Zerismo/5
1 dicembre 2008
 

 
Scusate se la metto sul personale. Ma quella di seguito è solo la mia opinione, scevra da qualunque ambizione filosofica. Maturata in tre anni di impegno per Movimento Zero e di adesione, ogni giorno più forte che mai, al Manifesto dell'Antimodernità di Massimo Fini.
I suoi undici punti contengono un coraggioso tentativo di critica e contro-proposta alla civiltà presente, emersa da due secoli di devastante industrialismo. Un tentativo appena abbozzato, un inizio, ma con in nuce tutte le direttrici essenziali di una demistificazione e ricostruzione dell'uomo europeo.
Dico uomo europeo, perchè, a mio parere, quei punti non sono fatti nè per quello americano, popolo con piccola Storia ma grande danno per l'umanità, nè per nessun altro al mondo. Tutti siamo investiti e corrotti dalla way of life fondata sull'ossessione del denaro, tutti siamo homines oeconomici, ma noi dobbiamo parlare per noi. Non per un cinese, un indiano, un eschimese, un africano. E nemmeno per un talebano.
Questo perchè sono un relativista. Relativista culturale (non morale). Io credo nella sacra differenza, e mi fa orrore l'uguaglianza come mito e capestro della splendida varietà umana. Ma la differenza fra culture significa rispetto di esse, quando poggiate su convinzioni e costumi profondamente sentiti.
E ciò vale anche per gli individui. Il mio ideale - la parola "valore" mi deprime, troppo mercantile - è il Ribelle. Un individuo che non ha una fede, anzi - qui sta la sua peculiarità - "si ribella anche a sè stesso". Ed è tale perchè non potrebbe essere altrimenti. Non ha scelta, è così e basta. Altro che rivoluzionario.
Il "mio" Ribelle si batte spinto da tre bisogni ancestrali: dignità, libertà e giustizia. Ancestrali e che, tuttavia, devono fare i conti con la realtà odierna. Dignità, oggi, è riavere il tempo per sè, per le proprie passioni, per conoscere, per amare - un tempo negatoci dalla macchina economica. Libertà, oggi, è liberare le forme di organizzazione politica ribelli all'appiattimento degli stili di vita. Giustizia, veder riconosciuto un ruolo a ogni persona, il principio di cooperazione al posto della competizione, una bilancia di pesi e contrappesi nella gestione del potere.
Non ci si può illudere di essere antimoderni solo perchè si vuole essere antimoderni. Dirò di più: chi se ne importa, di definirsi antimoderni. Io ho firmato il Manifesto e ne condivido dalla prima all'ultima riga (e non a pezzi, come certuni) perchè è un'ottima sintesi di ciò che non va nell'oggi, e di un qualche possibile correttivo. Non è un programma politico, e Movimento Zero, allo stato attuale, non può essere un movimento politico, benchè personalmente avrei voluto lo fosse.
Il ragionamento di fondo, comunque, è molto semplice. Siamo arrivati a questo punto morto e portatore di morte dopo più di duecento anni di modernità? Allora vuol dire che la modernità ci fa male. Cambiamo strada. Per farlo, rivalutiamo alcuni, mirati aspetti di ciò che c'era prima. Perchè prima, la nostra parte più aderente alla natura, quella che ci permette di vivere più sereni perchè in maggior equilibrio col mondo, era meglio soddisfatta. Non alla perfezione (che non esiste), ma sicuramente meglio.
Si tratta di elementare saggezza. Ma di qui a scambiare l'anti-modernità (critica della modernità) con la pre-modernità (elogio di una Tradizione, che, sono d'accordo con Fini, "nessuno ha mai capito bene cosa sia"), ce ne corre. L'obbiettivo, invece, deve essere andare oltre. L'oltre-modernità.
Si stava meglio quando si stava peggio? Sì. Ma non in tutto. Così come non tutta la modernità è da buttare. E non perchè io sia moderno. L'ho già detto: questa etichetta m'interessa zero. Ma perchè non è umanamente possibile, di due secoli, cancellare tutto. Per attaccare le fondamenta del Moloch industrialista ed economicista va puntato l'indice contro le sue storture, i suoi orrori, le sue infamie. Ma io non credo minimamente a un ritorno a categorie eterne a esso antecedenti. Io cerco, niccianamente, nuove tavole. Nuove in quanto antiche, nel senso di più naturali. Ma usando il passato come maestro di vita, non come legge immutabile, primigenia, misticheggiante. (E francamente non capisco cosa c'entri infilare nella questione il tema dell'ateismo. Il sottoscritto è ateo e guarda con ammirata invidia alla morale pagana di Roma e delle poleis elleniche. Ma resto ateo. Pazienza se ciò è la riprova di essere infettato dal modernismo: non potendo far finta di credere, non posso suicidarmi. Rimettere al centro l'Uomo. Il sacro è in noi e nella natura, va solo riscoperto. Un po' come nella psicanalisi junghiana, di cui mi permetto, sommessamente, di essere un fan).  
Io non voglio una religione, voglio un pensiero che faccia tornare la volontà umana padrona di sè e del mondo, non schiava degli strumenti che essa stessa ha creato. Un pensiero ribelle, perchè adatto a un'Europa che, dalla vittoria dei Greci sui Persiani, ha posto alla sua base l'intelligenza dell'individuo all'interno di una comunità a misura d'uomo (di qui la mia fiducia nella democrazia diretta locale). Un pensiero fondato sulla Ragione, sempre esistita prima di essere prostituita a Razionalità e Tecnica, e non sulla Fede. Un pensiero ispirato a Ideali per cui vale la pena di vivere, ma che non è la Verità. Solo la mia verità. Parafrasando chi sapete, io non sono un Talebano. Non posso esserlo. Sono solo un Ribelle.
La constatazione di un fallimento, la ribellione all'idolo economico, il dovere interiore di idee che non hanno prezzo: questo, io credo, è lo zerismo. Non la salvezza, non un'ideologia. Ce ne sarà bisogno, per andare oltre. Ma siamo ancora nel tempo della ricerca. E ci resteremo per un bel pezzo.

