Lavorare tutti, lavorare di più

10 luglio 2009

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L'accordo che i ministri degli affari sociali dell'Unione Europea, qualche settimana fa, hanno “faticosamente” raggiunto, contribuirà a fornire maggiore flessibilità al mercato del lavoro. L’orario settimanale è confermato nelle attuali 48 ore massime. Però si può arrivare a 60, se c’è l’accordo tra datore di lavoro e dipendente. Ci sono solo due ragioni per cui si può credere che ci sarà veramente un accordo, e non piuttosto un ricatto sotto minaccia di licenziamento: perché si è ingenui come bambini, o perché si è ipocriti e subdoli come serpi. A ognuno la scelta.
L’obiettivo apparente di queste legislazioni “libertarie” è semplice: combattere ad armi pari con la Cina ed evitare l’invasione dei loro prodotti.
In effetti la motivazione di lungo periodo ha sempre a che fare con l’Impero grigio (una volta era celeste, ma con l’inquinamento che hanno oggi...).  E’ tuttavia più complessa, più ambiziosa se vogliamo, ma è in realtà segno di grande cecità e di mancanza di visione.
Da una parte, la crisi ha mostrato che non si può drogare più di tanto un mercato pressando con inaudita violenza pubblicitaria il consumatore a darci dentro con acquisti a rate e indebitamento da carta di credito. Prima o poi il sistema salta, come è successo. Dall’altra parte, la Cina è il primo Paese che sta uscendo dalla crisi, ed è ormai chiaro che il modello vincente è il suo (un modello vecchio come il cucco: pagare poco e far lavorare tanto, per tenere i prezzi più bassi). Il mercato interno cinese entro pochi anni sarà più importante di quello europeo e forse anche americano, che sono realtà quantomai consunte. Lo stesso fatto di aumentare il lavoro e non i salari è l’indizio più chiaro che non si crede più che da noi si  possa tornare a crescere significativamente. Come tubi digerenti, siamo ormai obsoleti, consunti: bisogna fare troppa fatica per trovare e piazzare nuovi prodotti inutili. Il consumo non cresce.
Alle nostre aziende devono essere allora date le armi per poter competere non tanto con la Cina ma proprio in Cina, ossia conquistare ampie fette di questa nuova frontiera del capitalismo. Non difendere il nostro mercato, ma attaccare il loro. E per far questo, tutti devono adeguarsi agli standard sociali (quali?) cinesi.
La sostanza della questione, la morale se vogliamo,  è che i mercati sono essi stessi usa e getta, sono come vacche da mungere, terreni da spremere e sfruttare, finché non diventano aridi. Questo sistema industriale capitalista, nato e cresciuto nel ‘700 in Inghilterra, non può essere stabile, regge solo se c’è una crescita continua, incessante, è in equilibrio solo quando è  in accelerazione. Qualsiasi persona che abbia studiato un minimo di economia può confermarlo.
Per tornare ai pessimi effetti sociali della rincorsa alla Cina, possiamo illuderci che forse pian piano la legislazione sociale cinese diverrà più simile al welfare di stampo europeo. Forse, ma quando questo avverrà, sarà perché anche la Cina sarà ormai matura, avrà esaurito il suo ruolo “nutritivo” del vorace Sistema. E allora bisognerà conquistare il Sud America forse, o sarà la volta dell’India, e più tardi dell’Africa. Sempre ammesso che Madre Natura continui ad accettare di essere sempre più spremuta delle sue risorse, e non si rivolti piuttosto verso i suoi presuntuosi umani figli.
Gli europei (che sono quelli che hanno fatto il danno), stanno per ora seguendo passivamente la corrente, e questo decreto ne è una prova. Forse spetterebbe invece alla vecchia Europa, soprattutto nella sua componente mediterranea, dove 3.000 anni di storia hanno impedito all’isteria produttiva e consumistica di debordare, cominciare ad elaborare delle politiche, delle forme per sostituire questo sistema, e crearne uno più stabile. Lavorare meno per guadagnare meno e cominciare ad abituarsi a spendere di meno, riscoprendo l’essenza delle cose. Questa non è la morte del benessere. E’ questa, al contrario, la vera qualità della vita, e sempre più persone, nella società, stanno comprendendolo, uscendo dall’ipnotico cresci-lavora-consuma-crepa.

