà appunto l'idea di un imminente intervento diretto dei polacchi a difesa dell'Ucraina, ma non è così. L'accordo, infatti, prevede sì questa possibilità, ma solo nel caso che i missili siano lanciati dallo spazio aereo ucraino (quindi da aerei russi che lo sorvolano) e soprattutto che siano lanciati in direzione della Polonia! Per quanto la formulazione possa suonare ambigua, è evidente che si tratta di una cosa completamente differente.

Altro caso è quello del bodycount a Gaza. In un breve articolo pubblicato dalla rivista scientifica britannica The Lancet; è stato esaminata la questione del conteggio dei morti a seguito dell'operazione militare israeliana. L'articolo è stato ripreso e citato, ma dando per acclarato ciò che nell'articolo viene ipotizzato - o stimato, se si preferisce. La cifra di 186.000 morti, al posto dei 34.000 circa ufficiali, è stata diffusa da alcuni canali come un dato certo, mentre l'articolo - molto più articolato - dice che "non è implausibile stimare che fino a 186.000 o anche più morti potrebbero essere attribuibili all’attuale conflitto a Gaza". In questa semplice frase sono presenti ben tre espressioni di incertezza: "non è implausibile", "fino a" e "potrebbero". Perché ovviamente, come si spiega nell'articolo, i fattori che - appunto - potrebbero far salire fino a tanto il totale dei morti, sono numerosi (numero di corpi ancora sepolti tra le macerie, infrastrutture sanitarie distrutte, grave carenza di cibo e acqua), ma - come dice esplicitamente l'articolo citato - "nei prossimi mesi e anni continueranno a verificarsi molti decessi indiretti dovuti a malattie riproduttive, trasmissibili e non trasmissibili. Si prevede che il bilancio totale delle vittime sarà elevato". Quindi nessuno, tantomeno The Lancet, sostiene che le vittime del conflitto a Gaza siano centottantaseimila: l'articolo ipotizza che il bilancio finale, a distanza di tempo, potrebbe arrivare a tanto. E, ovviamente, per quel che ne sappiamo potrebbe anche superare questa cifra, dato che la guerra è ancora in corso.

Evitare di cedere alla tentazione della notizia-effetto, sia pure a fin di bene, dovrebbe essere la regola aurea. Soprattutto nell'era della menzogna.

Enrico Tomaselli

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