Il pugilato, sport "antimoderno"

di Fabio Mazza

18 settembre 2009

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È di alcune settimane fa la morte di Arturo “thunder” Gatti, pugile italo-canadese, ex iridato dei superleggeri, e uno dei pugili più interessanti degli ultimi 20 anni. Le circostanze della morte non sono state del tutto chiarite, ma sembra che la responsabile sia la moglie, che, da quanto riportato dai tabloid avrebbe colpito l’ex campione alla testa e l’avrebbe strangolato. Non è chiaro il movente. All’origine sembra questioni passionali.
Immediatamente si è scatenato sui blog e sui giornali anche nostrani (repubblica come al solito) la stigmatizzazione del mondo della boxe, mondo brutale, sordido, popolato da picchiatori di periferia, che smessi i guantoni, non riescono comunque a reinserirsi in “società”. Subito dopo, seguono i commenti allarmati di medici dello sport che sentenziano che il pugilato è uno sport pericoloso, i colpi fanno male (la scoperta dell’acqua calda), è diseducativo e violento, gli fa eco l’associazione dei genitori, preoccupati di vedere i loro figli darsi alla bruta pratica.
Tutto questo coro di critiche che piovono da questa congrega di “moralizzatori”, di salutisti, di pedagoghi ecc. , è un ulteriore espressione del tentativo di cancellare ogni istinto vitale del maschio, seppur ritualizzato; di cancellare la sua parte più istintuale, più cruda, meno politically correct. Oltre ad essere espressione di profonda ignoranza, dimostrando, questi “esperti” di non aver non solo mai calcato il quadrato, ma di non conoscere nemmeno lontanamente l’ambiente del pugilato.
La mia esperienza con la boxe cominciò quando avevo diciassette anni. Fisicamente ero un tantino sovrappeso, antisportivo, senza un grande autocontrollo su me stesso e sulla mia vita di adolescente. Fin da piccolo sono stato sempre attratto dalle figure dei pugili, dal coraggio di figure leggendarie come La motta, Marciano, Cerdan, Ali.
La mia curiosità mi spinse a varcare un giorno le porte della palestra locale, dove insegnano due grandi pugili che sono stati campioni mondiali, e altri ex professionisti meno blasonati, perché la mia città ha una forte tradizione pugilistica. Ricorderò sempre quello che mi colpì di quel luogo: l’odore di sudore, della pelle usata dei guanti, dei sacchi, le foto di match alle pareti, il sentore di fatica e sacrificio era quasi percepibile nell’aria.
Era, come tante palestre di pugilato nel mondo, un luogo, “per soli uomini”. Uno dei pochi posti che avevo fino a quel momento incontrato, dove, come nei “gymnasium” greco-romani, si incontravano e scontravano uomini, alla ricerca di una sfida con se stessi e di un miglioramento personale, al di la della dimensione meramente fisica. 

Quello che mi insegnò la boxe nei tre anni di pratica semi agonistica che mi impegnarono sono valori veri. Valori desueti nel mondo attuale, cosi attento alla salute, al non sporcarsi, al non compromettersi, al politicamente corretto, alla pusillanimità. Un mondo dove le scorciatoie sono ben viste e vengono proposti come idoli ai giovani, personaggi che hanno fatto la loro “fortuna” con l’inganno e il raggiro, o prostituendosi (fisicamente o moralmente non importa).
Un mondo che vede ogni forma di confronto, anche il meno serrato, come evitabile, che è disposto a farsi calpestare piuttosto che difendere la propria dignità e le proprie ragioni, anche, se occorre, con la forza.
Quando sali sul ring, sei da solo contro l’avversario, ma più sottilmente, sei da solo contro te stesso. Quello che la boxe insegna è che i problemi nella vita non possono essere evitati, nè aggirati con facili scorciatoie, perché il ring (come la vita) è un universo finito, un palcoscenico, dove si alternano una vasta gamma di sentimenti umani, dal coraggio alla vigliaccheria, dal senso di sacrificio alla generosità.
Il rapporto che si crea con chi ti cresce, ti segue, ti dedica il suo tempo e le sue energie, con l’allenatore o maestro che dir si voglia, ha qualcosa dell’antico legame maestro-discepolo. Nulla a che vedere con lo squallido allenatore di quelli che ormai si chiamano “centri fitness” con insipido e anglofono termine. Quando il maestro insegna, trasmette qualcosa di sé: la sua tecnica, la sua esperienza, il suo personale stile, e anche qualche trucco del mestiere, che solo lui conosce.
Ho avuto la fortuna di essere “cresciuto” da un grande uomo, una persona che anni fa lasciò la natia Argentina, per cercare fortuna da queste parti; un uomo che mi ha aiutato a superare i miei limiti, e mi ha insegnato valori forti: non arrendermi, credere in me stesso, non mollare fino alla fine, la dedizione per l’obbiettivo, il sacrificio, la devozione, il valore anche pedagogico del dolore.
Posso dire, francamente, che quest’uomo è stato come un padre per me, e so che in tanti altri casi è stato cosi, per tanti ragazzi che senza questo sport, sarebbero davvero rimasti nella strada da dove venivano, paria di una società del benessere e politicamente corretta, che non trova però nulla di male a rincoglionirli di televisione e del mito del successo facile.
Si parla di sport violento. Ma nella mia esperienza agonistica e da spettatore, non ho mai visto “tifoserie” arrivare alle mani, o insultarsi, nonostante i palazzetti dello sport si infiammino per una combinazione ben assestata, o per un verdetto ingiusto. Ho visto al contrario un grande rispetto per il proprio avversario, in cui anche il pugile meno colto e più bruto, vede riflesso se stesso. Mai ho sentito dire da un allenatore "ammazzalo! È un nemico! Distruggilo!" Sempre ho visto i pugili abbracciarsi dopo minuti in cui se le erano date di santa ragione. Spesso ho visto ragazzi non risparmiarsi sul quadrato, ma a fine incontro andare a bere insieme agli avversari e complimentarsi.
Nel molto più civile calcio, quello dei calciatori fighettini, degli sponsor, delle veline e delle ragazze che si accalcano per questi “idoli” che sono capaci solo di lamentarsi e di vendersi per qualche soldo in più, che non conosco più l’attaccamento ad una maglia o ad una bandiera, quali sono i valori orientativi?
Ho visto, e tutti lo sappiamo, tifoserie, grandi e piccole, di grosse squadre come di squadrette di provincia, arrivare alle mani, insultarsi, con un odio bieco che non trova spiegazione. Addirittura nel calcio ci sono spesso morti tra i tifosi.
Ma l’aggressività, e la brutalità, morale prima che fisica, oltre l’assenza di valori che facciano crescere chi lo pratica, che si vede nel calcio, non si è mai vista in nessun altro sport: è questo è quello che incarna i sogni dei ragazzi, quello che vorrebbero diventare, le loro aspirazioni. Questi sono i modelli da seguire.
Non vedono questi “esperti” la violenza sottile, che ogni giorno dal tubo catodico investe i nostri giovani e i nostri bambini: dalla pubblicità, dagli squallidi reality show e dalla televisione spazzatura voluta dal papi nazionale e dai suoi epigoni.
Non capiscono che è molto più pericoloso e violento il nulla valoriale ed esistenziale trasmesso da quella che Karl Popper chiamava “cattiva maestra”, che non il confrontarsi con se stessi e gli altri, infilando due guantoni. Non vedono questi genitori preoccupati, che i veri danni per la società non vengono da due ragazzi che ritualizzano, in un confronto secolare, il più naturale e gioioso antagonismo, ma dai disvalori a cui abituano i propri figli, alla mancanza di rispetto per certe figure sociali, al non assumersi mai responsabilità, al non schierarsi mai in difesa delle proprie idee e del proprio Io più vero, ma di accettare spesso il compromesso come squallido modus vivendi.

