Fiducia moderna e premoderna

26 ottobre 2009

Recentemente, nella mia attività di giurista, mi sono occupato di un argomento che ha molto a che vedere non solo con il diritto, ma anche in generale con la convivenza sociale: la fiducia.
Che cos’è la fiducia? Essa è innanzitutto un collante sociale, è ciò che tiene unita una collettività di persone e che impedisce che si crei quello stato di “homo homini lupus” teorizzato da Hobbes nel '600, per dare credibilità al suo “stato assoluto”. La fiducia è anche ciò che permette ai componenti di un nucleo sociale di relazionarsi tra loro e di mettere in atto tutti quei molteplici rapporti che vengono definiti “civile convivenza” (concetto prettamente moderno che vede la società come convivenza forzata).
La distinzione fondamentale che viene fatta dai teorici della solidarietà è quella tra fiducia moderna e premoderna.
La fiducia premoderna, cosi come la società che ne condivide l’aggettivo, era caratterizzata da quattro elementi fondanti: in primis vi era un forte sistema di parentela, rappresentante un modo per organizzare e stabilizzare una rete di rapporti e legami intersoggettivi; in secondo luogo era fondamentale il concetto di comunità locale, come luogo in cui si intrecciano relazioni che sono caratterizzate da solidità nel tempo; terzo elemento è quello delle credenze e delle pratiche rituali condivise, che conferiscono attendibilità all’esperienza degli eventi e delle situazioni; ultimo elemento è la tradizione (con la t minuscola), intesa come insieme di abitudini e pratiche normative e cognitive consolidate che permette di interpretare il passato come mezzo per organizzare il presente e il futuro.In un quadro siffatto, caratterizzato da contesti spazio-temporali ovviamente limitati e ridotti, potremmo dire a “misura d’uomo”, la fiducia era qualcosa di “personale”. Nelle sue forme classiche di “fides” e di “bona fides” emerge dai costumi dei consociati spontaneamente e si connette alle radicazioni profonde della vita di relazione.Tutto, dal commercio alle relazioni interpersonali si giocavano su una conoscenza “diretta” e “immediata” del mondo circostante, che era un “universo finito in cui ogni cosa aveva il suo posto e il suo valore”, come sostenevano i filosofi del diritto giusnaturalisti.
La fiducia moderna è invece il frutto (marcio) dell’impatto dirompente di tre grandi forze dinamiche: la separazione del tempo e dello spazio, la riflessività istituzionale, i meccanismi di disaggregazione.
Il tempo e lo spazio si separano. L’uomo non è più intimamente legato ad un contesto locale e temporale: la possibilità di comunicare con persone e di concludere transazioni e commerciare a distanze enormi ha sovvertito la precedente rete relazionale basata sul contatto diretto e sulla costruzione graduale di rapporti di fiducia durevoli.
Non essendovi più tradizioni né ritualità o senso di vita condiviso, la vita diviene irrimediabilmente relativa: le stesse esperienze sociali vengono esaminate e riformate alla luce di nuovi dati acquisiti in merito a queste stesse esperienze. Non vi è più nulla di certo.Il risultato di questi processi sociali è un diffuso sentimento di perdita di senso, di anomia, di massificazione dei desideri e delle esperienze, ma soprattutto, per quello che qui ci riguarda, un cambiamento profondo nel modo di riporre fiducia nel prossimo e nel concetto stesso di fiducia.
La fiducia perde il suo carattere interpersonale e si formalizza. Non viene più accordata agli individui, ma alle capacità astratte di funzionamento dei sistemi sociali, come lo stato, che dovrebbero garantire le relazioni sociali con la legge e con il diritto. Esse divengono strutture fiduciarie che garantiscono la certezza delle aspettative comportamentali. La fiducia è attuata attraverso la norma, che solleva cosi la società dalla paura e dal senso di precarietà che sempre accompagna questi rapporti “al buio”.
Questo solo apparentemente. Il problema vero è che una società, come ammettono anche filosofi del diritto “democratici” e “modernisti”, non può reggersi per lungo tempo se non possiede strutture e rapporti fiduciari, che esulino dalla mera legge e dalla coercizione.
Il problema della fiducia riguarda infatti non solo la questione “materialistica” di un contratto o di un acquisto on-line, ma molto più drammaticamente quello delle relazioni tra individui che convivono (e il termine è calzante) in un medesimo territorio. Che cosa infatti è ora la nostra società, se non un insieme di persone che condividono un territorio e che cercano di portare avanti i loro egoistici piani di vita, cercando di disturbarsi il meno possibile? Ma questa può essere definita una comunità?
Noi intendiamo comunità (o società) in un senso affatto diverso. Una comunità è un insieme di uomini che condividono una stessa visione della vita, che partecipano consciamente al benessere e alla vita della loro gente e del loro territorio, che si sentono uniti da rapporti “spirituali”, che vanno oltre il mero campanilismo. Uomini che sentono la forza di un destino comune ( e di origini e radici comuni) e che ripongono fiducia nell’altro perché ne conoscono personalmente vizi e virtù, debolezze e grandezze.
Mentre oggi sembra proprio che il nuovo modello di “fiducia”, imposto anche dalle circostanze e dalla contingenza storica, sia insuperabile. Il futuro che si prospetta è allora quello di milioni di individui che comunicano “telematicamente”, ma che non conoscono il vicino di casa, o chi vive nel loro quartiere o paese. Una “comunità” di sradicati, convinti di essere più liberi, e che guarderanno con sospetto ad ogni cader di foglia intorno a loro.

