Il kebab e l’oscurantismo
13 febbraio 2009
 

 
Recentemente la giunta comunale di Lucca ha deliberato restrizioni all’apertura di centri di ristorazione che propongano cibi esotici. Lo scopo dichiarato è difendere la tradizione gastronomica locale. La Lega ha approvato incondizionatamente l’iniziativa.
Ci sono momenti di profonda cesura nella storia dei popoli, momenti in cui forme culturali e costumi codificati tramontano e si introducono elementi nuovi. Se la tradizione fosse qualcosa di immutabile, adoreremmo ancora Giove e Apollo. Il cristianesimo, la più consolidata delle tradizioni europee, ci viene dal Vicino Oriente semitico. Gli spaghetti, il più italico dei piatti, in realtà vengono dalla Cina. Concepire una tradizione gastronomica come qualcosa di puro che non deve essere contaminato è come pretendere di difendere la purezza della razza. Per fortuna siamo tutti bastardi.
La tradizione da riproporre come valore è invece una struttura formale, un modo di essere, uno stile di vita, non i contenuti legati a una civiltà contadina e clericale oggi non riproducibile. In nessun modo può essere intesa come un complesso di riti e di costumi, anche gastronomici, che si ripetono immutabili. Pretendere di fossilizzare una comunità significa voler mummificare un organismo che vive e si trasforma.
Quella struttura formale che chiamiamo tradizione e alla quale ci richiamiamo è il radicamento nel territorio, la rivitalizzazione dello spirito comunitario, il rispetto dei ruoli e l’assunzione piena e consapevole delle responsabilità che a quei ruoli competono, un’economia quanto più possibile basata sull’autoproduzione e l’autoconsumo (senza teorizzare gli eccessi dell’autarchia), l’adozione di ritmi di vita più naturali e alieni dalla competizione frenetica, forme politiche che coinvolgano direttamente i cittadini nella gestione della cosa pubblica. Queste sono le cose che contano. Sono tradizione in quanto in parte si realizzarono nelle polis dell’antichità e nei Comuni medievali.
Questo intendo per tradizione da riproporre come antidoto all’orrore della Modernità. Concepirla come difesa della mozzarella e della pizza contro il couscous e il kebab è ridurre una proposta seria alle dimensioni del grottesco. Le buffonate lasciamole alla Lega.
Le massicce migrazioni avranno effetti sconvolgenti. E’ un processo imponente e inevitabile. E’ legittimo dispiacersene ma volerlo impedire è la vana pretesa che spinse negli anni ’50 e ’60 tanti padroncini del Nord a esporre il cartello “non si affitta ai meridionali”. I figli e i nipoti di quei meridionali oggi sono integrati e molti di loro votano Lega. L’Europa che va delineandosi vedrà sorgere sensibilità religiose, costumi, regimi alimentari diversi dal passato. Dobbiamo accettarli tranquillamente come il nuovo contenuto di quella struttura formale che è la tradizione in cui crediamo. Non vogliamo rivedere nelle nostre città le processioni con in testa i simulacri dei Santi né vogliamo bandire il couscous. Essere antimoderni non significa essere oscurantisti.

Luciano Fuschini 

Commenti
NuovoCerca
aragorn (IP:79.15.249.41) 13-02-2009 21:37

Reazioni scomposte e senza costrutto, quali i limiti da imporre alle gastronomie allogene, non devono farci perdere di vista i motivi che le generano.
Gli italiani assistono impotenti ad un cambiamento dei paesaggi umani delle loro città, che avviene in maniera troppo forzata, violenta, esagerata per essere percepito come naturale. E vale poco ricordare i meridionali degli anni cinquanta, perchè due torti non fanno una ragione. I meccanismi che generano una massiccia, sfrenata, incontrollabile immigrazione, forieri di degrado, delinquenza, conflitti sociali, non hanno niente di naturale e non sono paragonabili alle modalità con le quali fenomeni apparentemente simili sono avvenuti in passato. I Poveri pieni di energia del terzo mondo che sbarcano nella opulenta e decadente Europa rappresentano una forma di triste destino per sè stessi prima ancora che per i popoli che li accolgono. L'umanità una, monocolore, monolingua, monovaluta, monopensante, monosognante, non è il destino naturale della storia e dei popoli, ma un piano collaterale ai disegni maggiori tendenti al mondialismo. Il vero razzismo, che dovremmo tornare tutti a chiamare xenofobia, è quello di coloro i quali tendono ad annullare le differenze: razziali, culturali, linguistiche, musicali, religiose. E non ci fu bisogno di cinque milioni di ebrei in Italia perchè si diffondesse il cristianesimo. Bastarono Pietro, Paolo di Tarso ed altri ispirati predicatori. Non credo che l'invasione di natura economico-globale dei nostri tempi abbia molto a che vedere con la diffusione dei vangeli e della parola di Cristo.
Marco Francesco De Marco
Dartagnan (Registered) 13-02-2009 21:40