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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 19-09-2009 09:49

Da quanto scrive Fabio deduco che il suo maestro di pugilato è stato Duran, un campione che vinceva più per la tecnica che per la potenza del pugno. Tuttavia conobbe il dramma di veder morire un avversario sotto i suoi colpi. Nonostante tutto ha incoraggiato anche i suoi figli a intraprendere la carriera del pugile. Queste brevi note servono a delineare la tipica immagine del pugile come una sorta di "eroe" moderno. Credo però che tutti gli sport siano una forma di guerra ritualizzata e sublimata, con quella componente premoderna di "eroismo" su cui Fabio ci invita a riflettere. Tuti gli sport, compreso il calcio, esigono agonismo, abnegazione, sopportazione della fatica e del dolore, spirito di squadra che subordina l'individuo al collettivo. Tutti gli sport, compresa la boxe, sono stati degradati dalla dittatura dei mercanti e degli usurai che ci avvolge tentacolare e ci soffoca. Per il business nella boxe si moltiplicano le categorie di peso e le federazioni internazionali, per cui per ogni categoria sono contemporaneamente riconosciuti diversi campioni del mondo. Bastano 10 incontri vittoriosi perché a un pugile sia data l'opportunità di combattere per un titolo mondiale ampiamente svalutato. Non illudiamoci. Niente è al riparo dalla marea crescente del putridume.
daniela (Registered) 19-09-2009 13:29

Premetto che non mi intendo di pugilato e non conosco la storia e la cronaca di Arturo Gatti. Sono stata molto colpita dall'incipit dell'articolo di Fabio, perché non mi sembra del tutto centrato rispetto allo scopo che sembra avere, ovvero quello di ricordarci che nella nostra società i valori autentici di questo sport, ma poi di qualunque sport , come ribadisce giustamente Luciano, si sono persi. Non solo i valori sono stati inquinati ma le funzioni, gli scopi educativi, i modi di rapportarsi, direi anche i modi di seguire da parte del pubblico. Se la moglie ha strangolato quest'uomo, non questo pugile, evidentemente si tratta di un caso di cronaca drammatico e anche un po' anomalo, dato che nella maggioranza dei casi ancora oggi sono i mariti ad ammazzare le mogli. La mia non vuole essere una difesa di genere, una sorta di eterno vittimismo delle donne, che oggi secondo me ha meno ragion d'essere che nel passato. Ho avuto l'impressione che questo esempio utilizzato servisse in realtà di pretesto per dire che questa società si è femminilizzata, perciò è svanito il mito dell'eroe, si va cancellando ogni istinto vitale del maschio, e così via, fino ad assistere ad un vittimismo all'incontrario. Mi sembra molto giusto che gli uomini riflettano su loro stessi e su quello che vogliono essere, ma vorrei dire che non ci si deve salvare dall'annegamento calcando sulla testa della persona a cui si sta aggrappati. Il processo di mercificazione dell'umanità di questa nostra società è per me il più importante responsabile del degrado, tocca anche gli uomini, ribellarsi è interesse comune di uomini e donne. Spero che le riflessioni servano ad un dialogo più autentico, ad un'alleanza, e non ad un nuovo, o riformato, o riformista maschilismo.
stediludo (Super Administrator) 19-09-2009 17:18