Fabio Mazza

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giup (Registered) 26-10-2009 12:06

Si. Però diciamolo che molte cose che citi sono frutto del pensiero di Giddens e di Beck, autori che sicuramente si pongono in un'ottica di critica alla modernità, ma sono teorici della post-modernità e non dell'anti-modernità. Io non so se ragioniamo in modo diverso o se chiamiamo le stesse cose con nomi diversi, ma ho l'impressione che il post-modernismo in questo blog non sia stato quasi mai considerato, visto che la riflessione è prevalentemente incentrata sul concetto di società moderna, che per i sociologi (me inclusa) è quella tipica società che deriva dalla industrializzazione (divisione del lavoro, urbanizzazione, mutamento della struttura famigliare, separazione fra spazio domestico e lavoro, occupazione femminile nel lavoro salariato, formalizzazione dei rapporti umani, massificazione e omologazione nei consumi, negli stili di vita, nei percorsi di vita, ecc.), ancora presente ma con elementi nettamente diversi. Oggi infatti non si può negare che questa struttura si sia assottigliata sotto molteplici punti di vista: l'attuale polverizzazione e individualizzazione della società, ben visibile per esempio nel mondo del lavoro, che i sociologi chiamano post-modernità in senso generale e post-fordismo per riferirsi agli aspetti più specificatamente legati al lavoro, è UN SUPERAMENTO DELLA SOCIETÀ MODERNA che non ha coinciso, però, con un ritorno alla società pre-moderna che qui in molti auspicano. Perché questo non viene preso in considerazione? Non è il caso di rifletterci? Altrimenti si rischia di fare la fine dei sindacati, che ragionano ancora in termini di lotta di classe e di presidi nelle fabbriche senza capire che la società è sfilacciata e non ha nemmeno più l'ombra delle vecchie classi operaie e che attualmente la vulnerabilità si annida ormai in modo trasversale in tutti i gangli della struttura sociale.
Pucciarelli (Registered) 26-10-2009 14:07

Ottimo pezzo .
Edoardo Buso (IP:93.37.159.47) 26-10-2009 14:32

Fabio Mazza ha scritto un'articolo che approvo in tutto e per tutto,penso che la perdita di fiducia sia dipesa anche dal fatto che il peggiore crimine di cui potesse macchiarsi un'uomo nelle società tradizionali era il tradimento,a quei tempi la parola di un'uomo era un valore fondamentale,lo erano le promesse,a quel tempo vigeva l'ONORE e il RISPETTO quindi anche la fiducia,distruggendo ogni gerarchia fuedale, con la mentalità da loggia massonica il potere si è andato rafforzandosi ma con la "falsa uguaglianza"l'uguaglianza spirituale di cui si parla oggi siamo tutti uguali e quindi nessuno deve più prometterci niente e noi se siamo tutti uguali non dobbiamo più riporre la nostra fiducia in nessuno più alto di noi che esaudisca le nostre premesse,è la tragica storia di una società senza padri e senza Patrie.
Complimenti a Fabio Mazza.
Edoardo Buso
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 26-10-2009 17:01

L'intervento di giup, molto consistente, merita una discussione. La Modernità non è solo industrialismo e fordismo. Modernità è antropocentrismo, individualismo, perdita del senso del sacro e del simbolismo che rimandava ogni esperienza terrena a un Altrove; è fiducia nella scienza e pretesa di dominio sulla natura; è fede nel progresso indefinito e nello sviluppo garantiti dalla Tecnica; è la progressiva trasformazione del mondo in un unico mercato; è sradicamento, omologazione delle culture. La Modernità così intesa non è affatto superata dalla cosiddetta postmodernità. Essa non è altro che l'ultima fase di quel processo storico nato con l'Umanesimo-Rinascimento (ma fra noi di MZ c'è anche chi lo fa nascere col Cristianesimo). Non si esce dalla Modernità col postmoderno, che della Modernità è solo la manifestazione estrema, bensì con una rottura epocale che crei le condizioni per il recupero di valori antichi, ben inteso senza riprodurre meccanicamente un passato che non ritorna mai tale e quale. Allo stesso modo non si esce dalle contraddizioni dello sviluppo con lo "sviluppo sostenibile" ma con una logica antisviluppista.
giup (IP:151.82.153.208) 26-10-2009 18:42