Eccolo un pensiero guida veramente antimoderno che non ci fa immaginare forme cristallizzate del passato da imporre dall'alto in una società diversa da questa. Un grappolo di pensieri guida sono quello che occorre, che faccia crescere in noi, nella nostra interiorità quella autorità che ci comandi nel nostro cammino e ci dia la forza, il coraggio, la voglia di affrontare le enormi sfide che il futuro prossimo intravisto attraverso l'analisi serrata degli eventi che voi fate sempre o del potere visto da Della Luna, sembra riservarci.
h2otonic (Registered) 13-02-2009 22:19

A propositi di spaghetti: li avremo anche importati dalla Cina, ma ad oggi,(quindi dopo settecento anni), nel mondo si conoscono solo quelli all'italiana.
Questo primo esempio di "invasione di prodotti cinesi" si puo' anche leggere come giustificativo allo scritto di Fuschini in quanto esempio di Tradizione dinamica.
Altresi' come supporto allo scritto di Marco (che sottoscrivo)*,in quanto protoesempio di nette differenze fra i vari ceppi della Terra: spaghetti erano quelli ,spaghetti sono questi, la differenza l'ha fatta ...la differenza stessa fra chi li ha manovrati!

*Avendo gia' detto tutto voi ho voluto semplicemente scherzare un po'...
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 13-02-2009 22:51

Una precisazione. In questo breve articolo mi premeva invitarvi a una definizione del concetto di tradizione, a noi caro, perchè se non lo precisiamo si presta a critiche difficilmente confutabili. Altre affermazioni del mio scritto sono più marginali. Mi riprometto di non dire altro perché penso che chi pubblica un articolo deve poi lasciare la parola ai lettori.
aragorn (IP:79.15.249.41) 13-02-2009 23:37

Per la prima volta condivido poco o nulla di quel che scrive Luciano Fuschini, che con piacere invito a rispondere e precisare durante l'arrivo dei commenti, recedendo dal suo proponimento di non intervenire. L'apparizione alternata degli interventi favorisce la migliore comprensione ed arricchisce la possibilità di analisi e critica di chi legge. Infatti io non avevo capito che il centro dell'articolo fosse la tradizione, anche perchè io non ci ravviso niente di tradizionale in senso evoliano o guenoniano, ma neanche in senso conservatore, nè tantomeno vi sono accenni di antimodernità, tranne alcuni riferimenti al nostro manifesto, peraltro abbastanza avulsi dal contesto generale dell'articolo. Mi ha lasciato perplesso questo elogio del meticciato "per fortuna siamo tutti bastardi", ed il tentativo di far passare per naturale ed inevitabile quello che invece appare come un disegno preciso di disgregazione del particolare, di odio verso la differenza che io assimilo ad una ricchezza. Comunque, se questi concetti sono marginali, li riprenderemo in futuro. Piuttosto, tornando alla tradizione che Luciano dice essere il centro del suo pezzo, casualmente ieri ho inviato un articolo per la rubrica approfondimenti chiamato appunto la Tradizione. Vista la coincidenza, proporrò ad Alessio di pubblicarlo nel Blog, così due idee diverse di Tradizione potranno confrontarsi.
M.F.D.M.
kulma (Registered) 14-02-2009 12:31

io invece apprezzo molto questo articolo. non trovo assolutamente nulla che faccia pensare che luciano voglia una società ultraomogeneizzata. noi italiani siamo davvero un mix di popoli e tradizioni e questo non vuol dire certo che ci siamo omologati o diluiti. la nostra è una cultura nuova, diversa da tutte quelle da cui è nata (latini, arabi, normanni,...). io non ci vedo nulla di male nell'incontro e mescolamento di culture, anzi è qualcosa che ha portato sempre un'arricchimento. va bene difendere la biodiversità, ma senza arrivare alla insensata e stupida difesa della razza.
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 14-02-2009 13:27

