L'alternativa della democrazia diretta

1 ottobre 2009

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La democrazia rappresentativa basata su elezioni tenute a scadenze periodiche e sulla competizione fra partiti mostra tutti i suoi limiti. L’esigenza di compiacere l’elettorato impedisce di adottare, o procrastina, misure necessarie ma impopolari. Gli elettori sono chiamati a scegliere candidati che non conoscono, nominati dai partiti e presentati nei vari collegi e circoscrizioni solo per i calcoli e le convenienze degli apparati, persone su cui i cittadini non avranno più alcun controllo una volta che siano state elette.
Il suffragio universale deprime la qualità del voto esaltando la quantità: il voto di una persona colta che segue le vicende politiche ed è ben informata sul funzionamento delle istituzioni vale esattamente quanto quello di un semianalfabeta ignorante di tutto ciò che non sia il suo interesse immediato: pura assurdità e somma ingiustizia.
Per queste e altre motivazioni il Manifesto di MZ avanza la richiesta di una democrazia diretta che sostituisca quella rappresentativa. Un Manifesto di princìpi generali però non è ancora un programma politico. Quando si esce dalla petizione di principio ci si scontra con le difficoltà di definire modalità e procedure di una democrazia diretta.
Parlando di democrazia diretta, viene spontaneo pensare a processi decisionali espressi dall’Assemblea dei cittadini. Chi ha abbastanza anni da ricordare l’assemblearismo sessantottino sa come funzionino in concreto le cose. L’Assemblea non fa altro che ratificare ciò che una minoranza ben organizzata aveva già deciso prima della sua convocazione. I capetti si alternano al microfono e vince il demagogo che spara gli slogan di più sicuro effetto. L’assemblearismo è una parodia della democrazia. Anche se l’Assemblea dei cittadini fosse la soluzione, ci si imbatterebbe nella difficoltà insormontabile di far funzionare i processi decisionali di tipo assembleare in realtà politiche ben più complesse di una comunità di paese o di villaggio. A questo proposito non è di aiuto rifarsi alle polis greche o ai Comuni medievali. In quelle realtà, comunque molto più ristrette delle nostre società, erano esclusi dal diritto di parola e di voto le donne, i servi e i salariati, cioè più dell’80% della popolazione. Quanto detto sopra sulle contraddizioni del suffragio universale infatti non può giustificare oggi l’esclusione aprioristica di gran parte della popolazione con una discriminazione classista o sessista.
Più pertinente appare il modello della Svizzera. In quella Repubblica l’istituto del referendum è largamente e sistematicamente praticato. Si può andare oltre quel modello, ipotizzando un sistema in cui il referendum, ben più incisivo di quello previsto dalla Costituzione italiana perché propositivo e non solo abrogativo, nonché senza lo sbarramento del quorum, sia la pratica normale con cui si prendono tutte le decisioni che interessano la comunità. Dovrebbe essere consuetudine e legge far decidere al popolo con consultazioni frequentissime. Sarebbe una pratica che implica costi e una macchina organizzativa complessa, ma diventando prassi della vita quotidiana sarebbe presto assimilabile nel costume della comunità.
Questa pratica renderebbe obsoleti i partiti intesi come organismi permanenti e strutturati. Ogni quesito referendario vedrebbe coagularsi interessi e orientamenti ideali, che si scioglierebbero immediatamente in un’occasione successiva, nella quale si configurerebbero altri schieramenti. Gli elettori sarebbero informati attraverso la rete elettronica, le emittenti radio-televisive, la stampa, i manifesti e i giornali murali. Le leggi e il costume, sempre decisivo e più importante dei regolamenti scritti, dovrebbero instillare nelle menti l’idea che il voto è un diritto ma non un dovere: chi non è interessato e si sa disinformato deve sentire come suo dovere civico di non votare. Il certificato elettorale non dovrebbe essere spedito in tutte le case ma dovrebbe essere ritirato negli appositi uffici dai cittadini interessati alla consultazione. Così si limiterebbe drasticamente il numero dei votanti solo zavorra, non per preclusioni imposte ma per autoriduzione: si potrebbe almeno in parte ovviare all’inconveniente gravissimo dell’uguale peso dato al voto consapevole e a quello dettato dall’ignoranza o dall’impulso momentaneo.
Come in tutte le cose umane, nemmeno un sistema come quello qui sommariamente abbozzato darebbe garanzie assolute. Resterebbero rischi di manipolazioni demagogiche e di degenerazione burocratica. Al vertice della piramide di questo Stato nuovo articolato sulle comunità locali e sulla democrazia diretta dovrebbe esserci pur sempre la figura del Garante del corretto funzionamento istituzionale: Presidente della Repubblica, Monarca, o Consiglio dei Custodi, secondo quanto decideranno le circostanze storiche e la volontà dei popoli.