Sono molto d'accordo con te, Luciano. Forse non si capisce totalmente dal mio intervento, ma anche io ho una visione fortemente critica nei confronti dello scollamento che l'Uomo odierno sente fra il sè e la propria natura radicata (a cui poi ognuno di noi può attribuire i simboli e la spiritualità che ritiene più vicini) e sono perfettamente consapevole che la post-modernità non costituisca nè la risposta, nè il "superamento", nè tantomeno la rottura. Ben lungi da me la difesa della società post-moderna!
Intendevo dire, però, che - ci piaccia o meno - è lo spirito di questo nostro tempo, che si fa domande e ancora non riesce a darsi le risposte. Credo che l'uomo oggi abbia fatto ancora un passo oltre lo scientismo e il tecnicismo di cui si parla spesso in MZ, anche per la crisi di numerosi punti fermi che erano veri e propri bastioni dell'ideologia moderna: il posto di lavoro; la fiducia nel progresso, che nel piccolo di ognuno poteva essere anche un benessere economico incrementale di generazione in generazione... Credo che l'uomo sia perso oggi ancora più di ieri e che stia arrancando nel suo bisogno di cercare un senso che trova sempre meno negli aspetti più materiali dell'esistenza. Io, per esempio, nella proliferazione di spiritualità collettive come la new-age e il neo-paganesimo ci vedo questo, un goffissimo ma palese tentativo di riconnessione dell'uomo con lo spirito, il bisogno di guide, di persone che siano in grado di indicare la strada. E credo che in questo qualche segnale si possa leggere. Le cose si stanno evolvendo e bisogna annusare meglio l'aria per interpretare il nostro tempo e giocare d'anticipo magari.
Intendevo dire solo questo.

PS: giusto per chiarire e giocare d'anticipo, non sono nè post-modernista, nè new-age, nè neo-pagana, nè altro.
stediludo (Super Administrator) 26-10-2009 23:40

Il problema è che molti degli aspetti che caratterizzano la cultura cosiddetta post-moderna lungi dall'essere alternativi rispetto alla modernità - come certa critica ingenua alla modernità vuol far credere - ne costituiscono, ad uno sguardo più attento, l'esito estremo, ultimo, come più volte si è avuto modo di sottolineare anche in questo blog. Ad esempio anche fenomeni come quelli citati da "giup" quali il neo-paganesimo o la new-age certamente da un lato possono essere visti come espressione di nuovi bisogni di tipo antimoderno, ma dall'altro sono da considerare come degenerazione ultima di una spiritualità e di una mentalità tipicamente moderne. Il discorso è certamente complesso e ci porterebbe lontano, ma non cadiamo nell'errore di identificare di per sé istanze neospiritualiste con il risorgere di atteggiamenti antimoderni. Anzi, stando alle dottrine tradizionali, alla fine del kali-yuga vi sarà il superamento del "materialismo" e il trionfo dello "spiritualismo", ma uno spiritualismo di segno capovolto: avvento dell'Anticristo vedesi...
Sergio (Registered) 27-10-2009 12:39