Forse non sfuggirò al pericolo di cadere nel solito e trito lamento sulla mascolinità - e complementarmente femminilità - perduta, così come al pericolo di dire solite e trite banalità; ma credo che il vero problema sia piuttosto quello della perdita di tutto, ovvero della perdità della "differenza", della "pluralità" che sole rendono ricco ed interessante il mondo e la vita. Il problema non è che la nostra società si sia femminilizzata, ma che abbia smarrito, appunto, ogni senso della diversità e della ricchezza che essa rappresenta. E ciò, come sappiamo, non vale certo solo in riferimento ai generi, ma un po' a tutto: alle culture, ai popoli, alle razze (lungi da me nel dare valenza biologica a tale termine). Insomma, viviamo nell'epoca del culto dell'univoco, dell'omologato, dello standardizzato: per dirla un po' semplicisticamente, oggi non ci sono né più "uomini" né più "donne", come non ci sono né più occidentali né orientali, né bianchi né neri: ci sono solo non meglio identificati automi, monadi interscambiabili quali ingranaggi dell'Apparato tecnico planetario. Ecco perché oggi tutti, uomini e donne, bianchi e neri, vecchi e bambini abbiamo diritto a fare le stesse cose, gli stessi lavori (e gli stessi sport: fino a qualche tempo fa solo al pensiero di vedere due donne che se le davano di santa ragione su un ring avrebbe fatto venire la pelle d'oca, alle donne in primis), perché siamo appunto diventati tutti "uguali". Tempo fa Umberto Veronesi, uno dei più ascoltati guru del nostro tempo, disse che ormai l'umanità, anche dal punto di vista strettamente biologico, va verso una sempre maggiore indifferenziazione, ovvero le differenze e quindi le identità sessuali, di genere, razziali, psichiche, culturali, simboliche su cui finora si sono rette le sorti della civiltà sono destinate a scomparire, a favore di una nuova identità "generica", amorfa, più o meno la stessa per tutti. E il bello è che il Veronesi di ciò si rallegrava, ciò costituiva per lui una manifestazione di progresso, di emancipazione. A me tutto ciò fa soltanto paura. Fa soltanto ribrezzo.
Giovanni Marini (Registered) 20-09-2009 09:46

Apprezzo molto quanto scritto da Fabio e più genericamente parlando lo spirito degli sport pericolosi. E ce ne sono di più pericolosi del pugilato, ma forse il pugilato viene criticato proprio per il suo carattere di archetipica brutalità. Mi disgusta invece la melensa retorica sul valore e preziosità della vita o sul fatto che ogni persona non possa disporne liberamente della propria. C'è una caduta di tensione, di ardore, di sanguigna vitalità nella società di oggi che va di pari passo con la confusione di ruolo tra i sessi. Sono stati osservati fenomeni di femminilizzazione tra gli adolescenti maschi, non solo nell'aspetto fisico, ma anche ridotta produzione di spermatozoi e fertilità le cui cause sono poco chiare, forse la presenza di ormoni negli alimenti (si pensi agli omogeneizzati), ma anche disvalori culturali hanno a mio avviso la loro importanza. Il ricorso alle droghe diffuso oramai in tutti i ceti sociali, è forse una risposta autolesionista a questa mancanza di rischio, di sfida, di coinvolgimento emotivo nell'esistenza che caratterizza la società.
aragorn (Registered) 20-09-2009 14:10

Belle riflessioni di Fabio e condivisibili commenti di Stefano e Giovanni Marini. Di quest'ultimo mi sembra molto interessante il tipo di approccio al problema della droga. Lo invito a scrivere un articolo sul tema, da pubblicare sul nostro blog (i direttori perdoneranno l'irrituale richiesta).
max (Super Administrator) 20-09-2009 15:39

Uno dei due direttori perdona ;-) e rilancia a giovanni marini, se vuole e se se la sente, la proposta di aragorn (anzi, in realtà il tema della perdita di identità sessuale è molto interessante, e un eventuale articolo sulla droga può essere allargato anche a questo tema).
Giovanni Marini (Registered) 20-09-2009 22:56

Sono molto onorato e ringrazio ma devo declinare l'invito.
Fabio Mazza (Registered) 21-09-2009 09:55

Per Daniela

L'incipit del mio articolo, voleva essere semplicemente una contestualizzazione, per incentrare la riflessione successiva su un avvenimento che aveva fatto scalpore e suscitato subito lo scandalo dei media benpensanti.
Per quanto riguarda quello che sostiene Luciano e anche tu, che tutti gli sport richiedano valori, questo è vero solo in senso lato.
In senso stretto, vi è tutto un "codice morale" che viene insegnato con la boxe (ovviamente non dico che tutti i pugili abbiano tale codice; mi riferisco alla tradizione pugilistica di alto livello) che è alieno ad altre realtà sportive.
In primis perchè, al contrario di molti altri (a parte il tennis che però non presuppone gli stessi rischi, nè viene dalla stessa realtà sociale) è uno sport individuale, dove la responsabilità per tutto quello che succede, comincia e finisce con il tuo impegno, la tua devozione al sacrificio, il tuo coraggio.

