25 aprile/2
di Alessio Mannino
 
25 aprile 2009
 

 
Basta con l'archeologia dei morti

Diciamolo subito a scanso di equivoci: chi vomita l’accusa di “fascista” addosso al mal capitato che osi mettere in dubbio la santificazione del 25 aprile è lui, un fascista. Perché è vero, c’è ancora qualche reduce di Salò che a ottant’anni suonati difende la memoria sua e dei suoi camerati che volevano darci in pasto ai nazisti. C’è sì la spocchia degli ex missini La Russa, Gasparri e colonnelli vari, pervasi dalla voglia di rivincita sugli anni di segregazione imposta loro dal ghetto dell’arco costituzionale. Esiste pure un revival del Duce buonanima, delle opere del Regime e della minimizzazione di errori e orrori del Ventennio (basta andare in edicola e fra allegati ai giornali di destra e calendari col Capoccione a volte pare di essere a Predappio). E il revisionismo storico, per altro sacrosanto e foriero di polemiche grottesche (la storiografia in quanto tale deve essere revisionista), è certo diventato una moda editoriale su cui i Pansa e i Battista fanno fior di quattrini. Ma detto questo, l’intoccabilità talmudica con cui questa ricorrenza viene ammantata è fuori dalla Storia.
Non tanto, o non solo, perché la Resistenza si macchiò di episodi più delinquenziali che resistenziali: in guerra, e a maggior ragione in una guerra civile come fu quella combattuta nel ’43-45, il sangue innocente viene versato da entrambi i lati. E fatto salvo l’onore di quei fascisti che combatterono in buona fede per un’idea distorta di Patria, non c’è dubbio che il lato giusto era quello di chi si rifugiava sulle montagne contro l’invasore tedesco - monarchici, cattolici, comunisti o azionisti che fossero. Il vero difetto della necrofilia venticinqueaprilesca è un altro, e attiene alle conseguenze di quella fatidica data. Questo: perpetuare il mito fondante di una Repubblica che andrebbe smitizzata per intero e, ridotta com’è ad una gigantesca presa in giro degli stessi valori sui quali proclama di fondarsi, scardinata. A partire dalle fondamenta.
Generalmente si dice che la Liberazione nata dalla lotta partigiana ha portato la democrazia. Per cominciare, le truppe hitleriane sono state sconfitte soprattutto dagli Angloamericani. L’apporto dei resistenti italiani fu importante, ma militarmente nient’affatto decisivo. Cruciale fu invece la forza di rigenerazione politica e civile che i partiti riuniti nel Cln riuscirono a creare grazie al campo di battaglia. Campo successivamente insanguinato da vendette e rappresaglie di cui la macelleria messicana di Piazzale Loreto rappresentò il lugubre viatico, e che tuttavia conserva intatto il suo valore di riscossa popolare.
Nonostante ciò, la Costituzione del ’48 frutto del compromesso fra democristiani, comunisti e liberali azionisti produsse un regime che democratico lo era, e lo è rimasto, soltanto sulla Carta. Perché fin da subito, causa la mancata alternanza al governo dovuta alla minaccia di un Partito Comunista a metà fra una chiesa e una caserma agli ordini di Mosca, l’Italia fu presa in ostaggio dai partiti. Che come un tumore hanno moltiplicato il proprio potere abusandone al punto da svuotare la magna charta sostituendo la democrazia con la partitocrazia. La sovranità non apparteneva e non appartiene al popolo: è cosa loro, delle camarille partitiche legate a doppio filo coi grandi e piccoli interessi economici, che fanno e disfanno parlamenti nominati da loro e blaterano di problemi che riguardano solo loro – tutto, pur di restare al potere. La legge non è uguale per tutti: per alcuni, soprattutto per chi ha soldi, tessere, televisioni e giornali, lo è di più. Il lavoro non è fondante di niente e gli ostacoli affinchè l’uguaglianza sostanziale sia effettiva è una chimera: non si hanno ricordi di un Paese che solleva i poveracci dalle ingiustizie del dio mercato, se non coi metodi assistenziali e clientelari dello cosche di partito. E si potrebbe continuare a lungo, magari andando a scavare nel verminaio occulto dei veri padroni del vapore di ieri, di oggi, di sempre: le banche e le Borse. Caduto il muro di Berlino, sarebbe ora di abbattere quello di Wall Street e degli istituti centrali.
Sono cadute le ideologie, ma la sostanza rimane la stessa: viviamo sotto il tallone di oligarchie politiche, industriali, finanziarie e criminali che sanno ben mascherare i propri privilegi grazie ad un’informazione scimmiesca. La democrazia figlia della Resistenza non è mai esistita. Siamo passati da una dittatura nuda e cruda, quella di Mussolini, ad una dittatura morbida, che ci dà l’illusione di contare qualcosa lasciandoci infilare una scheda nell’urna e rincitrullendoci col biberon del benessere. E ci fa rabbia gridarlo, proprio per il rispetto che portiamo ai morti che caddero sperando per davvero nella Libertà. Ecco il motivo per cui non festeggiamo nessun giorno sacro a questa Repubblica vissuta nella menzogna: teniamo troppo alla parola “democrazia”, per farlo. E se ha un senso essere antifascisti, oggi, è perché il nuovo fascismo è quello che già descriveva Pasolini quarant’anni fa: l’idiozia consumistica di massa, che ci fa credere cittadini quando non siamo che sudditi. E’ con questo pericolo dobbiamo fare i conti, non col fantasma strumentalmente agitato dal destrismo e dal sinistrismo di regime per imbambolare il popolo bue. Basta giocare a partigiani contro repubblichini, per dio. Facendoci sorbire, come sovrattassa, la bolsa retorica per quel reperto archeologico che è il 25 aprile.  