Sono sostanzialmente d'accordo con gli interventi di Giup e di Fuschini. La postmodernità la si può vedere come un ulteriore passo in avanti (resta poi da capire verso cosa) o, per certi versi, una degenerazione della Modernità, ma è comunque un'iper-modernità, qualcosa che procede in quella stessa linea e che da essa trae la propria sostanza anche se comincia ad accorgersi dell'insufficienza di questa e lo manifesta nei modi goffi a cui accennava giup nel suo secondo intervento.
Vorrei però aggiungere che, anche di fronte a questo, la "antimodernità" - pur essendo utile che si distingua coscientemente dalla post- non mi pare riesca finora ad andare oltre l'atteggiamento negativo, rifiutante. Voglio dire, ok che non ci va bene niente perché siamo ribelli, ma...qualcosa da proporre? Voglio dire che bisognerebbe porsi anche un po' il problema di per quale via si potrebbe uscire da questa modernità.
Il rifarsi ad una età dell'oro del passato aveva un senso in un contesto mitico per collocare in una dimensione "originaria" appositamente non definita il "momento" fondante della realtà presente. Ma in una cultura - nel bene e nel male - dotata della e condizionata dalla nozione di "Storia" questo tipo di visione diventa più che altro romanticismo. Che è un atteggiamento proprio della Modernità, magari soprattutto dei suoi albori, ma per questo più vicino alle sue visioni e passioni fondanti.
A me pare che una carenza gravida di conseguenze in questo pensiero "antimoderno" che vedo qui, ma anche nello stesso Fini, è la scarsa attenzione a trarre - e dargli la giusta importanza - le conseguenze dalle proprie critiche così radicali. Le conseguenze sul piano pratico del modello materiale/economico/strutturale prima che su quello ideale. Forse si crede che ciò sarebbe una deriva materialista e con ciò una ricaduta nell'aborrita modernità, e che dare la massima importanza a valori e tradizioni sia più proprio di un'antichità che si vuol vedere come recuperabile. Ma spesso non si tiene nella dovuta considerazione che, se nell'antichità non si discuteva molto sul modello di vita da seguire sul piano economico/produttivo come valore in sé stesso e ci si concentrava piuttosto su cose di livello spirituale, era anche perché tanto il modello nel quale si viveva e si poteva vivere era quello: non c'erano molte alternative perché la tecnologia non lo permetteva. Quindi tutto il bene e il male che poteva venire stava alla consapevolezza/saggezza/onestà/integrità umana. Però con la modernità quelle raccomandazioni e quegli insegnamenti son caduti nel vuoto e ciò è molto anche perché non poggiano più sulla base strutturale dalla quale nascevano. Una base integrata con la Natura in modo pratico, non romantico. La Modernità ha in primo luogo stravolto questa base ed è da questo che tutto il resto è diventato relativo.
E' molto puntuale il richiamo di giup a mettere a fuoco la differenza sostanziale tra un pernsiero post- ed uno anti-moderno, ma ciò è anche perché nel suo esprimersi solo in negativo rifacendosi - un po' romanticamente - ad un passato idealizzato, ma senza entrare nel merito di per quali basi concrete e propositive si potrebbe costruire qualcosa d'altro, queste radicalissime critiche alla modernità rischiano di suonare come un tentativo - tutto sul piano verbale/astratto/culturale, magari velleitariamente spirituale - simile agli altri citati poi da giup, di compensare le carenze del presente in modo virtuale e di rimanere così in un ambito che si confonde parecchio, senza volerlo, con qualcosa che rischia di essere alla fin fine solo parte della post-modernità.

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lucianofuschini (Registered) 27-10-2009 13:41

Al fondo dei rilievi di Sergio e anche di giup c'è la classica domanda : "che fare?". Il presupposto ineludibile è il crollo dell'attuale sistema. Un crollo che già si delinea e che non sarà opera dei "ribelli", pochi e deboli, bensì della stessa insostenibilità insita nei meccanismi folli dello sviluppo. Il compito degli antagonisti è delineare le forme di civiltà del dopo disastro. Noi qualcosa stiamo elaborando sulle forme che può assumere la democrazia diretta, su un'Europa delle regioni e delle culture radicate nel territorio ma nell'ambito di una federazione, o anche un impero, che ne rappresenti il momento unificante; sul radicale rifiuto dell'imperialismo e il rispetto della pluralità delle civiltà; su un'economia prevalentemente fondata sull'autoproduzione e l'autoconsumo, su un sistema finanziario da cui sia bandita la speculazione, su forme associative comunitaristiche. Da questa nuova realtà scaturiranno forme culturali e atteggiamenti spirituali che non possono definirsi in astratto ma saranno il prodotto delle profondamente mutate condizioni del vivere civile. Questa è la nostra risposta al "che fare?", senza facili illusioni e ben sapendo che la grande frana che incombe potrebbe precipitare l'umanità nel baratro, non elevarla ai giardini di un paradiso che mai fu reale e che non è dato su questa terra.
Giovanni Marini (Registered) 27-10-2009 15:52

Nel complimentarmi innanzitutto con Fabio Mazza per l'ottimo articolo vorrei rispondere a Sergio il quale sottolinea la carenza dell'aspetto propositivo del MZ rispetto a quello critico. Ed è vero. Ma ciò non è dovuto a scarsa attenzione, ma ad una oggettiva difficoltà. M. Fini stesso lo riconobbe in un suo scritto. Il dramma del nostro tempo è che non ci sono più grandi filosofi e quei pochi sono filosofi della scienza. Lo strepitoso sviluppo della scienza ha, come dire, tolto lavoro alla filosofia, l'ha ridotta ad ancella della scienza, ne ha inaridito le fonti umanistiche proprio in un momento in cui avremmo bisogno di un pensiero forte e critico. Abbiamo quindi una diagnosi ma non abbiamo una cura. E' per questo che il programma del MZ è volutamente minimalista (gli 11 punti del manifesto), ma non è necessariamente un difetto giacchè ad esso possono ispirarsi persone anche con diverse impostazioni culturali e politiche. Credo che siano molte, forse anche più di quante non si creda, che anche se non hanno letto nulla di M. Fini avvertono nell'animo un serpeggiante disagio che in questo mondo meraviglioso, scintillante, opulento ci sia qualcosa di profondamente sbagliato.
stediludo (IP:87.2.202.224) 27-10-2009 16:45