Alessio Mannino
Commenti
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belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 01-12-2008 22:21

Condivido molto di quanto scritto da Alessio, ma con alcune riserve. Prima voglio sottolineare quello che condivido: il richiamo alla ricostruzione di un "uomo europeo", il riconoscimento dell'importanza di rivalutare alcuni aspetti dell'ancien regime e anche la presa di posizione sull'ateismo che anche se non condivido pienamente nei toni è da parte di Alessio un esempio di onestà intellettuale. Non mi trovo d'accordo sul generico appello alla libertà, appunto perchè generico e sul liquidare il concetto di Tradizione in due parole. Come ho già detto, penso che il concetto di Tradizione (per chi ha difficoltà ad assumerlo nel senso datogli da Guenon ed Evola) possa essere emendato dai suoi aspetti mistici e concepito in senso antropologico-sociologico semplicemente come quell'insieme minimo di aspetti essenziali comuni alle diverse società organiche, che ogniuna di esse sviluppa a modo proprio. Il vantaggio di questa "laicizzazione" del concetto di Tradizione è evidente: così emendato esso si mostra perfettamente compatibile anche con il relativismo culturale. L'altra cosa che un pò mi ha lasciato perplesso è l'ultima parte del pezzo che aveva un vago odore della Scuola di Francoforte...
Alberto
renato@tradesystem.it
renato (Registered) 02-12-2008 13:02

Approvo l'articolo di Mannino perchè riporta la discussione su terreni meno astratti e, soprattutto, perchè pone nuovamente il ribelle come figura centrale rispetto al movimento. Un ribelle anche nei fatti e non solo nelle idee. Un ribelle poco fumoso e molto concreto. Oggi c'è una figura che incarna questo tipo d'individuo e si chiama Marcos.
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 02-12-2008 13:14

Mi auguro che non si riferisca al Subcomandante Marcos...
aragorn (IP:79.15.249.41) 02-12-2008 15:55