In secondo luogo, perdona la mia "apologia" del maschio, essere decaduto che ormai può essere solo "cantato" come in un poema omerico, ma la realtà è che la situazione di decadenza in cui viviamo, è in primis colpa nostra, che abbiamo derogato troppo spesso ai nostri doveri, che abbiamo perso la nostra dirittura e la nostra virilità, per delegare ruoli che erano (e devono rimanere) nostri al femminile (quando proprio non li abbiamo lasciati, drammaticamente vacanti, come nel caso dell'assenza, ormai cronica, della figura del padre, come latore di senso della vita e di alti valori).
La riflessione dovrebbe essere duplice: da un lato quella maschile di cui sopra; dall'altro la riflessione di tutte le donne degne di questo nome, le vere femmine, a cui molti "omuncoli" moderni dovrebbero inchinarsi, sull'opportunità di scimmiottare il maschile per sentirsi realizzate (solo in apparenza) e sulla crisi della femminilità che segue parallelamente quella del virile.
Fabio Mazza (Registered) 21-09-2009 09:57

Per i direttori..
Vista la rinuncia del buon Marini, se la cosa può interessare la tematica generale droghe-società moderna, anche con l'approfondimento dell'ipotesi tracciata da Giovanni, la posso sviluppare io, previa riflessione generale e articolata..
daniela (Registered) 21-09-2009 14:38

Sono un po' perplessa , Mazza, riguardo alla tua affermazione, che le donne degne di questo nome, le vere femmine, si sono perse, prevalendo quella di una sorta di mostriciattoli, "omuncoli" che hanno sottratto agli uomini le loro prerogative, le loro responsabilità, non per colpa loro, ma per una sorta di decadenza autonoma della virilità, legata al senso del rischio, e tutto il resto. A me sembra che intorno ci sia di tutto e di più: donne supergrasse e supermagre, donne mascolinizzate e donne supersexy, sempre eccessive comunque. A me sembra che i guasti più grossi li abbia fatti una immagine stereotipata della donna bella e di successo, aggressiva e con i tacchi a spillo, donna manager in carriera, che schiaccia l'uomo con la sua superiorità fisica e mentale. Questa immagine è stata costruita prevalentemente da maschi, sulle passerelle mondane e di moda, nei fumetti, nei film, e così via. Molte donne hanno raccolto la sfida e hanno cercato di approfittare tante volte delle situazioni, con merito o con colpi bassi. Non è questo che cercava un certo tipo di movimento delle donne, ma questo è ormai è acqua passata, non macina più. Le donne devono secondo me ritrovare il bandolo della matassa quanto gli uomini, che giustamente, pensano la cultura d'oggi, piena di disvalori, per ritrovare se stessi.
Fabio Mazza (Registered) 21-09-2009 17:20

Forse sono stato frainteso..
Sostenevo quello che dici tu..che l'uomo è colpevole della sua decadenza..e di aver non solo indotto la donna ad occupare ruoli che non le sono naturali (e che le creano nevrosi in realtà), ma anche di averlo lasciato fare, rendendo cosi infelice se stesso e la donna.
La colpa del disastro nei generi attuale è in primis dell'uomo e del suo attaccamento morboso alla donna (che sia madre, moglie, compagna o puttana che dir si voglia). Potremmo dire che questa è, salvo l'apparenza del maschilismo vagheggiata da qualche ex femminista, "l'era della madre" (vedi femmineo-tellurico). L'apparente machismo dell'uomo non deve ingannare. Egli è solo un bambino che alza la voce. Ne è riprova la cronaca che ci riposta casi di uomini che perdono la "ragione" è fanno delle stragi per essere stati abbandonati dalle loro donne.
martiusmarcus (IP:79.30.42.83) 21-09-2009 17:54

Vorrei fare una delle mie solite provocazioni:
amici di MZ, fateci caso: questo è uno dei rarissimi post che vede da queste parti una presenza femminile, e proprio di Daniela che se non sbaglio ha scritto in passato - inascoltata - altre cose sensate, sempre al proposito di uno dei "campi minati ma rimossi" di MZ: il contenzioso maschi-femmine. Vi dice niente che il cinquanta per cento del cielo, da cui dipendono sicuramente in percentuale molto maggiore i nostri piaceri e i nostri dispiaceri,i nostri desideri e le nostre angosce, sia QUASI COMPLETAMENTE ASSENTE DA MZ? La cosa vi lascia indifferenti, o c'è qualcosa che non va sotto le mutande di Movimento Zero? Ci si può contentare di quello che Massimo Fini ha scritto fra il serio e il faceto su un Gazzettino di non so quanti anni fa? Lo so, amici cari, che non desiderate affatto che qualcuno lo tiri fuori, questo problema, ma io sono qui apposta per rompere. E rompo, naturalmente volendovi bene.
Sergio (Registered) 21-09-2009 21:28

Non per rompere anch'io, ma Martiusmarcus ha ragione a sottolineare l'importanza di un punto importante e delicato quanto poco frequentato in questo forum: una delle cose che piu' di altre fanno della Modernita' la Modernita' e' lo stravolgimento dei ruoli tradizionali maschio-femmina col risultato dei confusi rapporti attuali uomo-donna, dei molti segni di femminilizzazione della societa' ecc.. per cui si tratta di un argomento che e' centrale affrontare (non solo nella vita in generale perche' altrimenti qualsiasi visione delle cose e' solo molto parziale)ma proprio e specialmente per una critica approfondita della Modernita', di cio' che ne e' all'origine, che la sostanzia e che la continua ad alimentare.
Senza farla lunga per ora, se a qualcuno interessa (ed ha voglia di perderci un po' di tempo, perche' e' un po' lunga) ho scritto al proposito una riflessione che si trova sul mio sito:
http://www.ecofondamentalista.it/maschile_femminile.htm
Un argomento senz'altro da riprendere - grazie (finalmente) ad una donna che ha voluto intervenire.

