Il
2008 che se ne è appena andato ha segnato il sessantesimo anniversario della
Costituzione della Repubblica Italiana. Una Magna Charta che da decenni copre solo il
magna magna delle banche, dei potentati industriali, dei partiti e dei megafoni mediatici al loro servizio.
Un pezzo di Carta, ormai, e nulla più.
E' l'atto di fondazione di uno Stato nato dal
compromesso fra tre anime ideologiche:
cattolica, comunista e liberale. Tre scuole di diseducazione alla libertà. Perchè la libertà non è nè quella, universalista e moralista, buona solo per le pecorelle della Chiesa, che piace al
Vaticano; non è quella, totalitaria e collettivista, dell'allora
Internazionale sovietica; e non è quella del
mercato liberista e dei suoi sudditi-consumatori. La libertà è un'altra: è scegliere di vivere, ognuno nella propria
piccola "patria", nel luogo in cui si è messo radici, come la propria comunità decide, grazie alla
democrazia diretta, senz'altro sovrano che sè stessi.
La Costituzione
va cambiata. Anche nella sua
prima parte, dove si trovano i "princìpi fondamentali". A partire dall'articolo 1, che recita "L'Italia è una repubblica fondata sul
lavoro". Cioè sulla
schiavitù, sul mito moderno del lavoro, tanto caro sia alla dominante vulgata liberale e capitalista, sia a quella, ormai sempre più diafana e perciò ancor più ipocrita, marxista-sindacalista. Il lavoro, parafrasando un noto lager moderno,
non rende liberi.
Ma, come scrivevamo un anno fa su questo blog, "fintanto che c'è, questa Costituzione-gabbia, i signori che la agitano solo quando fa loro comodo sono invitati a
rispettarla". Altrimenti, come ben hanno scritto
Massimo Fini e Marco Travaglio nel loro recente
Appello , anche noi, semplici cittadini, siamo liberi di non farlo. Il messaggio è dirompente, rivoluzionario:
o tutti o nessuno, o vale per il potente e per il miserabile, o non vale più. E se non vale più, lorsignori - di cui
Silvio Berlusconi è solo l'epigono più recente e smargiasso - andrebbero
cacciati senza tanti complimenti.
Noi non vogliamo salvare il pezzo di Carta perchè ci riconosciamo nei suoi valori. Noi ne pretendiamo il rispetto perchè abbiamo a cuore la nostra
dignità di uomini prima ancora che di cittadini. E poichè essa sancisce
l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, la dignità passa dal difenderla da chi l'ha sempre, nei fatti, tradita, lucrando sulla nostra pelle e facendo strame della nostra libertà.
Alessio Mannino