Anch'io condivido il concetto di uomo europeo così come esposto, ed anche la spiegazione, direi l'elogio, delle differenze. Ma questo Ribelle guidato dalla Ragione, ateo, crititico riformista della modernità, ma anche critico della premodernità, seguace della psicanalisi Junghiana, che nega le "categorie eterne precedenti la modernità" tutto fiducioso nel nuovo da "creare", mi ricorda il giacobinismo.
Nessuno cita mai Junger, ma il mio Ribelle è molto più vicino alla sua definizione che a quella un pò vaga ed indefinita che ognuno cerca di costruire in proprio. Il Trattato del Ribelle è uno scritto di Ernst Junger che consiglio, a coloro che non lo avessero fatto, di leggere. Quanto all'ateismo, non è una colpa ovviamente, nè diminuisce il valore personale. Ma è evidente che, se poi si parla di Sacro, dell'ammirazione per la morale pagana di Roma e dei Greci, si ingenera confusione. Perchè i Greci che vinsero i Persiani, prima della battaglia evocarono le forze invisibili del luogo e della stirpe, come si usava secondo lo schema bellico comune a tutti gli indoeuropei. Ed i soldati greci, mi spiace deludere gli amanti del futuro, erano Sacerdoti, Guerrieri e Pater Familias, ovvero percepivano se stessi come apparteneti a queste categorie sociali e dello spirito. La Tradizione, un concetto elaborato da Renè Guenon, è molto semplice da afferrare, e mi dispiace che Massimo non abbia capito cos'è (sarà così?). Ma non può rimanere estranea al nostro confronto di idee, nè si può confondere la Tradizione con il passatismo ed il "si stava meglio prima".
*Per Renato
La fumosità e l'astrazione che tu evochi mi sembrano più adatte a questi indefiniti scenari del futuro, che ai miei riferimenti ideali e sociali, che non appartengono solo al passato, ma persistono ancora oggi nel cuore di miliardi di persone che in base a quei princìpi vivono e concepiscono la loro esistenza.
Se si evitasse di schernire il pensiero altrui, anche quando è l'opposto del proprio, i nostri confronti telematici potrebbero essere più proficui.
M.F.D.M
admin (Super Administrator) 02-12-2008 16:58

Solo alcune precisazioni:
-la Fede, in realtà, non la nego in toto. Gli Ideali, infatti, attengono a quella dimensione. Ma è una Fede, come posso dire, che urge e risulta dalla mia natura singolare e individuale. Una Fede collettiva trancerebbe di netto proprio tale natura, cioè il carattere di Ribelle.
- la Tradizione enunciata nel magnifico esempio cinematografico degli Indiani di Balla coi lupi non la nego nè la disprezzo di certo, anzi tutto il contrario. Ma non ne faccio un totem politico e sociale applicabile all'oggi prima perchè non mi convince, non ci credo, e poi perchè è qualcosa di pre-politico, ossia, in termini pratici, di im-politico. In MZ c'è posto per un tradizionalista come per uno che non lo è, l'importante è il terreno comune, cioè la critica alla modernità e le direttrici, queste sì politico-sociali, indicate nel Manifesto.
- "L'uomo che sceglie il bosco", il Ribelle di Junger, è uno dei buoni modelli, sono d'accordo. Ma, se mi passate l'espressione, un Ribelle non toglie nulla a un altro. Siamo un movimento, direbbe Federico Zamboni, "polifonico", dove l'individualità fa aggio sullo spirito di gregge.
- La contraddizione nel voler riscoprire il sacro dicendosi atei la ammetto, anzi, un po' la rivendico. E sottolineo che vale solo per me. Ma è per questo che sono un Ribelle: la contraddizione, onesta e dura, è il mio sale. Altrimenti sarei un Rivoluzionario con la Certezza in tasca. Basta non si dica che sono riformista, questo no. Stiamo parlando di rigettare la prospettiva di vita economicista, mica della Bicamerale e della Costituzione.
Ma ora la pianto qui.
Alessio Mannino
Giovanni Marini (Registered) 02-12-2008 20:09

