Il mito del week end: lo sfogo degli schiavi

8 ottobre 2009

Image

C’è una parola che, con anglofila e intrigante “verve”, si è insinuata nella coscienza comune del nostro paese, e che è diventata un pò una nuova religione: il weekend. Il fine settimana, per dirla alla casereccia, ha assurto, negli anni, a vero e proprio status symbol, con tutti i suoi derivati e connessi: happy hour, serate all’insegna del “divertimento” (leggesi sballo), frenesia anticipatoria da grande evento.
Al di la delle differenze prettamente “sociali” del fenomeno, che, in luogo di un “giorno di riposo” che era altresì un momento di socializzazione, in cui si cementavano i rapporti che già si intrattenevano durante la settimana (nel lavoro, nell’osteria o bar di paese, nelle scuole e via dicendo), è diventato ora un “esodo” in una delle mecche del divertimento, luoghi spersonalizzanti in cui l’individuo, solo tra soli, è riconfermato più che mai nel suo anonimato collettivo, nel suo essere numero, quello che ci interessa è la sensazione diffusa di una “febbre da weekend”.
La sensazione cioè che ci siano migliaia di persone che “vivono” per inebetirsi di aperitivi, di serate in discoteca, con gli annessi di alcool e droghe, e via dicendo. Questo fa pensare che, nella realtà, a pochissime persone piaccia la propria vita.
Se il weekend diviene un momento di “sballo”, di fuga dalla realtà collettiva, di “finzione collettiva”, in cui molte volte si simula una personalità e una persona (nel senso di maschera), che non si è durante il resto della settimana, se ci sono persone che “vivono” letteralmente per questi due giorni, ci rendiamo conto facilmente che vi è un “disagio del quotidiano”, che prima non era avvertito.
Strano, perché ci avevano sempre fatto credere, prima della paradisiaca epoca moderna, che ha eliminato i frustranti lavori nei campi e a contatto con la natura e di artigianato manuale, per sostituirli con la più razionale catena di montaggio, che la gente si ammazzasse di lavoro, che fossero tutti degli epigoni di schiavi, che non avevano altra ragion d’essere.
La realtà è che nell’epoca in cui il lavoro è divenuto il valore assoluto dell’esistenza, con i suoi corollari della carriera, dello stipendio e della “posizione”, non si è prodotto in realtà una libertà dal bisogno e una serenità, visto che molti lavori faticosi sono stati sostituiti dalle macchine, ma al contrario si è creato un senso più sottile, più penetrante, e strisciante di schiavitù: schiavitù non solo dei bisogni, che ora sono moltiplicati rispetto alle epoche precedenti (e totalmente inutili), ma anche una forma di alienazione e di insoddisfazione dello stile di vita che si è costretti a fare per “soddisfare” questa molteplicità di bisogni indotti.
E cosi la valvola di sfogo dell’operaio, dell’elettricista, della commessa, ma anche dell’impiegato, del laureato e del professionista, è divenuto il famigerato “weekend”, di cui vengono cantate le lodi in canzoni e programmi televisivi, come di un nuovo “giorno sacro”.
Ma in tutto questo agitarsi e delirare per un fine settimana che compensi delle squallide esistenze che la gente è costretta a vivere, in questo desiderio di fuga continua, di “non pensare”, di cercarsi e di cercare un senso all’interno dei “templi del divertimento”, noi vediamo l’evasione onirica di schiavi, che, nel buio delle loro celle, sognano una vita diversa.
L’ironia è che nemmeno nei loro “sogni”, propiziati dall’etilismo o dallo sballo chimico, essi si immaginano qualcosa di più che appartenenti ad una indefinita e convulsa moltitudine, che ama, desidera, ambisce e invidia, le stesse situazioni, gli stessi oggetti, gli stessi luoghi e le stesse persone.
Allo schiavo moderno manca anche in sogno, la capacità di elevarsi a singolo, ad unico, ad individuo in luogo di “massa”, di “popolo della notte”, di consumatore di divertimento, prefabbricato e standardizzato, che dovrebbe regalare le stesse sensazioni di euforia a buon mercato, a chi vive anestetizzato nell’illusione di essere “libero” perché lavora.

