Crisi finanziaria, le scherzo atroce
19 settembre 2008
 

 
Quando, nel 1998, pubblicai per Marsilio «Il denaro "Sterco del demonio"», che Mondadori, di cui ero allora un autore, aveva rifiutato ritenendolo eccessivamente pessimista, il mondo occidentale, nonostante alcuni sordi scricchiolii, ben percepibili da chi avesse avuto orecchie per intendere, era ancora pieno di fiducia in se stesso, nel modello di sviluppo che aveva impetuosamente abbracciato a partire dalla metà del XVIII secolo, con la Rivoluzione industriale, basato sull'Economia, la Tecnologia e il Denaro che, come scrive Simmel, "è la tecnica che unisce tutte le tecniche" rendendole possibili.
Sono passati solo dieci anni e il panorama è completamente mutato. Tutto il mondo industrializzato, dagli Stati Uniti all'Europa, è attraversato da una profondissima crisi economica di cui, a dispetto degli ottimismi di facciata e di convenienza delle sue leadership, non si vede lo sbocco. E ciò è particolarmente inquietante e grave per un sistema come il nostro che ha puntato tutto sull'economia e ha fatto del denaro l'unico valore realmente condiviso: il "Dio Quattrino". Se infatti questo Dio fallisce non resta più niente non rimane che il deserto (altri mondi, quei pochi che non siamo ancora riusciti ad omologare del tutto, come l'Islam, possono almeno difendersi aggrappandosi al fanatismo religioso).
La globalizzazione, partita in sordina agli albori della Rivoluzione industriale, acceleratasi vertiginosamente nei due secoli successivi è arrivata infine, alla sua piena maturazione con l'adesione al nostro modello economico di Paesi come la Russia, l'India e la Cina, enfatizza e dilata infatti a dismisura le devastanti potenzialità del denaro che, essendo immateriale, astratto, concettuale, non conosce confini, barriere, ostacoli e là dove arriva ad imperare indisturbato divora l'uomo così come nei baracconi di una volta il boa divorava il coniglio tremante, braccato nell'angolo, di cui, una volta inghiottito, si intravvedeva ancora per qualche tempo, al di là del vetro, l'intera silhouette nella gola mostruosamente enflata del rettile. Noi siamo già nelle condizioni del coniglio, non più uomini ma silhouette di uomini, stilizzazioni, tragiche parodie, degradati a consumatori, a tubi digerenti, a lavandini, a water in cui deve passare nel più breve tempo possibile ciò che altrettanto rapidamente produciamo per compiacere e sfamare l'onnipotente Moloch che ci sovrasta. Non siamo più i padroni del meccanismo, che pur noi stessi abbiamo creato, ma i suoi servitori sempre più docili. Perchè il denaro non distrugge solo, oltre a quelle del cosiddetto Terzo Mondo, le nostre economie - il che è solo in apparenza un paradosso - ma disgrega l'uomo dall'interno, nei suoi nuclei costitutivi, antropologicamente, esistenziali, etici, rendendolo sempre più debole.
Il fatto è che il denaro, nella sua estrema essenza, è futuro, proiezione del futuro, rappresentazione del futuro, immaginazione del futuro, aspettativa nel futuro. E noi ne abbiamo immesso nel sistema una quantità così colossale, immaginaria (la moneta, che è anch'essa un'astrazione ma ha quantomeno una sua consistenza fisica, non esiste quasi più) da ipotecare questo futuro fino a epoche così sideralmente lontane da renderlo di fatto inesistente. E questo futuro orgiastico, che ci viene continuamente fatto balenare come la Terra Promessa, arretra costantemente davanti ai nostri occhi con la stessa inesorabilità dell'orizzonte davanti a chi, correndo a pazza corsa, abbia la pretesa di raggiungerlo.
Questo scherzetto atroce va avanti da troppo tempo per poter durare ancora a lungo. Dieci anni fa concludevo così il mio libro: in ogni caso questo futuro inesistente "dilatato a dimensioni mostruose dalla nostra fantasia e dalla nostra follia, un giorno ci ricadrà addosso come drammatico presente. Quel giorno il denaro non ci sarà più. Perchè non avremo più futuro, nemmeno da immaginare. Ce lo saremo divorato".
Quel giorno è già qui.