CHI SFAMA I PARASSITI
Riconoscerei lo stile di Alessio Mannino anche se non si firmasse, devo anche a lui le mie simpatie per Movimento Zero. Alla bellezza del suo scritto non mi permetto di aggiungere nulla.
Agli amici con cui ho rudemente interloquito devo dire che capisco l'ansia di alcuni di vedere la fine del sistema, credo che essa sia proporzionale al disagio con cui alcune persone vivono il male di vivere moderno. Non condivido l'idealizzazione che il signor pirata fa del mondo antico, o di certe culture, non capisco perchè è così certo che Uccello Scalciante e Due Orsi e i loro Avi (addirittura) siano stati davvero felici. La felicità è una categoria così personale, così soggettiva che chiunque può esserlo,se ne ha la fortuna, non si può estrapolarla ad una società, una cultura, un'epoca storica. Non condivido la demonizzazione del mondo moderno. Qualcuno ha postato il 28/11 un bellissimo testo di Levi-Strauss: scrivendo degli Indiani dei tropici egli ci insegna che non ci sono culture inferiori. Se questo assunto vale per gli Indiani dei tropici vale ANCHE per la nostra cultura. E' per questo che non vorrei vedere radere al suolo nessuna società, nessuna cultura.
L'opera di Fini è pregevole, vera, ma è sostanzialmente incompleta. Qualcuno forse la completerà.
Un big crunch implica milioni di morti, e nessuna garanzia di un mondo migliore. Sarebbe da stolti non mettere in conto anche il rischio di un mondo termonucleare.
Apprendo con piacere da aragorn che una gran parte dell'umanità è di suo gradimento, un motivo in più per non volerne la fine dato che anch'essa dipende per vivere da fertilizzanti, pesticidi, importazioni di cereali dal mondo occidentale. Ancora il signor aragorn invoca elites cui deve spettare il sacrosanto compito di mettere a posto le cose. Non menziona mai i contadini (i paria, gli intoccabili) eppure sono questi che sfamano i parassiti. Un po' di rispetto per una classe di disgraziati che almeno una volta nella storia è stata capace di metterlo in quel posto a sacerdoti-guerrieri-mercanti non guasterebbe.
Magmau64 (Registered) 02-12-2008 21:17

Io,sul fatto che Movimento Zero possa diventare un progetto politico non ho perso le speranze.
Ateismo e riscoperta del sacro, dice Mannino.
Io, quando penso allo zerismo penso ad una specie di panteismo,una fusione con l'elemento naturale.
E lo penso da agnostico , o da ateo, non ho ancora ben capito se sia l'uno o l'altro
Mauro
mznapoli@gmail.com
Fabio De Marco (Registered) 02-12-2008 22:17

Gli interventi del signor Marini, mi sembrano quantomeno fuori luogo. Se si scrive all%u2019interno di un blog, nato per diffondere le idee di un movimento che fa dell'anti-modernità uno dei suoi pilastri, si dovrebbero evitare la sua ironia e la sua presunzione. Se non si concorda sui contenuti, si può comunque intervenire senza comportarsi da professori in cattedra. Trascurando i termini con i quali si è espresso in occasione dell%u2019articolo %u201CZerismo 1%u201D, appellativi utilizzati in mancanza di argomentazioni valide, - son tutti bravi a criticare - veniamo a quello che scrive:
%u201CMa in cosa si concretizza questo rimedio contro il male di vivere moderno? Nello scaraventare nel cesso le migliori opere dell'intelletto umano, sostituite dalla rievocazione di un mondo antico fatto di sacerdoti-guerrieri-artigiani e relativa mistica eroica.%u201D E quali sarebbero %u201Cle migliori opere dell%u2019intelletto umano%u201D? La demonia del lavoro? Il materialismo? L%u2019evoluzionismo? La società attuale è figlia di un%u2019operazione di controllo globale, voluta e pianificata da elite oscure. Ideali, modelli sociali e culturali inclusi. Si vuole forse mettere in discussione questo punto? Perché se è convinto che tutto è frutto di un%u2019evoluzione storica le consiglio di leggere le opere di Marco Della Luna, prima fra tutte Euroschiavi. Poi quest%u2019ossessione nel criticare chi propone un ritorno agli ideali di un mondo antico, non è intellettualmente onesto signor Marini. Al posto di approfondire tentando di capire l%u2019opinione altrui e poi magari non concordare, fa prevalere i suoi retaggi culturali, partendo dalla critica a priori.
Ci spieghi perché non è d%u2019accordo. In maniera semplice e pacata. Senza presunzione o ironia, e magari con un po%u2019 di rispetto per le opinioni altrui. Non ritengo che la mia opinione sia giusta in assoluto. Ma pretendo rispetto, per me e per chiunque altro.
Questo è il mio punto di vista:
I Sacerdoti %u2013 quelli veri e non le gli ecclesiastici del %u2018500 %u2013 del mondo Pagano o Indoeuropeo, cercavano il distacco dal mondo materiale, avevano scarsa attenzione per il denaro o cose simili.
Erano il contatto con il divino. Il ponte tra due mondi. Indirizzavano la società verso un mondo di ordine, nel quale ognuno avesse il suo posto, in base al proprio %u201Cessere%u201D. Non dico che fosse perfetto, ma sicuramente più vicino alla perfezione rispetto al mondo moderno.
I guerrieri erano coloro che passavano la loro vita sul filo di un rasoio, sempre pronti a morire, senza mai la certezza del domani, distaccati dalla dimensione dei valori materiali. La loro era la vera libertà, non erano legati a null%u2019altro che al loro onore, alla loro dignità, alla loro libertà. Non sopportavano costrizioni e imposizioni. Figuriamoci se avessero mai accettato di sgobbare per far arricchire i soci della Goldman Sachs, o simili. Se esistessero ancora i guerrieri oggi non ci ritroveremmo così. Per quanto concerne gli artigiani, non sono altro che l%u2019esempio di come il mondo dovrebbe essere. Ogni cosa al suo posto: il lavoro come mezzo non come fine, senza ambizioni di guadagno e di lucro, dedicando il proprio tempo e i propri pensieri a cose più meritevoli.
Auspicando un dibatto interessante.
Saluti
Fabio Giuliano De Marco
Andrea Marcon (Registered) 03-12-2008 14:05