Fabio Mazza (Registered) 21-09-2009 21:57

Scusa Marcus (bentornato tra l'altro)..ma a cosa ti riferisci esattamente quando partli della mancanza femminile da MZ come un problema?
A mio parere è una logica conseguenza di un progressismo-femminismo presente nell'attuale società, per cui chiunque provi solo a parlare di ruoli, di terra e cielo, e di ricordare che le donne (come gli uomini) hanno dei ruoli ben precisi che non devono essere trascesi, viene immediatamente taciato di essere nell'ordine: un maschilista, un patriarcale, un fascista, un frustrato (non si capisce perchè una persona che pensa questo debba essere frustrato) e via dicendo, come se frequenti il forum di "come don chisciotte" avrai avuto modo di notare dai commenti all'articolo del "puttaniere" Barnard..

Il rimarcare ruoli ben precisi e la frase "ognuno al suo posto" non significa che l'uomo debba prevaricare la donna, o che ella sia meno importante dell'uomo, ma che sono semplicemente complementari, e che se la luna decide all'improvviso di volersi fare sole, si crea uno squilibrio che ha effetti sull'intero cosmo.
martiusmarcus (Registered) 22-09-2009 09:37

A Sergio. Non dubitavo della tua sensibilità sull'argomento, avevo letto come avevi affrontato il problema maschi-femmine con la tua solita buona volontà sul tuo sito www.ecofondamentalista.it (A proposito: perché è sparito il LINK ECOFONDAMENTALISTA dal sito di MZ????).
A Fabio. Innanzitutto bentrovato a te. Andiamo nel merito: ogni buon tradizionalista fa una istantanea dell'infanzia di suo nonno e guardandola ammirato esclama: "Questo è il mondo come deve essere, così è in natura: perché me lo hanno rovinato?". Alcuni tradizionalisti non si fermano al nonno, ma vanno ancora più indietro. Come faccio a conoscere così bene i tradizionalisti? Perché se mi guardo dentro ne trovo uno molto sanguinante e piagnucolante: il me stesso che ha ancora gli occhi di quando era bambino. Mi ricordo bene le donne come erano cinquanta anni fa: una meraviglia... il ticchettare dei tacchi sui selciati, l'ondeggiare di mille gonne a primavera... Quel mondo - svegliamoci - non esiste più. Le donne non sono più così, e non torneranno più a essere così. Il problema purtroppo non è solo estetico, come insegnano quegli indici che fotografano l'attuale contenzioso uomo-donna: percentuale di omosessuali, di divorzi, di consumo di stupefacenti, di stragi familiari... mah sì, mettiamoci anche le escort...
Che fare allora? Vedi, Fabio, il tuo intervento lo potrei tradurre così: i ruoli maschio-femmina ci sono già, basta riprenderli e tutto torna a funzionare come prima del Grande Deterioramento Moderno. Non è così: i ruoli non ci sono più (e forse non c'erano neanche prima della Modernità).
Cosa chiedo a MZ? Almeno di fare come Sergio nel suo sito, e di affrontare al riguardo almeno la propria Ignoranza (nel senso di ignorare). Glielo chiedo con grande affetto.
Fabio Mazza (Registered) 22-09-2009 10:41

Non credo sia solo un problema di generi, assolutamente.
Credo però che la perdità di senso di responsabilità verso i propri ruoli e doveri (intendimi bene NON NEL SENSO BORGHESE E MORALISTICO DEL TERMINE), sia all'origine di molti guai dell'ATTUALE società.
Ora, già negli anni 50 e ancor prima negli anni 20, come più profondi conoscitori della storia e dell'animo umano di come sono io hanno rilevato, la società mostrava i sintomi di una decadenza e vedeva già compiute tutte le abberazioni che noi denunciamo, quando ci proclamiamo, in modo altisonante, "antimoderni".
Il problema è però che il processo ha subito un'accellerazione incredibile con il 68 e con la cosidetta "liberazione sessuale", che lungi dall'aver liberato qualcuno dai ceppi dello spregevole moralismo antivitalistico cattolico, ha in realtà creato una società malata di sesso, una società in cui la donna è diventata merce nel vero senso del termine, usata per pubblicizzare qualsiasi tipo di prodotto come se fosse una bistecca.
La cosa più preoccupante è che anche il maschio ha cominciato la discesa su questa china di pseudo-libertà.