Questa volta non sono d'accordo con Luciano Fuschini. Non perchè pensi che la Tradizione sia un qualcosa di statico. Essendo essa il realizzarsi nel contingente di un principio superiore non può che essere dinamica. Elementi che sorgono in un posto possono finire per diventare centrali in tutt'altro assumendo anche funzioni nettamente opposte a seconda della cultura che li utilizza. Una cosa è però ad esempio, per fare un esempio terra terra, l'adozione del pomodoro nella cucina italiana dalle Americhe altro sono i Mc Danald e la comparsa di cucine regionali estere ad opera di un esericto di immigrati (specie se tendono a riproporre la loro cucina addirittura nel modo americanizzato del fast-food). L'adozione di un principio o di un costume e anche di un cibo deve avvenire per libera adozione quando una cultura decide di fare proprio un aspetto di un altra che trova giusto o utile facendolo suo proprio e caratterizzandolo: la Tradizione è insomma un processo, un destino che si lega ad un popolo non certo un pacchetto che è sempre tale e quale, però deve essere uno sviluppo libero, non si può definire "sviluppo libero" l'omogenizzazione che sta creando il mercato globale attualmente e la cultura dominante che di esso nè è, usando un vocabolario marxiano, l'ideologia.

amugnolo (Registered) 14-02-2009 16:15

Sono d%u2019accordo con gli interventi di critica che mi precedono, e concordo con quanto espresso in essi.
Anche a me riesce difficile riconoscere, in questo articolo, il fuschini che ho letto in altri pezzi. Ad esempio la conclusione della sua analisi sul marxismo:
"Chi dovrà ricostruire sulla desolazione potrà farlo solo facendo leva sulle verità codificate dalla saggezza antica. Se l%u2019umanità vorrà sopravvivere al disastro che incombe, potrà farlo soltanto appellandosi alle grandi spiritualità del passato "
Non mi ero accorto, evidentemente, che si riferiva storicamente al medioevo europeo, epoca in cui ha avuto luogo la conclusione millenaria della lotta che opponeva i fautori della saggezza antica ai vincenti fautori dell'innovazione di allora.
I primi si rifacevano alla "sapienza antica" e alla grandezza dei principi che avevano dato vita a ROMA e alla civiltà GRECA. Queste civiltà stesse che, a loro volta, si rifacevano a principi e valori preesistenti alle migrazioni di quei popoli indoeuropei che le hanno create, tanto radicati da arrivare da epoche storiche precedenti alla scrittura attraverso la "cultura della memoria" di cui erano depositari i sapienti antichi.
La dinamicità della Tradizione con la T maiuscola si evidenzia da se, credo, anche nel fatto che noi qui ed ora ne stiamo ricercando i principi, per altro utilizzando un apparato tecnologico. E senza dimenticare che le civiltà in oggetto ed anche quelle non situate geograficamente in occidente, non sono state, nella loro lunga storia, un qualcosa di statico e scheletrico come artatamente ci vuole far credere il pensiero moderno, che avvolgendoci, a volte ci confonde.
Il mondialismo tende all'omologazione attraverso le invasioni pacifiche, per ora,(l'integrazione può avvenire solo sulle minime quantità)così come già sperimentato negli USA da molto tempo, per annullare attraverso l'insalata mista anche il ricordo di quei principi e valori di cui stiamo discutendo. Accettare che tutto ciò sia inevitabile significa accettare quello che loro vogliono e abbandonare anche la speranza di seriamente combattere il nemico. Quella che viene definita la tradizione maggiormente radicata in occidente, il cristianesimo, che affonda le sue radici nella religiosità ebraica di cui voleva essere una riforma, per attecchire e durare in occidente ha inserito al suo interno molti aspetti della religiosità che ha inteso soppiantare che dai suoi padri è stata definita, in termini spregiativi "pagana", da pagus - villaggio. E' questa, per me, una operazione simile al mischiare l'acqua al vino per dissetare palati resi meno robusti. Penso al natale cristiano che coincide perfettamente con il Natalis Soli Invicti, culmine del culto solare che ebbe espressione non solo a Roma e in occidente ma ovunque la storia ci riporta testimonianza di civiltà tradizionali, e che è tutt'oggi presente, vedi ad esempio i Parsi in Iran o la rinascente spiritualità dei Pellerossa ecc. O, come a me capitato di recente, soffermarmi ad osservare una statua di Zeus e notare la somiglianza con quanto ci tramanda la iconografia del dio dei cristiani.
Per cui nel rifarmi direttamente e senza mediazioni alle idee dei miei avi, non ci trovo proprio niente di male a venerare le forme del divino attraverso Giove e Apollo. Magari sarà proprio per questo che io non mi sento un bastardo, e sono convinto, per dirla con Evola che %u201Cnon di girarsi da una parte o dall%u2019altra in un letto di agonia si tratta, ma di rialzarsi e camminare%u201D.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (IP:79.10.49.115) 14-02-2009 16:28

