Necrofilia catodica |
11 dicembre 2008 ![]() Per rendersi dell'abisso in cui è sprofondata la televisione italiana basta procedere a un'operazione di archeologia catodica.
Mi è capitato recentemente di rivedere alcuni sceneggiati della Rai dei primi anni Settanta: improvvisamente, mi si è materializzata la mia infanzia e la mia pubertà, il televisore a valvole con il pannello colorato posticcio e la sua copertina in pizzo. Sceneggiati in un bianco e nero di vaga impronta espressionista, in realtà “di semplice necessità che diventa virtù”, tratti da romanzi di Rex Stout o Francis Durbridge come “Nero Wolfe”, “Un certo Harry Brent” o "Lungo il fiume e sull'acqua”, oppure quelli parapsicologici, “Il segno del comando” o “Ritratto di donna velata”. Due aspetti degni di nota, di quel periodo irripetibile della televisione italiana. La recitazione di grandi attori come Luigi Vannucchi, Carlo Hintermann, Riccardo Cucciolla, Aroldo Tieri, Tino Buazzelli, Ugo Pagliai, che prestavano il loro talento per progetti televisivi di qualità. E, soprattutto, le sceneggiature raffinate e il conseguente uso di un lessico ricco, elaborato, condito di parole non usuali e non banali. Considerando che in quel periodo vi erano a disposizione solo due canali e che gli sceneggiati venivano visti da milioni di persone, spesso poco istruite e malamente scolarizzate, emerge nitidamente il nobile intento didattico che permeava la televisione di quel periodo. Una televisione, quella di Bernabei, austera, bacchettona, moralista, oscurantista per molti aspetti, che però offriva proposte pedagogiche e culturali elaborando un'ambiziosa proiezione futura del paese, per così dire "migliore”, più alta. Ripiombando nel presente, possiamo osservare il sovvertimento dei termini. Totale. Il ribassismo comunicativo, il linguaggio scarnificato, reso grugnito, fratturato. L'immagine ideale proiettata della Tv che fu, inghiottita dall'interazione delle flatulenze corporali degli autori televisivi con quelle degli spettatori e viceversa. In questo degradante scenario, come non inorridire guardando da esterni le vicende grottesche di questi giorni, la roboante battaglia a favore della pluralità e dell'equità fiscale in difesa di un monopolista miliardario come Murdoch o quella tragicomica della saga di Villari, il vigilante abusivo della Rai. Una specie di necrofilo, che osserva compiaciuto le ultime fasi della decomposizione della Tv di stato, anzi di regime. Mauro Maggiora
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