Luciano Fuschini

Commenti
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Fabio Mazza (Registered) 01-10-2009 09:32

Complimenti Luciano, questa è un alternativa praticabile è dettagliata che esce dalla genericità naturale del manifesto
Sergio (Registered) 01-10-2009 14:14

Finalmente qualcosa di propositivo, un'idea che entra nel merito: mi sembra un bel contributo!
Non sarei affatto d'accordo a negare il diritto di voto a suffragio universale (perche' le leggi dopo devono essere rispettate da tutti), ma mettendo la cosa nei termini in cui e' messa nell'articolo potrebbe essere un buon sistema.
Oltre a cio' credo sia molto importante dare la massima ampiezza dcisionale ad enti quanto piu' possibile locali ovvero alla portata della verifica da parte dei cittadini, ma, ancora una volta anche per questo occorre prima una semplificazione dell'economia e della societa' ovvero diventare piu' essenziali e (per l'ottica attualmente in voga) piu' poveri ovvero, la Decrescita. Altrimenti troppe e troppo importanti restano tutte quelle funzioni del sistema sociale e quelle decisioni che necessariamente sfuggono a questa portata e questo controllo da parte della generalita' dei cittadini.

www.ecofondamentalista.it
martiusmarcus (Registered) 02-10-2009 20:12

Di fronte alle insufficienze - umilianti e macroscopiche!!! - dei nostri sistemi rappresentativi viene spontaneo a chiunque abbia occhi per vedere e buona volontà di cercare una scappatoia, o almeno un correttivo. Non è raro che esca fuori dal cilindro la democrazia diretta. Fantomatico com'è, il concetto rischia di essere una parola vuota o peggio ancora un alibi. Lo è stato per il movimento anarchico che ci si è riempito la bocca per più di un secolo, ormai. Lo è attualmente per quel complicato sistema elaborato da Michael Albert e company che va sotto il nome di PARECON. Come giustamente sottolinea Foschini l'assemblearismo si è mascherato sotto questo comodo democraticismo. Il problema di fondo è - purtroppo - legato alla modernità, per essere più precisi allo strumento che l'illuminismo, e prima ancora, Cartesio hanno forgiato per la coscienza umana. Mi riferisco all'IO FORTE, al senso di coscienza individuale, al padrone in casa sua che ha creato il delirio stirneriano dell'Unico, all'IO che tutti conosciamo e che vediamo ringalluzzirsi ogni volta che dalla TV lo chiamano al suo seggio elettorale a deporvi la scheda come ogni brava gallina in batteria va a deporre il suo uovo. Eppure con questa individualità forte - che oggi è propria di ognuno di noi - bisogna fare i conti, se si vuole decidere qualcosa. Il referendum? è un imbroglio quanto il nostro sistema elettorale, se non di più, perché si chiede a ognuno di acquisire delle capacità tecniche in ogni ambito decisionale: creerebbe le caste dei signorsotuttoio...
Dice Foschini - e mi spiego anche il logo del suo post, quell'orrendo AT, cioè @, della posta elettronica: "Gli elettori sarebbero informati attraverso la rete elettronica, le emittenti radio-televisive, la stampa, i manifesti e i giornali murali". E' esattamente il conttrario della politica, per come dovrebbe essere. La politica dovrebbe gestire l'attrazione gravitazionale fra i corpi reali delle persone. Uno dei CANCRI della modernità è appunto il fatto che si gestisce i rapporti interumani tramite la virtualità truffaldina e ipnotica dei MASSMEDIA. La democrazia? Consigli a TUTTI di leggere un libretto molto breve scritto da uno stupido: Sigmund Freud, "Psicologia delle masse e analisi dell'io". Lì si intende che la politica vera, quella fatta di relazioni umane,si può costruire in gruppi molto ristretti dove opera un leader: solo costui è in grado di creare qualcosa di differente da un gregge o da un'orda selvaggia di animali.
Il problema si risolve dunque solo se si circoscrive ad ambiti molto ristretti il contesto dove si crea il consenso. E cioè a dire se si crea proprio il nemico giurato di questo sistema di produzione delle merci: le comunità reali, fisiche, le comunità che partecipano a una vita comune fatta di corpi che si conoscono e si frequentano. L'unica decisione a cui mi sentirei di chinare il capo è quella di quelle persone di cui conosco il sorriso e il pianto e di cui riconosco possibilmente anche l'odore.
baolros (Registered) 03-10-2009 09:25

Mi sembra una buona idea. Soprattutto la parte sul ritiro del certificato elettorale. Questo dovrebbe diminuire il numero dei votanti "non consapevoli".
amugnolo (Registered) 03-10-2009 13:38

il problema vero è che la democrazia è il problema
amugnolo (Registered) 03-10-2009 13:38

sasso nello stagno...
alessio (Super Administrator) 03-10-2009 15:34

Trovo che sia l'articolo di Fuschini il vero sasso nello stagno, perchè oltre alla pars destruens in cui noi eccelliamo, s'impervia a immaginare un meccanismo concreto di governo. Sappiamo tutti che la Svizzera non è precisamente il posto ideale per vivere, ma ciò che importa cogliere è il senso di fondo. Ossia il primato della volontà popolare resa più vicina possibile all'ideale del singolo cittadino sovrano che contribuisce consapevolmente al destino collettivo. Bravo Fusco!
Alessio Mannino
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