aragorn mi invita gentilmente a continuare a interloquire e io gli rispondo scusandomi con chi trovasse troppo invadente questo rimbeccarsi, comunque amichevole. Quando scrivo "per fortuna siamo tutti bastardi" mi riferisco alla dimensione biologica del problema più che a quella culturale. Dove vige l'endogamìa, come in alcune tribù isolate, la discendenza è tarata, debole e malaticcia. Quanto alle contaminazioni culturali, sono abbastanza vecchio per ricordare che negli anni Cinquanta certi programmatori della RAI-TV si opponevano alla messa in onda del rock and roll per privilegiare la melodia e i ritmi italiani: tarantelle e mandolinate. Era un appello in nome della Tradizione (lo aveva già fatto il duce contro il jazz e lo stava facendo la gerontocrazia sovietica contro l'americanismo). L'americanismo ha vinto e vincerà anche il kebab. Se non definiamo più correttamente cosa intendiamo per difesa della tradizione, la nostra battaglia avrà le connotazioni patetiche e grottesche del donchisciottismo.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 14-02-2009 16:43

Devo aggiungere un codicillo al precedente intervento perché non avevo ancora letto il commento di amugnolo. Sono perfettamente d'accordo con lui quando dice che dietro la religiosità cristiana sopravvivono tracce vistose di quella pagana. Proprio questo intendo quando concepisco la Tradizione, che amo quanto gli amici aragorn e belew, in modo dinamico e non statico. E' inevitabile che diversi strati culturali interferiscano, l'importante è che non si sovrappongano in modo conflittuale ma interagiscano in una nuova sintesi.
aragorn (IP:79.15.249.41) 15-02-2009 01:00

Caro Luciano, quello che avveniva in passato in materia di incontro tra culture accadeva in ambiti sani e consolidati. Giusto per fare un esempio, l'Europa resistette a lungo alla pressione ottomana, e se il Principe Eugenio di Savoia è un idolo degli Austriaci un motivo ci sarà. A Lepanto avvene qualcosa di ancor più grandioso e condiviso. Quando un popolo non riusciva a sconfiggerne un altro in maniera definitiva avvenivano le commistioni e gli adattamenti, tipo gli angli ed i sassoni. L'attuale fenomeno detto "immigrazione" non ha nulla a che vedere con le passate commistioni tra civiltà, razze, popoli. E' il piano di schiavismo preordinato, tutto moderno ed originale, di cui ti hanno scritto in tanti. Se è ridicolo vietare il couscous per legge è perniscioso non accorgersi che il couscous è come Mac Donald, le carte di credito, il grande fratello, ed anche l'apertura delle moschee. Ho letto che a qualcuno dei nostri l'Islam appare come l'ultimo baluardo della civiltà. E' inutile dire che dal mio punto di vista, pur distinguendo i piani, non c'è nessuna differenza.