Per prima cosa voglio cercare di scindere la mia dimensione personale con la realtà che reputo preferibile. Ad esempio, io sono ateo (anzi, agnostico), ma lo reputo un deficit personale. E non perchè invidi quelli che si dicono cristiani e vanno a Messa la domenica: io invidio coloro che hanno il senso del sacro, che vivono la religione secondo le logiche e le categorie che potremmo definire tradizionali. Però, purtroppo, non posso essere quello che non sono. Questa considerazione non vuole essere semplicemente di carattere personale, perchè credo possa fornire lo spunto per quello che è a mio avviso il vero nodo della questione. Nella discussione sullo zerismo si è molto dibattuto su cosa debba essere conservato del passato, se tutto il mondo moderno vada cancellato, se la Tradizione esista, etc.. Io non credo possano esservi dubbi sul fatto che il modello delle civiltà passate o meglio dell'uomo "passato", nel senso ben chiarito da Marco o Alberto, connoti il concetto di Antimodernità. Il punto è che non sono altrettanto convinto che ciò che sia preferibile sia in questo caso anche raggiungibile... così come nel caso della religiosità. Mi viene sempre in mente quanto Fini scrive ne Il ribelle: "Il dramma dell'uomo moderno è constatare che la razionalità ha fallito senza per questo poter tornare all'irrazionalità". Prospettiva davvero terribile. Insomma: è vero, come dice Marco, che l'uomo ha sempre vissuto in un determinato modo prima della modernità, ma temo che l'avvento di quest'ultima abbia modificato PER SEMPRE determinati elementi che, anche radendo al suolo la modernità stessa, sono entrati stabilmente nell'animo umano o quantomeno non possono essere rimpiazzati da quanto esisteva prima. In questo credo che andare "oltre il moderno", per riprendere Alessio e citare De Benoist, non sia una scelta ma una necessità.
h2otonic (Registered) 03-12-2008 14:39

L'unica dimensione del Sacro che ci è concessa in questi tempi cosi' sfacciatamente cattolici è quella di meditare al tramonto del Solstizio d'inverno sul ciclo che è stato e su quello che sarà, e di osservare dal nostro poggio elevato il mondo che ci circonda con i suoi mari, le vette ed i cieli tinti del tramonto, ricordare chi non c'è piu' e celebrare anche con una ricca bevuta l'esistenza, che neanche le scoperte hanno saputo spiegare, e che anzi dopo avere stabilito con quale velocità sfrecciamo nello spazio ,ha reso semmai ancora piu' improbabole.
fabiolucidobalestrieri@hotmail
FabioSbrocchio (Registered) 03-12-2008 15:04

Al contrario di Marcon io ho il senso del sacro.
Per quanto riguarda un ipotetico ritorno al passato, pur mettendoci di impegno, oltre a tanta voglia e speranza, nel migliore dei casi non vi ritorneremo mai completamente. Ciò non toglie che tanto possa e debba essere ripreso, anche se in modo necessariamente differente per certi versi: concordo con Marcon e Mannino per quanto riguarda il dover andare oltre il moderno, non per scelta, ma per necessità. Il che non è un bene, ma nemmeno necessariamente un male: è semplicemente la realtà, il naturale percorso storico.
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 03-12-2008 15:16

Per i motivi che ha ben espresso Andrea Marcon io ho proposto una versione "laica" del concetto di Tradizione che penso sia compatibile col relativismo culturale e sia anche abbastanza duttile per legarsi coi temi zeristi della decrescita e della democrazia diretta.
fabiolucidobalestrieri@hotmail
FabioSbrocchio (Registered) 03-12-2008 16:23

Il relativismo culturale è sempre stato presente laddove vi era anche la Tradizione: non credo serva "laicizzarla" per renderli compatibili.
Inoltre credo che il sacro non vada artificialmente esteso a tutti (e così svilito): è qualcosa di innato, intimo e personale e tale dovrebbe restare.