Massimo Fini

da Il Gazzettino 19 settembre 2008
Commenti
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Giovanni Marini (Registered) 19-09-2008 23:35

Gentile dottor Fini, ho letto il Suo libro, ho letto quasi tutto di Lei.
Quello che non capisco, è come Lei, uno dei più grandi giornalisti e scrittori italiani sia così poco noto. O forse lo capisco troppo bene. Ho scoperto un Suo libro per caso curiosando in libreria all'età non più verde di 53 anni.
Lei ha modificato il mio modo di pensare su molte cose. Mi chiedo se nella Sua opera principale "La Ragione aveva torto?" Lei ha davvero ragione quali siano le conseguenze da trarre. Molti del Movimento Zero auspicano un ritorno al passato. Io penso che è come la verginità perduta: non si può più riparare. Perciò non ho una risposta, e questo mi angoscia. Come Lei osservò in suo scritto, manca un pensiero che pensi il presente. Credo che morirò con la mia angoscia.
antonellomolella (Registered) 20-09-2008 12:53

Caro Marini, mi trovo perfettamente in linea con lei sul fatto che la verginità sia perduta. Auspicare un ritorno a sistemi sociali sostenibili, sarà impresa ardua. Si potrà forse riflettere su un ridimensionamento dello sfasciato carrozzone, che ormai corre senza freni verso uno strampiombo. Tutti i sistemi sono o esplosi o implosi, ma di certo è compito e libertà di ognuno di noi di sensibilizzare quante più anime. Massimo Fini non fa parte del pensiero dominante, non è un ottimista e questo terrorizza i più. L'opinione pubblica tende a preferire, sempre e comunque, l'ottimismo, anche quando si tramuta in sfacciata bugia. Parafrasando Matrix: bisogna pur scegliere che pillola inghiottire.
vittoriodigiacinto
Di Giacinto (Registered) 20-09-2008 21:33

Condivido l'intervento di Marini come lo stesso Antonello, bisogna essere realisti, la vita è bella, il presente è il presente, bisogna viverlo al meglio, una trombata, una bella mangiata tra amici, metterci amore in quello che si fa, rispettare l'ambiente che è l'unico che da i frutti per vivere, la vita non va presa troppo sul serio, no ne è mai uscito nessuno vivo.Il pessimismo è la ragione, l'ottimismo è volontà.
Senryu_91 (Registered) 22-09-2008 05:41

raga si prospetta un crack finanziari di dimensioni MONDIALI, salvate i vostri soldi finchè siete in tempo, spostateli in piccole banche sconosciute o teneteli in casa, ho amiche che lavorano in banca che confermano che c'è una grande crisi di liquidità, inoltre quest'intyervista non lascia scampo (è di 3 giorni fà)

http://it.youtube.com/watch?v=cNsFNV5Ifhk
max (Registered) 22-09-2008 18:11

Nell'intervista a marco saba è veramente irritante vedere, rispetto a paesi "non democratici" o "poco democratici" come cina russia e venezuela, quanto noi europei siamo nient'altro che merde lecca Usa.
Alla faccia che l'Europa unita con la sua aria-fritta di costituzione rinnovata possa diventare un soggetto politico serio!

Comunque una precisazione per marco saba: nel '29 in germania non c'era ancora il nazismo, c'era la democrazia.
sercabras@gmail.com
Sergio (IP:116.90.230.237) 26-09-2008 11:42

Credo che quello che ha posto Marini sia proprio il punto davanti al quale ci troviamo oggi: manca un pensiero che pensi il presente. Con la fine ormai incipiente dell'egemonia della cultura modernista e occidentecentrica, finisce anche l'illusione che si possa partire da quadri ideologici universalistici per fondare il "da farsi".
In seguito alla colonizzazione e poi la globalizzazione(anche con quanto di esperienze e conoscenze queste hanno comportato) abbiamo davanti a noi tutte le visioni culturali del mondo e di tutte sappiamo che sono insufficienti a darci un fondamento oggi davvero utile e convincente: abbiamo bisogno di credere in qualcosa, ma siamo troppo cresciuti e smaliziati per farlo. Allora, cosa fare mentre questa mancanza di "fede" toglie terreno sotto ai piedi delle nostre speranze di sopravvivenza, almeno in termini umanamente dignitosi? Dobbiamo andare al di la' di cio' che e' universalizzante, e in ultima analisi, tutto cio' che e' culturale e concettuale lo e'. Non e' certo che dobbiamo rinunciare al nostro strumento piu' prezioso che e' il pensiero, ma dobbiamo usarlo per andare al di la' e trovare cio' che davvero e' fondamentale, al di la' delle parole, dei "valori", delle idee, delle culture. Cio' e' davvero il contenuto di cio' che si puo' dire la "realta'", il "momento presente". Io credo che cio' sia in verita' la Natura, alla quale non e' che si torna, ne' si arriva, perche' e' sempre stata qua, e' cio' che davvero siamo e credo che questa sia la base sulla quale si possa oggi costruire un pensiero del presente che viva nel qui ed ora con una consapevolezza universale, ma con una prassi individuale, singolare, non universalistica, legata al presente e al particolare.
Io cerco di argomentare e proporre una tale visione sul mio sito e relativamente a molti e diversi argomenti. Questo intervento voleva anche segnalarlo a chi fosse interessato ad approfondire gli spunti che ho qui accennato.

www.ecofondamentalista.it
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