P.S. Il discorso "biologico" è condivisibile e credo sia diffusa la consapevolezza che la consanguineità porta tare e malattie. Ma non credo che gli amministratori di Lucca siano dei razzisti "biologici", così come gli italiani in genere. Basti dire che la maggiore insofferenza ultimamente viene mostrata ai rumeni, che sono bianchi, parlano una lingua neo latina e sono europei. Gli scuri filippini sono invece generalmente voluti bene e stimati. Quindi la questione non è razziale o xenofobica che si voglia dire. Sono residui di amor proprio di un popolo ed una cultura che non vuol soccombere senza colpo ferire. E se anche noi parliamo dell'inevitabilità di questo processo, ne diventiamo complici.
fosco2007@alice,it
lucianofuschini (Registered) 15-02-2009 11:04

Mi assumo la responsabilità di aver definito l'Islam "ultimo baluardo del sacro", non ultimo baluardo della civiltà.
amugnolo (Registered) 15-02-2009 13:42

Caro Fuschini, ti esorto di essere cortese e rileggere il mio intervento, che si sviluppava su piu punti del tuo articolo. Intanto, sul fatto che il cattolicesimo si è sostanziato di vistose tracce della religiosità preesistente, con l'esempio del vino diluito che facevo, intendevo dire qualcosa di diverso da quanto tu hai colto. In effetti quel processo ha nel tempo portato a far dimenticare l'essenza dei valori antichi (il vino integro) e offrire la sponda alla formazione di una cultura che man mano portasse a relativizzare tutto cio che aveva solide basi nella visione della vita e del mondo degli antichi.
E poi giu, in modo sempre piu accellerato fino alla modernità, che trova in quello le premesse per la sua affermazione nella storia e nella vita degli uomini.
Per quanto riguarda l'endogamia di "qualche tribu isolata" che porta a tare genetiche e malattie, ti renderai conto che è qualcosa di molto differente rispetto al piano di omologazione planetaria portata avanti dal mondialismo.
Qui si tratta della distruzione di cio che è sempre esistito: le diversità delle componenti della vita e del mondo che nel loro incontro/scontro, nei periodi felici che comunemente indichiamo con il termine civiltà portano alla armonia (Kosmos).
Ma, se noi accettassimo come ineluttabile questa intenzione dei nostri nemici, gli attuali padroni del mondo, non potremmo che attestarci su posizioni di incerta difesa e altanelante convinzione.
Prendento spunto da altro tuo intervento, un militante di mz che dovesse esprimersi sulla regolamentazione degli esercizi che vendono il kebab ragionerebbe con raziocinio sul tema in questione, ma, avendo bene in mente, che l'immigrazione selvaggia rappresenta la fine della possibilità di restaurare quel mondo a cui noi tendiamo, e che si basi, come tu giustamente affermi, "sulle verità codificate dalla saggezza antica".
Per ultimo, io non sono d'accordo con il fatto che tu sembri affermare, se sbaglio me lo farai notare, che le civiltà del passato siano state caratterizzate dalla staticità. Credo infatti, che in tutte le epoche si sia svolta l'eterna lotta tra i fautori del positivo e del negativo, del ben essere della persona opposto al benessere dell'individuo. La vittoria di primi a portato alla creazione di quegli esempi nella storia a cui noi guardiamo.
Non vedo perchè oggi dovrebbe essere diverso.
Nonostante la nebbia che avvolge questi tempi, i secondi non l'hanno ancora trasformato in qualcosa di diverso (e forse non potranno mai farlo), il mondo, nelle sue leggi essenziali.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (IP:87.18.7.144) 15-02-2009 17:50

Caro amugnolo,ho ripreso amichevolmente solo uno spunto del tuo primo intervento per testimoniare che fra noi ci possono essere convergenze. Non vorrei essere visto come un catto-progressista. Fra Voltaire e de Maistre sto con De Maistre. Vivo con dolore l'omologazione e comprendo bene che le migrazioni di massa sono devastanti però credo che non ci sia più nulla da difendere, l'americanizzazione e non gli immigrati ha distrutto la civiltà europea. Spero che dalle macerie possa uscire una confederazione europea di Stati regionali e grandi città-stato, con larghe autonomie e un potere centrale, Potestas e Auctoritas al tempo stesso, sovrano nei pochi ambiti non di competenza delle autonomie locali. Spero che questa Europa, ispirandosi alle grandi spiritualità del passato che hanno tutte tratti comuni, soprattutto nella sfera etica, faccia rivivere spirito di comunità, rispetto dei ruoli, ritmi di vita e di lavoro umani, subordinazione dell'economia alla morale. Non mi turba che in questa nuova Europa ci siano le moschee vicino alle chiese. Quello che considero pericoloso è concepire la Tradizione come una spiritualità su fondamento etnico. Ci sono tanti modi di essere antimoderni. Io sto più con De Maistre che con Evola. Perdonami se non ho risposto a quanto ti attendevi da me.
amugnolo (Registered) 15-02-2009 21:47