Antonio Gentilucci

Commenti
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kulma (Registered) 10-07-2009 11:38

post splendido.
"Lavorare meno per guadagnare meno e cominciare ad abituarsi a spendere di meno, riscoprendo l'essenza delle cose": è questa la giusta ricerca della felicità!
Andrea Marcon (Registered) 10-07-2009 12:08

In Inghilterra l'amministratore delegato della British airways, azienda ovviamente in crisi, ha chiesto ai propri 30mila dipendenti di lavorare gratis per un mese. Molti di loro hanno accettato. Questa del "consenso" è la nuova frontiera della "flessibilità", subdola e ipocrita come ben evidenziato nell'articolo: questa società ha prodotto dei servi supini e incapaci di ribellarsi come mai nella Storia.
Fabio Mazza (Registered) 10-07-2009 12:22

Bellissimo articolo caro Antonio, che riprende benissimo una necessità ideale che può divenire anche punto "programmatico" di MZ..35 ore lavorative?lavorare tutti, lavorare meno, meno denaro per consumi inutili? che ne dite?
Dartagnan (Registered) 10-07-2009 13:17

Mi sembra molto efficace e molto vera questa immagine di un mercato che è esso stesso vacca da mungere. Il mercato del lavoro è in esso uno dei mercati più importanti e in esso prosegue da molti anni un tentativo, direi riuscito, di livellamento delle condizioni di lavoro al ribasso, di un livello di salario sempre più infame e di un tempo di lavoro al contrario al rialzo. Nel nostro paese i giovani, le donne e gli immigrati sono stati sempre più usati per raggiungere lo scopo.
sercabras@gmail.com
Sergio (Registered) 10-07-2009 14:36

Mi unisco al generale apprezzamento per questo post che mi sembra cogliere dei punti centrali della situazione attuale come anche di cio' che gli si puo' contrapporre soprattutto a partire direttamente dalle nostre stesse vite.
Un sistema che e' in equilibrio solo quando accelera e' molto chiaro a cosa e' destinato: a consumare se' stesso e tutto cio' che lo circonda solo per ridurlo in cenere.
Mi sembra utile anche l'accenno al fatto che l'Europa e' piu' lenta a seguire la strada senza futuro tracciata dal polo piu' avanzato di questo capitalismo consumista grazie alla sua lunga storia: creare meccanismi senza futuro puo' anche venire dal non avere un passato.
Credo che stia qui il valore del richiamarsi a cio' che possiamo dire "tradizionale", cioe' non per pretendere di resuscitare cio' che ha fatto il suo tempo, ma per trarre linfa vitale di capacita' di consapevolezza, per rispondere in modo fondato e fondante alle situazioni sempre mutevoli, dallo spessore e dalla profondita' a cui puo' attingere chi ha una lunga storia. Come ce l'ha appunto l'Europa, come ancor piu' ce l'ha l'Asia e come l'hanno quei popoli tradizionali che non sono ancora stati del tutto stravolti. Come certamente non ce l'ha questa momentanea e insostenibile allucinazione storica a cui troppi sembrano ancora credere.

www.ecofondamentalista.it
antoniogentilucci@gmail.com
antonio.gentilucci (Registered) 10-07-2009 16:36

Ringrazio per i commenti!
Riguardo alla proposta di Fabio, io sono un sostenitore di una linea...positiva, nel senso di calcare molto su come ogni individuo può, con il proprio comportamento, cambiare la situazione. In un mondo dominato dal consumo, il consumatore ha più potere di quello che crede, se esce ...dall'ipnosi catodica!
baolros (Registered) 10-07-2009 20:30

Parlando in ufficio con il mio capo.

Capo:Ma tu non fai mai straordinari?
Io: No, sai come la penso.
Capo:Bè, potrebbe farti comodo qualche soldo in più.
Io: Certo. Ma preferisco rinunciare all'acquisto di cavolate e avere qualche ora in più per la mia vita.


E questo che intendevi, giusto?


antoniogentilucci@gmail.com
antonio.gentilucci (Registered) 11-07-2009 09:30

Giusto !!!
roberto.marrocchesi@tele2.it
marrocchesi (Registered) 11-07-2009 13:57

ottimo pezzo. L'idea del lavorare meno, ma aver tutti un lavoro, è socialmente logica e raccomandabile, in una societa al minimo di giustizia dove il bene collettivo fosse un po meno protestante e disgustosamente competitivo come da modello anglo-americano presente, vedi la serie, mors tua, profitto mio. Unica obiezione,contesto la speranza del resto remota come anche per l'Autore, di una svolta nell'innalzamento del sistema welfare orientale: ciò infatti non è nemmeno avvenuto ancora nei prosperi Giappone, Taiwan e Sud Korea, perché welfare è del tutto estraneo alla mentalità di quei popoli, come pure i concetti di democrazia e di libero arbitrio individuale. Che abbiano capito tutto?
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