Fabio Mazza

Commenti
NuovoCerca
stediludo (Super Administrator) 09-10-2009 17:57

Il mito del weekend è, in piccolo e nel suo specifico, un aspetto del più generale mito moderno della "vacanza": come si evidenzia appunto nell'articolo, si crede che essa rappresenti uno "sfogo", uno svago, una rottura rispetto all'alienazione della vita moderna, ma in realtà ne rappresenta il proseguimento, dato che anch'essa altro non è che la risposta, ormai divenuta fisiologica, all'ennesimo bisogno indotto creato ad arte dall'"industria", in questo caso l'industria dello svago e del divertimento. Come sappiamo, il cosiddetto "tempo libero" tutto è tranne che libero, visto che anch'esso viene impiegato in attività predisposte e pianificate appunto dalla logica consumistica e che quindi non fanno altro che prolungare l'alienazione e la schiavitù dell'uomo moderno verso i bisogni indotti e innaturali. E così ci si illude di "staccare", di "fuggire" - come spesso si sente dire a proposito dei weekend e delle vacanze - ma in realtà non si fa altro che alimentare la perniciosa spirale del consumo indotto, dunque l'alienazione, in una spirale senza senso tra lavoro e vacanza, vacanza e lavoro in cui è avvolta e a cui si è ridotta la nostra esistenza. La vacanza non è quindi l'alternativa al lavoro, ma lavoro sotto altre spoglie: se ci potessimo liberare dal falso mito di questo, ci libereremmo anche dall'altrettanto falso mito della vacanza.
alessio (Super Administrator) 09-10-2009 18:40

Tutto giusto e ineccepibile. Ma, ad esempio, mettiamoci nei panni di un giovane di 20-25, anche 30 anni: se l'unico valore dominante è non averne nessuno all'infuori dei soldi da bruciare per togliersi ogni sfizio, se la televisione-mamma inculca i modelli dei tronisti e dei grandifratelli, se chi sta al potere addita come ideale uno stile di vita fatto di piaceri senza dovere, se la società non ha pudore ad autorappresentarsi come un bordello di gente che sgomita e mette sul mercato la dignità e pure il culo, se un progetto di vita è impossibile perchè la precarietà, lavorativa ed esistenziale, è imperante: dico, ma un povero ragazzo cosa volete che faccia arrivato al "weekend", se non bere come una spugna, farsi di droga e correre dietro all'effimero? Non è una giustificazione, sia chiaro. E' che uno, quando arriva il sabato, ne ha i coglioni pieni.
Alessio Mannino
stediludo (Super Administrator) 09-10-2009 19:14

Ma certo, non si tratta d'altro che di un circolo vizioso: lavori come un pazzo così poi sei costretto a sentire il bisogno di sballarti; ti sballi come un pazzo perché poi sei costretto a riprendere il lavoro. Sono solo due facce della stessa medaglia, medaglia sponsorizzata dal sistema come unico e desiderabile modello di vita, modello al quale nessuno sa e osa più sottrarsi, pena l'essere tagliati fuori, considerati dei "diversi" o degli "asociali", da mandare magari a farsi psicanalizzare. Il dramma è che oggi anche il cosiddetto sballo da weekend o da vacanza è visto come positivo, necessario, stile di vita vincente, tipico appunto del giovane in carriera o del manager rampante che si concede la giusta "evasione", il giusto "stacco" dopo una massacrante settimana di lavoro: ma in realtà, come dicevo, lavoro e vacanza coincidono: il lavoro deve essere anch'esso uno "sballo", anch'esso fonte di eccitamento, di emozioni forti, di autorealizzazione narcisistica (quindi ben vangano sniffate di coca in ufficio o relazioni a luci rosse con la segretaria o la escort di turno, anche queste erette a status simbol), così come la vacanza una massacrante fatica tra code in autostrada o in aereoporto e stordimenti di massa nei locali o nelle spiagge esotiche di turno. Insomma, dove ti giri ti giri, è sempre lo stesso meccanismo infernale, il tutto ben orchestrato ed oleato dal Mostro tecno-industriale che tutto decide e tutto controlla: massacratevi, stroditevi, sballatevi senza pensarci: pensiamo a tutto noi...
alessio (Super Administrator) 09-10-2009 21:01

Stefano, hai descritto con precisione chirurgica quanto io ho detto, diciamo così emotivamente.
a.m.
mircopanizzi@libero.it
Panizzi (Registered) 25-10-2009 19:41

il sistema cerca di schiacciarci ovunque ,non esiste tempo libero o no, ce lo dobbiamo creare noi,io per esempio corro ma quando mi accorgo che la mia passione libera e spontanea viene sfruttata e riportata nell alveo sistemico da chi vuole organizzare businnes e sfruttamento,mi metto d accordo con alcuni amici e ce ne andiamo in esodo in montagna per conto nostro.E' solo un piccolo esempio ma secondo me bisogna iniziare da noi stessi.
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!