Caro Luciano, sono convinto che tra noi ci possono essere piu che delle semplici convergenze.
Non mi ha neanche sfiorato l'idea che tu fossi un catto-progressista, avevo gia letto i tuoi interventi che sono sempre interessanti e ben impostati.
Quello che mi premeva mettere in risalto era che, per quanto mi riguarda, prima che
"l'americanizzazione" potesse avere luogo, era essenziale che lo spirito dei valori comuni europei venisse meno.
In questo la religione che va per la maggiore ha svolto un forte ruolo, e questo al di là dei possibili sviluppi interessanti che poteva, e che purtroppo non ha avuto un certo cattolicesimo medioevale.
Neanchè a me turba, da pagano e quindi non fanatico ed eslusivista, la moschea accanto alla chiesa cattolica, e non considero la Tradizione nel senso da te indicato, ma credo che dallo spirito tradizionale scaturisca invece, tra l'altro, anche un etica e dei comportamenti nella vita che, mi sembra di capire, noi auspichiamo.
Principi e valori che possono essere alla base di quella ricostruzione europea da te indicata, e con la quale mi trovo d'accordo.
Anche Evola apprezzava molto il lavoro di analisi di De Maistre, tanto da proporlo ad esempio in diversi punti dei suoi scritti.
Sono convinto che finchè ci saranno uomini ben ancorati e con cuore saldo, niente della costruzione del nemico sia ineluttabile.
Non ho nulla da perdonarti, ma solo ringraziarti per la tua cortesia.
Andrea
Dartagnan (Registered) 16-02-2009 07:08

Sono interessato, anche se il progetto è troppo grande e a grandi linee e ancora vago, al quadro istituzionale prospettato da Fuschini, che concilia un'autorità forte al centro dell'Europa, però con poche competenze, che coordina grandi regioni, che coordinano autonomie locali e sulla base del principio di sussidiarietà, aggiungo io. In qualunque momento si potranno aprire varchi all'elaborazione di un progetto, dovremo pensare e agire sulla base di valori, ritrovati nella Tradizione, condivisi possibilmente da coloro che saranno presenti (e culturalmente preparati) sul territorio in quella fase, che vorranno combattere senza mai provocare guerra, qualunque essa sia, fra bande, fra poveri, fra popoli confinanti, fra aree regionali mondiali. Svilupperebbe l'industria della guerra. Non ha senso creare separatismi volendo distinguere il grano dal loglio. Appare prematuro adesso ipotizzare un deperimento e un superamento delle nazioni. La globalizzazione è in crisi, ma non vinta. Occorre fare attenzione politiche economiche che stanno per essere varate e alle dinamiche di espulsione dal mercato del lavoro di grandi masse, pensando non ad una gestione e ad un risanamento dell'economia, ma ad un rivolgimento dell'opinione narcotizzata sì dalla propaganda di regime ma sempre più spinta dal bisogno di far fronte alla sopravvivenza.
Andrea Marcon (Registered) 16-02-2009 10:53

Scusate se "abbasso" il livello della discussione, non possedendo il bagaglio culturale di coloro che mi hanno preceduto con i loro interessantissimi interventi, ma io credo che la questione vada impostata in questo modo: non si può mettere in dubbio che una Tradizione sia esistita e possiamo pure tutti essere d'accordo sul fatto che il nostro mondo fosse migliore quando era regolato sulla base della stessa e non devastato dai processi della Modernità. Però dobbiamo fare i conti con l'esistente, e per me ha ragione Luciano Fuschini quando dice che l'"americanismo ha vinto". Ciò non significa arrendersi a questa evidenza - non saremmo qui - ma solo prendere atto che una realtà, anche se è sempre esistita, anche se migliore, anche se auspicabile, è molto difficile che possa essere rigenerata per legge, per autorità o anche solo per influsso culturale. Penso ad esempio al fatto che uno dei punti centrali della Tradizione mi pare sia una rigida, quanto naturale, divisione dei ruoli sociali, che è uno degli elementi che la Modernità ha distrutto e che non vedo come possa essere rifondato, visto che non potrà appunto mai più essere accettata come naturale.
Insomma, a mio avviso "l'imbastardimento" - e perdonate la semplificazione - dovrà avvenire anche tra i valori della Tradizione e quelli della Modernità.
admin (Super Administrator) 16-02-2009 11:32