Completamente d'accordo con Luciano. Non è vero che MZ o chi scrive abitualmente su questo blog si limiti alla pars destruens non avendo nulla di concreto da proporre. E se spesso si guarda troppo al passato, è perché in esso si è conviti di trovare ispirazioni e modelli validi e proponibili, seppur con dovuta rivisitazione, anche nel presente. Luciano elenca infatti una serie di proposte che disegnano un valido modello di società alternativa. Che poi tale modello sia poco realizzabile nelle attuali condizioni storiche non significa che noi dovremmo annacquarlo a più non posso, altrimenti saremmo solo dei banali riformisti e di "ribelle" non ci resterebbe niente. Onestamente tutta questa smania di proposte "concrete", di "fare", di "realizzabilità" mi è sempre stato sospetto, e chi ha la tendenza alla "concretezza" finisce sempre nel "compromesso", quindi in realtà così ribelle non è e dopo tutto in questo mondo non vi si trova così male. Il vero ribelle invece non ha bisogno né di compremessi né di concretezza: gli basta la sua "interiorità", perché la resitenza a questo mondo è innanzi tutto interiore, e la "piccola guerra" che pur vogliamo combattere nella realtà è solo il riflesso della più importante e decisiva "grande guerra" interiore. Paradossalmente, più si è "ribelli" e più quello che avviene attorno non ci tocca, più gli siamo, al mondo, indifferenti. Perché ben altro è il nostro destino...
Longino (IP:93.43.134.11) 27-10-2009 21:42

Come è stato detto è vero che sono necessari solidi riferimenti culturali per una valida proposta alternativa ma ritornando al discorso sulla fiducia, son necessari anche capi e maestri di vita in base per quali orientarsi per il loro carisma. Nella società democratica e moderna manca lo spazio per tali personalità...Antimoderni rimangono però il Dalai Lama,il papa e l'ayatollah...
stediludo (Super Administrator) 27-10-2009 22:22

Molto puntuale l'osservazione di Longino. Una delle tante disgrazie del nostro tempo è proprio la mancanza di figure ideali, di guide, di maestri appunto di cui fidarsi e a cui affidarsi. Ma lo sappiamo, no, siamo in epoca "democratica", l'epoca delle masse, e i maestri democratici invitano a diffidare di santi ed eroi (come diceva quel tale...). E invece proprio di questi si avrebbe bisogno, pena il considerare santi ed eroi i Berlusconi, gli Obama, i Blair, i Michael Jackson, i Totti, i George Cloone, santi ed eroi dell'epoca democratica, dell'epoca delle masse...
kulma (Registered) 28-10-2009 11:44

@ stefano: condivido la tua visione del ribelle, che ricorda molto la figura sia dell'unico stirneriano che dell'anarca jungeriano. io ho sempre preferito il ribelle al rivoluzionario, nel quale vedo un'ortodossia di fondo che mal si sposa con il mio spirito. partendo da queste considerazioni, però, mi viene da chiederti una cosa: che senso ha, allora, far parte di un movimento come mz? si ha paura di essere soli? che senso ha fare battaglie contro la dittatura bancaria? contro il dal molin? la tav? ecc...

un'ultima cosa: non guasterebbe un pò di cautela sull'utilizzo di queste "accuse" (anche se implicite) di riformismo rivolte a chi si mostra un pò pragmatico (come ad esempio il buon fabio); ogni volta mi tornano alla mente quelle noiose assemblee marxiste ortodosse, in cui ti beccavi del borghese (se ti andava bene) o del fascista non appena mostravi minimi segni di voler portare la discussione al lato pratico proponendo azioni, le quali sono per definizione meno ribelli del pensiero visto che - per quanto possano avere orizzonti ampi - scendono al livello della realtà e con essa si confrontano, si scontrano e si incontrano. La realtà del mondo di oggi non è un concetto, che può essere superato con un altro concetto. Occorre affondare le mani nella merda per tirare su il tappo.
stediludo (IP:82.60.71.214) 28-10-2009 17:30