Sono peraltro d'accordo con la tua analisi, ma il fatto che le cose non vadano più come DEVONO andare, perchè una società sia sana e organica, non deve far si che noi ci si appiattisca su un "egualitarismo" di maniera, quello delle anime belle che sono poi i primi e più feroci sessisti.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 22-09-2009 10:57

Per cercare di dare qualche risposta è essenziale formulare correttamente le domande. In questa discussione la domanda è: le innegabili differenze di natura, biologiche, fra uomo e donna, comportano anche differenze di attitudini e di ruoli sociali o no? La risposta di tutte le culture e di tutte le religioni è sempre stata:Sì. La modernità, nei suoi esiti estremi entro i cui confini la sorte ci ha condannati a vivere,risponde:No. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, nel panorama desolante della nostra vita. Anche in questo caso antimodernità non significa né oscurantismo né puro e semplice ritorno all'antico, che troppo spesso fu predominio oppressivo dell'uomo sulla donna. Martiusmarcus giustamente ci ricorda che il mondo di un tempo non tornerà più perché ci sono delle cesure nella storia che lasciano un segno duraturo. Noi vorremmo un tipo di cultura, intesa come mentalità dominante e come costume, che rispettasse una diversità dei ruoli in cui non ci sia predominio ma reciproco riconoscimento delle rispettive prerogative e dei rispettivi limiti, nell'uguale dignità di persona e di cittadino. A questo dovranno giungere autonomamente le stesse donne, quando saranno consapevoli di quanto siano più infelici, più nevrotiche, più oberate da impegni, da quando hanno assunto comportamenti e funzioni maschili.
kulma (Registered) 22-09-2009 12:21

sull'argomento ho trovato molto interessante questo articolo preso dal sito terranauta:

http://www.terranauta.it/a1084/decrescita_felice/donne_alla_ricerca_della_felicita.html

p.s. è vero! perchè è scomparso il link di ecofondamentalista? considerando anche il fatto che è uno dei pochi siti che "linka" movimento zero.
buona-onda@libero.it
ottavino (Registered) 22-09-2009 15:50

Vi offro una possibile lettura "alimentare" della faccenda maschile-femminile.
1) I nostri corpi non sono che cibo trasformato.
2) Negli ultimi 50 anni è degradata moltissimo la "qualità intriseca" degli alimenti.
3) Sono stati introdotte quantità di sostanze in grado di incidere sulla costituzione dell'uomo (zucchero, farmaci, addittivi, ecc).
4) Riflettiamo: che tipo di uomo(maschio) può venire fuori cibandolo di Estatè, merendine, gelati? Si comprende perchè il maschio che viene fuori con questa "cura" è facilmente omosessuale?
5) Sarà sempre peggio. La prossima generazione saranno il 50% omosessuali.
Fabio Mazza (Registered) 22-09-2009 16:52

La lettura alimentare la vedo un po forzata, ottavino..anche perchè l'omossesualità è anche un fatto culturale e di società, e non solo biologico..omosessuali ce ne erano tanti anche un tempo, molti non venivano allo scoperto per il giudizio devastante che la società aveva su di loro..
P.S. credo che un Uomo sia tale, qualsiasi sia la sua dieta..è ben altro che gli manca..
ottavino (Registered) 22-09-2009 17:49

Fabio, giovanetti efebici ce nè a vagoni. MOLTI più che in passato. Confronta le facce "selvatiche" degli attuali ottantenni, con quelle dei giovinetti. Osserverai che una certa "grinta", una certa "durezza" è perduta (eccezioni ce ne sono, però). L'attuale uomo è effemminato, a gradi diversi, ovviamente, ma è così.
Capisco che l'idea di indagare la condizione "biologica" umana quale fonte di cambiamenti sociali può sembrare strana, ma io invece coltivo roprio questo genere di considerazioni.
martiusmarcus (Registered) 22-09-2009 18:24

Ottavino, permettimi: hai una capacità di osservazione almeno pari alla "creatività" con cui cerchi le cause di quello che osservi: il cibo però c'entra ben poco, forse qualche estrogeno in più, ma gli ormoni influiscono più sulla fertilità che sulla scelta di genere.
Per Kulma: la segnalazione del sito terranauta era molto puntuale e dà l'idea di quanto sarebbe utile un contributo di quelle donne che sono rimaste o vorrebbero rimanere femmine.
Insisto con i Direttori: perché è stato cassato il sito del WWW.ECOFONDAMENTALISTA:IT ?????
Fabio Mazza (Registered) 22-09-2009 18:42

Il biologismo lascia il tempo che trova..l'unica differenza con i nostri nonni è che nel novanta percento dei casi la nostra alimentazione è migliore della loro (non guardiano alla merda che CI POTREBBE essere dentro) ma alla varietà dell'alimentazione.
Per quanto rigurda i tratti più "delicati" dei giovani è anche questione di una marcata cura della persona, che un tempo era considerata "cosa da donne", forse a ragione, non tanto di una evoluzione biologica, che, ammesso e non concesso, avrebbe tempo di evoluzione molto piu lunghi di 50 anni.
ottavino (Registered) 22-09-2009 19:36

Io dico solo che l'uomo "pane (prosciutto) e vino" era l'uomo italiano dei secoli scorsi. Oggi c'è un "pane e nutella"(e molto altro).
Non intendevo parlare di evoluzione biologica. Forse ho sbagliato i termini.
Quello che vorrei dire è che la modernità è un attentato alla nostra robustezza. Nella modernità si è spinti verso la debolezza, l'inattività. Verso il consumo di cibi raffinati, insulsi, nocivi. Che si sia robusti e sani non è interessante per le case farmaceutiche. Se vuoi essere robusto e sano devi pensarci da solo.
Quale può essere una differenza tra un adolescente di oggi e uno di 200 anni fa? Che l'adolescente di oggi non sto qui a dire come si ciba, tanto lo immaginate. Quello di 200 anni fa mangiava pana, pane, pane...un pò di pollo...frutta, verdure...niente banane, caffè, merendine Ferrero....penso che l'industria dolciaria Ferrero andrebbe portata davanti a un giudice e accusata di crimini contro l'umanità...
martiusmarcus (Registered) 22-09-2009 19:52