Alessio Mannino
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Fabio Mazza (Registered) 25-04-2009 19:42

L'Italia, paese di una bassezza morale quasi senza pari, è da sempre impegnato nel "quieto vivere", nell'omologazione al potere forte del momento, in un disgustoso conformismo di massa che non conosce vergogna o coerenza (e l'8 settembre ne è davvero un esempio lampante).
Infatti non solo per anni la storia scolastica e i dibattiti mediatici hanno accreditato la contrapposizione manichea tra partigiani "buoni" e repubblichini (ma anche combattenti della decima mas che, al contrario di quello che credono i più non erano schierati sotto Salò e quindi fascisti, ma combattevano indipendenti, sia pur al fianco dei tedeschi) "cattivi", fuorviando la realtà e omettendo di ricordare le migliaia di vittime delle vendette dei "resistenti"; ma ancor peggio ha cercato di far passare il concetto per cui in Italia la popolazione si fosse ribellata in massa alla tirannide, sotto l'egida della libertà.
In realtà la plebaglia, dimentica o forse mancante da sempre, di un seppur minimo senso dell'onore e della dignità, non solo cambiò bandiera all'ultimo momento cercando di salvare il salvabile, ma rimosse in modo collettivo le sue responsabilità e l'entusiastica aderenza a quel regime che da allora in poi divenne il "male assoluto".
Inoltre quei valori, per cui molti sono morti, e che furono fissati nella carta costituzionale, trovarono forse applicazione concreta nel primo dopoguerra, ma oggi sono di sicuro lettera morta. E quel che è peggio non solo a livello politico e dirigenziale, ma proprio nella coscienza collettiva e nella morale del popolino suddetto, che non conosce più sentimento fondante o spirito di aggregazione che non sia il festival di Sanremo o la partita della nazionale, calpestando con le sue azioni quotidiane e con il culto del successo e del consumo, di cui l'attuale presidente è degna espressione, quei valori per cui oggi si dovrebbe festeggiare.
nibelunga2009@virgilio.it
nibelunga (Registered) 26-04-2009 09:57

Il solito Massimo Fini,puntuale,preciso,
logico,sferazante,inappuntabile,
incontrovertibile:in altre parole perfetto,non c'e' una virgola fuori
posto.Da stupirsi che il blog non sia
assalito dai soliti prepotenti e
intolleranti commenti di qualche dinosauro vetero-marxista con i suoi
vuoti schemi retorici.
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