Le ragioni per cui è nato - e per cui io ho aderito, seppur a fasi alterne - a MZ sono quelle del Manifesto e chiarite da Fini nella presentazione dello stesso e nel suo appello. Ma come abbiamo più volte sottolineato, il nostro "passare all'azione", vista la radicalità delle nostre proposte, non può che avere, sul piano delle battaglie pratiche, una valenza innanzi tutto simbolica, ideale, di richiamo critico. Tanto è vero che MZ si è risolto per il momento ad essere, più che altro, un movimento di opinione, che vuole dare il suo piccolo contributo per smuovere le menti e offrire piani di lettura alternetivi della realtà.
Riguardo alle accuse di questo e quello a quelli o a questi, a me pare che siano gli smaniosi dell'azione a tutti i costi, di quelli che non possono vivere senza agire, senza fare, spesso qualsiasi cosa pur di agire, fare (smania tipicamente moderna...), che non perdono mai occasione di accusare e criticare chi a loro dire si trastulla e masturba in sogni e contorcimenti mentali, chi vuole chiudersi a loro dire nella famosa torre d'avorio.
Ma alla fine, la vera alternativa non è tra chi vuole agire e chi vuole solo pensare. Questo è un falso problema, e l'accusa di immobilismo nasconde spesso solo la mancanza di una visione davvero alternativa delle cose. La vera alternativa è tra chi si sente davvero estraneo a questo mondo - e chiaramente non può che limitarsi ad una battaglia metapolitica o simbolica - e chi dopo tutto in questo mondo ci si trova bene e vuole solo dargli una riverniciata per starci ancora meglio - e che quindi può permettersi di fare battaglie "concrete", realizzabili, per vivere così finalmente felice e contento nel migliore dei mondi possibili. Auguri...
Giovanni Marini (Registered) 28-10-2009 18:38

Con l'ultimo intervento di stediludo lasciamo il campo della politica ed entriamo in quello della psichiatria. In realtà chi si sente davvero estraneo a questo mondo è un soggetto patologico.
Sergio (Registered) 28-10-2009 22:19

In effetti, io non lo volevo dire, ma dopo le ultime due righe d Giovanni Marini, mi azzardo a dirlo - bonariamente, non me ne volere troppo - Stediludo, che la tua reazione mi era sembrata un tantino "isterica", se posso osare, ovvero che fai un po' tutto da te: basta rilevare che nei dibattiti su questo sito c'e' una evidente carenza di attenzione quanto ad un aspetto propositivo ovvero a quello del "che fare" che subito uno viene tacciato di essere prima "sospetto", poi "smanioso di realizzabilita'" e di "azione a tutti i costi" quale che sia e poi inevitabilmente "destinato al compromesso". Ma, ancora peggio, si presume di averlo stanato nel suo non essere sufficientemente puro nel suo ribellismo, tanto da trovarsi cosi' bene in questa realta' (il criminale) da riuscire perfino a (ovviamente illudersi di) trovare nonostante essa una via per dare una forma alla sua vita che ritiene coerente e non allineata, anzi addirittura propositiva in direzione radicalmente alternativa (tu pensa che sfacciataggine!!).
Io direi piuttosto che, se si vuole contrabbandare una sostanziale dichiarazione d impotenza e di alienazione per una lucidita' cosi' superiore da impedire il volgare(?) confronto con i dati di fatto reali e la ricerca di un vivere concretamente sano e proponibile nonostante tutto perche' questo sarebbe segno certo di una malcelata soddisfazione verso la modernita', a me non basta l'allusione all'idea che, tanto, "ben altro e' il nostro destino....". Si? E quale sarebbe? E dove? C'e' qualcuno che crede a un dio cosi' stupido da tenere in serbo un qualche paradiso per chi si accontenta di sentirsi superiore a tutti gli altri unicamente in virtu' di idee che rifiutano di misurarsi con la realta'? Che si fa perfino un punto di orgoglio nel disprezzare il confronto tra la propria condizione materiale del tutto moderna ed il proprio "spirito" nobilmente estraniato in un estraniamento fine a se' stesso? Se c'e' un dio che da' tanto valore a chi non ne da' alla concretezza della propria vita vivente e di quella altrui.....auguri! Io non credo che ci sia e che comunque sarebbe un dio ben stupido, un dio davvero antropocentrico - una ben misera condizione per un dio!