La decrescita è già in sè il punto di incontro e Latouche ce lo mostra soprattutto in "La sfida di Minerva" dove cerca un nuovo equilibrio tra il ragionevole e il razionale.
aragorn (IP:79.29.218.184) 03-12-2008 18:49

Nessuno ha mai pensato che Movimento Zero dovesse diventare una formazione Tradizionalista in senso evoliano e guenoniano. Io faccio parte di un sodalizio simile da tempo, ma MZ ha un'altra funzione rispetto a questi e si posizione su di un piano diverso. E' stato bello leggere gli stati d'animo che hanno portato all'adesione ad MZ e, credo che concordiate tutti, gli scritti e le repliche di questi giorni hanno arricchito molto il nostro "comune sentire". Tradizione ed antimodernità "laica" o "agnostica" possono convivere benissimo. In una logica rivoluzionaria e guerrigliera, gli eserciti sono composti in maniera complessa. E' questa la cifra di MZ.
Il discorso lucido di Alessio ed Andrea
ben chiarisce la questione religiosa.
Noi non siamo un movimento confessionale, ma io continuo a pensare che la modernità abbia causato l'arretramento del Sacro e determinato l'ateismo diffuso. Ma per me la modernità inizia con il cristianesimo... ed anche prima. Ma questo è un altro discorso.
I nostri scritti di questi giorni dimostrano che gli aneliti, le speranze, gli orizzonti, le intuizioni, le aspirazioni, sono un grande patrimonio di MZ.
Comunque gli ultimi 5 interventi sono perfetti in questo senso.
Complimenti a h2otonic: stile romantico e sognatore, con una sana componente comunitaria, sacrale e goliardica (la ricca bevuta). Per il futuro, non siate sicuri che il tutto non possa tornare splendido come in passato, dopo la notte fonda arriva il sole splendente, dopo l'età oscura, l'età dell'oro. Nessuna realtà diviene tale, se prima non viene sognata, e "nei sogni" gli Dei accorrono in aiuto degli uomini degni.
Saluti a tutti.
M.F.D.M.
h2otonic (Registered) 05-12-2008 13:25

Aragon il sogno di Un'Europa austera,forte e ordinata, è il sogno di tutta una vita , la ricerca dell'unica Autorita' che sono disposto a riconoscere e' stata la mia unica attività politica, il resistere alle invadenti sirene contemporanee un'abitudine, l'incontrare un mio simile la mia unica gratificazione. Di questi tempi non c'e' da aspettarsi altro.
Un saluto. Antonio.
pamela.chiodi@libero.it
donquijote (Registered) 10-12-2008 12:29

Condivido il "sentire",ma non il suo contatto con la realtà che,a mio avviso è assente.M
pamela.chiodi@libero.it
donquijote (IP:94.163.137.121) 10-12-2008 13:07

Condivido il "sentire", ma non il suo contatto con la realtà che, a mio avviso è assente. Mi spiego: "è zero" la relazione con la "gente". Con questa intendo "alla pasolini",la massa; è su essa che il capitalismo, dalla sua nascita, ha agito e dunque,dovrebbe essere elaborata una nuova chiave comunicativa che apra le porte ormai chiuse (ma non ancora sigillate), della consapevolezza che questa "entità astratta" possiede, evitando di rinchiudersi in nicchie elitarie.
E',infatti, soprattutto grazie alla manipolazione sulla massa che prospera intatta, sia l'odierna indifferenza per il baratro verso il quale la società si sta dirigendo,sia la mancanza di reagire per cambiare direzione. L'una è la diretta conseguenza dell'altra: un suicidio di massa ben orchestrato.
Se continuano ad essere utilizzati dei linguaggi ermetici, si contribuirà,a mio avviso,a perpetuare l'atroce ed orribile errore (voluto?) della politica che si è allontanata dalle persone comuni,dai loro bisogni dalla LORO realtà quotidiana.Si è spezzato il vincolo della PARTECIPAZIONE e bisognerebbe trovare il modo per ricucirlo perchè se "libertà è partecipazione"...la deduzione vien da sè.
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