Bravo Andrea: è proprio questo essere antimoderni, ovvero andare OLTRE il moderno. E "oltre" significa recuperare quel che è giusto e quel che serve dalla premodernità per cambiare ciò che nella modernità è contro l'uomo. E superarla, passare oltre, come auspicava Nietzsche col suo Oltreuomo.
a.m.
amugnolo (Registered) 16-02-2009 11:56

non vedo perchè avere paura delle parole, quello di Nietsche era il superuomo (inteso come uomo reintegrato nella sua normalità e quindi migliore rispetto al paesaggio composto dai bipedi a lui contemporaneo).
X Andrea
Piu che "imbastardimento" direi forme di avvicinamento, e non a qualcosa di nuovo, nuovo magari nel suo percorso o nelle forme dettate dalla realtà da tenere sempre presente.
Mi piace ricordare che rivoluzione è il moto che ha la terra di girare attorno al sole per ritornare al punto di partenza.
kulma (Registered) 17-02-2009 09:49

beh, in realtà Ubermensch letteralmente va tradotto come OltreUomo. anche in "così parlò zarathustra" trapela di più il concetto del "superare", inteso come andare oltre, l'uomo.

"Der mensch ist Etwas, das überwunden werden soll"

"l'Uomo è qualcosa che deve essere superato"
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 18-02-2009 20:21

Per Luciano: Evola non ha mai concepito la Tradizione sul fondamento etnico bensì su quello spirituale. Spirito e razza non vanno di pari passo in Evola. Stiamo attenti a non fare confusioni, visto che già tali confusioni le fanno di proposito gli antitrdizionalisti per screditarlo. Evola pensa che il carattere spirituale non sia in prima istanza sovrapponibile a quello razziale. Evola odiava ad esempio l'ebraismo come ideologia ma nella vita privata è stato amico di Tristan Tzara che era ebreo (nonchè di sinistra...).

Rigurado Nietzsche e il superuomo: Evola giustamente divide Nietzsche in "il miglior Nietzsche" e in "il peggior Nietzsche". Il migliore è quello critico della borghesia e del progessismo, il peggiore è quello che crede di superare il momento nichilista ripiegando su un darwinismo di bassa lega, una vitalità animalesca, sulla forza bruta. L'esito è totalmente assurdo, antitradizionale, biologicista e in fin dei conti, altro non è che un sottoprodotto della stessa cultura razionalista. Giustamente Evola fa notare che il superuomo di Nietzsche non è da cercare in un furuto imprecisato (come si vede il filosofo tedesco non è immune da una forma di progressismo e messianesimo) ma in esempi concreti realmente esistiti, come ad esempio in certi sacerdoti o monaci-guerrieri induisti e buddisti che attraverso pratiche particolari e gesta si erano dimostrati di essere oltre la normale umanità. Quel tipo di superuomo è quello che dobbiamo recuperare. Consiglio a tutti la lettura del testo di Evola su Nietzsche (Il nichilismo attivo di Federico Nietzsche) perchè aldilà dell'amore o odio che si può avere per Evola, in questo breve testo emerge davvero qual'è la parte di Nietzsche che è antimoderna e quella che non lo è.
aragorn (Registered) 18-02-2009 20:46

Anch'io non ho capito a chi si riferisse Luciano Fuschini quando faceva riferimento ai pericoli di "una Tradizione come una spiritualità su fondamento etnico". Non credo al mio intervento e nemmeno al pensiero di Evola.
L'unica spiritualità basata su fondamenti etnici che mi viene in mente è quella degli ebrei israeliani.
admin (Super Administrator) 18-02-2009 21:37