A Luciano Fuschini vorre rispondere, certo: quelle che elenchi sono tutte proposte interessanti, pero' devo dire che, dopo diversi mesi che seguo il sito, di post che entrino nel merito di questo tipo di cose io ne ricordo davvero pochissimi e forse solo (o quasi) da parte tua. Io qualche domanda me la farei.
E me la farei anche a proposito del fatto, che ricordava anche Giovanni, dell'oggettiva difficolta', nella fase storica attuale, del concepire qualcosa come un programma politico che non sia realizzabile-perche'-compromissorio (non e' che non mi renda conto della trappola ne' di quanti ci cadano) ma neanche privo di qualsiasi credibilita'.
D'altra parte, quando io suggerisco di rivolgere l'attenzione alla dimensione pratica e di rimanere antimoderni, ma immaginando delle vie proponibili, lo faccio a partire dalla consapevolezza - che ben mostrava anche Luciano - che il sistema attuale e' destinato a crollare da se' sotto il peso della sua insostenibilita' e della sua contrarieta' alle leggi naturali. Se, come sottoscrivo pienamente, il ruolo de i ribelli, se piace chiamarli cosi', o degli alternativi (direi, piu' che antagonsti), o come vi pare, e' quello di "delineare le forme di civilta' del dopo-disastro", se "le forme culturali e gli atteggiamenti spirituali che scaturiranno non possono definirsi in astratto ma saranno il prodotto delle profondamente mutate condizioni del vivere civile" io credo che il punto non sia comunque tanto quello di delineare una serie di punti di "programma" (cosa che e' stata fatta e rifatta gia' tante volte nella storia con i risultati che sappiamo) ma di prendere atto del fatto che gli elementi embrionali di cio' non e' sufficente teorizzarli (e gia' sarebbe qualcosa), ma, a livello individuale e di piccoli gruppi, e' possibile e necessario cominciare nel piccolo e direttamente fin da ora a costruirli concretamente e non solo, ma che anche il dibattito teorico sarebbe molto piu' utile se vertesse sulle esperienze a confronto tra i diversi modi vissuti personalmente di cominciare fin da ora a creare strade diverse e possibili.
Questo sarebbe molto interessante, anche dal punto di vista del confronto teorico, perche' la pratica cambia la teoria, non solo ne' necessariamente quando e se la perverte nel compromesso, ma anche perche' la salva da una narcisistica pretesa di purezza "interiore" il cui sbocco ultimo non puo' essere altro che un inutile nichilismo solipsistico. Che e' la quintessenza dell'antropocentrismo romantico (anche se volesse pennellarsi di coscienza cosmica o di qualcosa del genere).

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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 28-10-2009 23:16

Devo concedere a Sergio che in MZ il rischio di chiudersi in un autocompiacimento narcisistico per la propria diversità, in una sorta di aristocraticismo che si preclude a possibili convergenze, è un rischio reale. D'altra parte i timori espressi da stediludo sono fondati, non sono un sintomo di squilibrio psichico come sorprendentemente insinua Giovanni Marini, di solito molto misurato e corretto nei toni: ogni tentativo di scendere sul terreno delle proposte concrete, nelle attuali condizioni di disastro di civiltà, autentica frana epocale, ci confonderebbe con un riformismo che è forse il peggior nemico per le illusioni che genera. Penso che in questa discussione il punto fermo su cui tutti siamo d'accordo è che soltanto la fine traumatica di questo sistema possa sbloccare la situazione e rendere credibili le nostre analisi. Per questo vorrei che MZ fosse non solo il luogo di un dibattito culturale ma anche un laboratorio di teoria politica per delineare possibili scenari del dopo disastro. Questo non sarebbe riformismo. Costruire concretamente fin da ora elementi embrionali di un'alternativa, come invita a fare Sergio, mi sembra una via impraticabile: bisogna prendere coscienza del livello estremo di decadenza in cui siamo precipitati. I piccoli gruppi che tentano di testimoniare un'alternativa con le loro scelte di vita possono fare un' esperienza esistenziale gratificante, forse si salvano l'anima, ma non possono pervenire ad altro.
Sergio (Registered) 28-10-2009 23:54

(a Luciano)

.....come per ogni altra ipotesi dipende da in quanti si e' a metterla in pratica: raggiunta una massa critica ogni utopia praticata comincia ad influenzare la realta'.

E poi, siamo sicuri di vedere il crollo di questo sistema nel corso della nostra vita? Durera' qualche settimana o diversi decenni? E vedremo anche il momento in cui si ricomincera' a voler costruire qualcosa? E coloro che lo faranno allora si muoveranno direttamente sul piano pratico (il che non vuol dire senza una visione) o si leggeranno prima le analisi sugli scenari post-crollo dibattuti in precedenza su qualche forum destinato a pervenire a qualcosa?
stediludo (IP:82.60.71.214) 29-10-2009 00:04