Forse trincio giudizi, forse sono troppo drastico. Ma è incredibile quante persone di buon senso non riescano a credere a ciò che pure sta davanti agli occhi di tutti... Dobbiamo diventare tutti omosessuali,perché alla fine si ammetta che sono in aumento? E' una favola che si vedano più omosessuali perché oggi non c'è più bisogno di nascondersi. La sessualità è una costruzione sociale, tutti quelli che l'hanno studiata sanno che di naturale c'è ben poco. Può non essere piacevole da sapere, ma niente dei nostri comportamenti sessuali è esente da possibili modifiche da parte dell'uomo, e il cibo - mi spiace, ottavino - c'entra come i cavoli a merenda. O come lo yin e lo yang - e qui chissà quante me ne tiro addosso, di filo-orientaleggianti o teosofici, ma vabbè...Poiché, volenti o nolenti,la verità è questa: la sessualità - e perciò anche la scelta di genere - si modella sulla struttura socio-economico-familiare in cui è immersa.
Non vorrei insistere, ma perché è stato cassato Ecofondamentalista ed è rimasto Benetazzo? Può servire a giocare in borsa?????
Fabio Mazza (Registered) 22-09-2009 21:40

Socio-economico-familiare?
Hai letto troppo marx e freud, Marcus..
D'accordo sul sociale, nel senso che, tempo fa, nell'antichità, l'omossesualità era non solo praticata ma anche incoraggiata e ben vista, mentre le donne erano viste solo come strumenti di riproduzione..dal battaglione sacro di Tebe, agli spartiati, alla via dell'amico giovane dei samurai, alla tradizione di Roma..
E la chiesa cattolica che ha introdotto il tabù dell'amore omo, perchè cozzava contro la sua visione del sesso come mero atto riproduttivo, avulso dalla cornice non solo meramente carnale e di piacere (che nell'atto omo è l'unica molla essendo esclusa la riproduzione), ma anche da qualsiasi senso più "alto" "spirituale" e di elevazione di se tramite il sesso (la famosa "via della mano sinistra).
Ma per il resto credo che ci siano anche delle tendenze innate, cosi come a volte sei attratto da una cosa senza sapere il perchè..freud direbbe che è l'inconscio, che è una parte della tua esperienza d'infanzia e via dicendo..
In realtà il discorso è molto piu complesso di cosi..ma ci vorrebbe un altro articolo per parlarne..
martiusmarcus (Registered) 23-09-2009 09:23

Sull'omosessualità girano alcune leggende metropolitane:
1) che siamo tutti omosessuali o bisessuali perché l'avrebbe detto Freud
Il povero Freud - che io non leggerò mai abbastanza, semmmai sei tu Fabio che l'hai letto troppo poco - diceva che ogni essere umano parte da uno stato primigenio di perversione polimorfa, ma per approdare, a sviluppo corretto ultimato, a una normale eterosessualità genitale.
2) che gli omosessuali "ci siano sempre stati" e sembrino di più o di meno a seconda della repressività e della tolleranza dei governi.
Il voto è segreto, no? Prova a farti eleggere in qualsiasi carica in California dopo aver detto male dell'omosessualità.
3) che l'omosessualità è più "naturale", basta vedere i cani...
Mi spiace deludere i naturisti, ma nella sessualità umana, non c'è niente di naturale, tutto è legato a delle norme, a delle regole molto simili ad esempio a quelle degli scacchi: proprio perché è difficile stare alle regole, ci sono le nevrosi, le psicosi, le perversioni (tra le quali l'omosessualità).
4) che i greci antichi erano tutti omosessuali, o quasi.
In una sola etnia greca, i dorici, c'era una pratica, a metà fra l'educativo e il platonico, fra il giovane apprendista e il maestro attempato. In molti casi in questa pratica era sottointeso pure un rapporto carnale. Ma anche fra i dorici un omosessuale passivo non più adolescente era sottoposto a un pesante ludibrio sociale. In più queste pratiche doriche erano comunque criticate nella stessa comunità ed erano oggetto di scherno feroce dalle altre etnie greche.
5) che l'anti-omosessualità sia una invenzione speciale del cristianesimo.
Michel Foucault, omosessuale dichiarato, si adoperò con tutta la sua intelligenza e preparazione storica proprio per dimostrare che il suo vizietto era tale solo perché il bieco cristianesimo lo definiva così. Beh, siccome era anche intellettualmente onesto, ha dovuto ammettere che nelle leggi sul matrimonio promulgate addirittura da Cesare Augusto c'era la stessa moralizzazione che si ritroverà in eredità il cristianesimo: gli stoici erano dunque molto più repressivi dei cristiani. Cari pagani del sito: eccovi serviti.
6) veniamo alla influenza socio-economica "marxista". Ci sarebbe da scriverci sopraun trattato, ma anche le pietre sanno che nelle società agricolo-patriarcali l'omosessualità è praticamente ridotta allo zoccolo duro delle insufficienze ormonali o mentali. Se non vuoi studiare la sociologia, o la psicoanalisi, basta fare del turismo per rendersene conto. L'omosessualità esplode in società per così dire "fraterne" in cui la figura maschile - sostenuta dal padre - viene svilita. Per capire meglio basta soltanto riferirsi a Robert Bly o al suo epigono italiano Risé (di cui avevate il link).
Come vedi divergiamo parecchio, ma qui mi fermo, caro Fabio, perché l'argomento non è dei miei più graditi, e spero solo che qualche giovane ne tragga giovamento.
aragorn (IP:79.15.249.41) 24-09-2009 12:24