Non sono per niente d'accordo con Alberto nè con Evola (perdonate la presunzione nell'ergermi a criticarlo) su Nietzsche. L'interpretazione evoliana del filosofo dell'Engadina va fuori strada. Anzitutto perchè applicare l'antinomia modernismo/antimodernismo al pensatore del Superuomo (o Oltreuomo che sia) non ha senso. Ma soprattutto perchè lui non teorizzò affatto un bruto animale come risposta al nichilismo (la "belva bionda" della Genealogia della morale è una metafora calcata e pittoresca per indicare il recupero dell'istintualità dionisiaca), ma un'umanità che ritrovasse la vitalità per creare tavole nuove, ma nuove in quanto obbedienti alla legge dell'eterno superamento di sè, bloccato per l'appunto dal nichilismo di origine cristiana, poi socializzatosi nel mondo degli schiavi salariati - che è il nostro. Nietzche non era per niente razionalista nè biologicista, ma semplicemente razionale (altro che irrazionalismo, come comunemente si definisce la sua opera). E la Ragione, maestra in tutte le epoche, prostituita oggi a Razionalismo tecnologico, vuole che uno pensi il futuro come eruzione continua di volontà di cambiamento, ossia di volontà di potenza. Un cambiamento ben ancorato, in realtà, alla Natura, eterno ritornante caos. La Ragione, quindi, fondatrice e amica della Libertà.
a.m.
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 19-02-2009 14:39

Io penso che sognare l'uomo nuovo sia sempre un pericolo, quando si sono teorizzate cose simili, i migliori progetti son diventati gli scempi più atroci...non sto dicendo che questo pericolo sia insito nelle tue posizioni ma in una lettura vitalistica del Filosofo tedesco in questione.
admin (Super Administrator) 19-02-2009 16:15

Uomo nuovo in quanto antico, in quanto eterno, in quanto naturale, caro Alberto... Nuovo in quanto diverso dall'attuale. Nessun giacobinismo, nessun modernismo, nel buon Nietzsche. Nè tanto meno in me.
a.m.
aragorn (IP:79.15.249.41) 19-02-2009 16:17

L'apparente maggior vastità del pensiero di Nietzsche, rispetto a quello di Evola, è dovuta in buona parte allo stile romantico del primo ed alla sua tipologia narrativa. In realtà Nietzsche sognava, in senso positivo ovviamente, ma il suo magnifico e commovente "onirismo", al quale lo stesso Evola si ispirò, mancava di una collocazione storico-antropologica che invece Evola seppe dare in maniera mirabile. Eppoi, particolare non trascurabile, Nietzsche fu un pensatore geniale, ma comunque elaborò le sue ineguagliate iperboli in ambito razionale. Evola fu uomo di "conoscenza". Le deviazioni ed anche le contraddizioni di Nietzsche di cui parla Alberto, furono dovute appunto a questi motivi. La vita di Nietzsche e la sua opera furono molto lontane e diverse, Evola applicò con il rigore del guerriero e dell'asceta buona parte dei suoi scritti. Lungi da me creare una contrapposizione che non esiste, anzi credo che i due autori siano la migliore accoppiata possibile per uno scuotimento interiore volto al raggiungimento della parte migliore di noi stessi, che generalmente dorme in attesa di essere svegliata, cosa che accade poco frequentemente in questa valle di lacrime moderna. In conclusione, credo che a Nietzsche ci si possa ispirare, mentre Evola va vissuto in maniera più dottrinaria e profonda. Sempre che lo si voglia, ovviamente.
amugnolo (Registered) 19-02-2009 21:18

Sono d'accordo con voi: le parole sono, o dovrebbero essere "pesanti, per cui anche i termini che vanno a definire cose importanti, quali ad esempio l'uomo. Colui che deve rappresentare un punto di arrivo fuori del pantano moderno e democratico, e di partenza verso le conquiste (o riconquiste)di civiltà, di vera vita, di integralità. Ad esempio, nell' I Ching del taoismo viene definito "Uomo Superiore".
Siccome capita che spesso la stessa cosa venga definita in maniera differente, vi propongo la definizione di "uomo integrale".
Fuschini, parlando di una Tradizione su fondamenti etnici (tra l'altro io avevo erroneamente letto fondamenti etici..), credo rispondesse ad un mio intervento riguardo alle civiltà antiche dove asserivo che erano frutto delle migrazioni indoeuropee. Credo che, se è così, converrà che gli indoeuropei non possono essere considerati un etnia.
Non posso che essere d'accordo con Marco per quanto attiene alla distinzione che lui propone dell'opera di Evola e di Nietsche, fermo restando
l'importanza che il pensiero di entrambi ha per noi. E, come altri su queste pagine, segnalo l'opera di Spengler per la capacità di realistica e lucida analisi della storia del pensatore tedesco.
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!