Martius Marcus usa argomenti raffinati e, piacevolmente, svela in tutta la loro inconsistenza alcuni stereotipi. Credo che l'umanità stia subendo quanto da lui ben descritto, ma anche quello che ci scrive Ottavino, per quanto possa sembrare incredibile, è vero e preciso come lui lo descrive. Il disegno complessivo di controllo dell'umanità passa anche attraverso la modifica delle facoltà percettive di ogni essere umano, ed alimentazione e medicina certamente concorrono alla causa, solo per citare due "agenti". Avendo natura diabolica non c'è da stupirsi che la dinamica del controllo si sviluppi su piani e livelli diversi.
martiusmarcus (Registered) 24-09-2009 14:16

Volevo solo correggermi, per Ottavino: le tue "intuizioni" alimentari non sono campate in aria, solo che a mio avviso non sono tanto determinanti. Il legame tra sessualità e cibo è stretto: basti pensare a cosa prelude l'invito a cena nei film hollywoodiani... Ricordo a questo proposito la posizione (certo estremistica) di Lev Tolstoj. Il grande russo era convinto che buona parte dei guai della modernità - compreso ciò che lui definiva "eccesso" sessuale - fossero dovuti a un abbandono del lavoro muscolare e soprattutto a un eccesso di cibo (soprattutto carne). La scelta dell'identità sessuale, credimi, è molto più articolata e si decide intorno a ciò che noi vediamo nelle figure che ci girano intorno durante i primi anni della nostra vita.
ottavino (IP:87.23.28.17) 24-09-2009 19:27

Caro Martius, apprezzo le tue precisazioni e condivido quello che dici. Indubbiamente stiamo parlando della stessa cosa dato che mente e corpo non sono separati. A volte abbiamo una psicosomatica e a volte una somatopsichica! Oppure tutt'e due.
Ho messo l'accento su un punto, il cibo, che io ritengo importante, ma la cosa si può guardare da varie angolature, e allora ne spuntano tanti, di punti.
In ogni caso, analisi storiche e sociali a parte, io sto dalla parte della "vita", che ha voluto due sessi, ha voluto farli incontrare e ha voluto farci nascere.
La mia è soltanto una forma di spiritualità "primitiva". E' il mio modo di dire grazie. Grazie perchè riconosco che sono solo un uovo fecondato. E gli omosessuali non fecondano uova.
Fabio Mazza (Registered) 24-09-2009 19:28

Allora.

1. non hai mai detto che nell'antichità fossero tutti omossessuali. Dico che per l'omossesualità attiva (anche con ragazzi) non c'era un discredito sociale.

2.Freud è un estratto della società borghese novecentesca, e mette il sesso al centro di qualsiasi dinamica della vita; le dimensioni dell'uomo sono molteplici e non si possono ridurre cosi facilmente, ma il discorso è lungo e questa non mi pare la sede.

3.la storia dei dorici come unici che praticassero l'omossesualità alievo-maestro mi spiace, ma non so da dove l'hai presa, perchè sono notori gli episodi di "cameratismo" sessuale in quasi tutte le polis

4. che la Roma augustea fosse moralizzatrice è vero fino ad un certo punto, perchè posso assicurarti avendo studiato anche approfonditamente il diritto romano che il divorzio ad esempio, fu introdotto sotto Augusto.
Se proprio vogliamo trovare un periodo in cui il paganesimo è stato "censore", ma io parlerei di custodia della tradizione, possiamo guardare piuttosto alla Roma arcaica patrizia sia monarchica che repubblicana.

6. sul punto dell'omossesualità carente in società patriarcali e contadine, concordo; infatti non ho mai detto che l'omossesualità esiste in maggior percentuale solo perchè vi è più "tolleranza" sociale: è una delle cause a mio parere ma non l'unica.
Fabio Mazza (Registered) 24-09-2009 19:31

E qui vi lancio la provocazione.
Posso fregiarmi, con modestia, di avere una certa infarinatura di alimentazione.
Posso assicurarvi che la dieta a base di "pane, pane, pane" o quella ad alto tasso di carboidrati, non è certo la più salutare del mondo ne quella che garantisce le maggiori "prestazioni".
é di Giulio Cesare nel "de bello gallico" il commento sui germani che erano il popolo fisicamente più prestante dell'antichità: vivono di caccia, praticano pochissima agricoltura, fin da piccoli vivono e si lavano all'aperto, e hanno un alimentazione a base prevalentemente di carne, formaggio e latte, oltre che ovviamente i prodotti della terra, ma in parte non preponderante.
Quindi il discorso sull'alimentazione andrebbe approfondito. Lancio questa "provocazione" per vedere le posizioni.
ottavino (Registered) 25-09-2009 18:15

Rispondo alla provocazione: i cibi che citi, sono comunque "cibi", non sono gelati o nutella....
A proposito degli antichi germani...a me risultava che i romani li chiamavano "mangiatori di avena", ma magari le mie fonti non sono buone...
Fabio Mazza (Registered) 25-09-2009 18:55

Ah se ti riferisci al cibo spazzatura da produzione industriale sono d'accordo con te.
No no i germani erano proprio "carnivori" e poco agricoltori..
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