Complimenti a Giovanni Marini e Sergio Cabras per le offese gratuite ad personam. Se non ricordo male, finora, salvo rarissimi e subito rientrati casi, in questo blog nessuno aveva mai offeso personalmente nessuno. Davvero bella, poi, soprattutto quella dell'estraneo a questo mondo che sarebbe un soggetto patologico: è proprio l'accusa che più spesso viene fatta dai cani da guardia del sistema agli antagonisti, tacciati non di avere, semplicemente e legittimamente, un punto di vista, un pensiero, differente, ma, appunto, di essere in fin dei conti dei poveri malati da mandare dallo psicanalista. Facile ribaltare l'accusa: gli antagonisti possono sempre dire che i veri malati sono loro e buona notte. E' una vecchia storia: per i benpensanti Nietzsche è stato solo un povero pazzo; per Nietzsche tutta la modernità è stata solo un caso di malcelata patologia psichiatrica. Ed è inutile dire che io, nella contesa, parteggio per Nietzsche (ed è quindi chiaro cosa posso pensare del Marini, visto che mi costringe a scendere a simili livelli).
Riguardo all'altro "criminale", ovvero Cabras, gli ha già risposto il sempre lucido Fuschini: fatti pure le tue belle spaghettate conviviali in campagna: i "demoni" che reggono le sorti del mondo non si spaventeranno certo! E poi: ma non lo sai che pure il tuo tanto amato Budda (che ovviamente si rivolta nella sua tomba "celeste" ogni qualvolta i buddisti della domenica della tua risma si riempiono la bocca del suo sacro nome) diceva che chi si permette di offendere il Dio altrui (dandogli addirittura dello stupido!) commette il più atroce delitto? Un po' di tolleranza, dai, un po' della tanto vostra amata non-violenza...!
Fabio Mazza (Registered) 29-10-2009 09:55

Ragazzi, moderiamo i toni, non siamo all'asilo.
Per Sergio E Stefano.

Stefano, sei ingiusto con Sergio, che forse è proprio la persona che con le sue scelte, il suo stile di vita e il suo "appartarsi" dal mondo moderno e dalle sue follie, ricalca più il profilo da te delineato di "aristoi" che non si mischia con certe bassezze perchè è conscio della propria superiorità, morale in primis.
Anche Sergio ha usato toni forti, ma questo deriva credo dalla tua "rigidità" Stefano, intesa alla buona.
Hai un'atteggiamento del tipo: le cose sono cosi punto e basta.
é normale che di fronte ad un atteggiamento da "maestro" che riprende gli allievi un po troppo tendenti al compromesso e al "riformismo", qualcuno si rompa le palle e risponda in questo modo. Specie per il fatto che queste etichette "ribelle", "antisistema" e via dicendo, non portano da nessuna parte.
In tuo onore devo riconoscere che è vero, che è importante in primis mantenere la propria individualità e la propria moralità, lontana da certe bassezze, ma il considerare alcune contingenze storiche come battaglie da combattere non mi pare "scendere a patti".
Un esempio concreto. é vero se si attua parzialmente la decrescita e l'ecosostenibilità, probabilmente il sistema produttivo e sociale non cambierà più di tanto. Ma forse i danni al pianeta si ridurrano, e lo stupro della natura di conseguenza.
A me non importa delle etichette, ma dei risultati. ci tengo a questo mondo, perchè ne faccio parte, sono parte di esso. é non mi va di starmene seduto ad aspettare una sua imminente (?) distruzione o collasso, per poi compiacermene sardonicamente con un "l'avevo detto", di dubbio gusto e utilità.
Odio questa società e questo sistema produttivo ed economico. Ma amo il mio mondo e anche da un certo punto di vista i miei simili. E non sono cosi nichilista o misantropo da augurarmi sciagure mondiali che mi permettano di costruire sulle rovine (che tra l'altro già stiamo vivendo, non c'è bisogno di aspettarle, è il momento di ricostruire).

Per tutti: pur essendo io antiegualitario, è ora di renderci conto che i periodi delle elites di tipo aristocratico al momento non torneranno. Nel bene o nel male la democrazia ( o quello che ci spacciano per tale) al momento ci impone di divulgare il nostro pensiero il più largamente possibile. Anche perchè, ipotizzando uno scenario di crollo, imminente o meno che sia, se le nostre idee non sono abbastanza diffuse e condivise, CHI CI ASSICURA CHE, DOPO IL CROLLO, NON SI RICOMINCI TUTTO DA CAPO, E QUALCHE "ARRUFAPOPOLO" DEMAGOGO NON RICOMINCI IL SOLITO GIOCHINO E RIPORTI IL TUTTO ALLA SITUAZIONE ATTUALE? Perchè la gente dovrebbe vivere secondo quello che noi proponiamo se non lo conosce?
stediludo (IP:87.5.139.216) 29-10-2009 10:51

Caro Fabio, qua non si tratta di toni forti che possono essere anch'essi benvenuti se a sostegno di tesi e argomentazioni, ma di offese gratuite alla persona, offese fatte da Marini e condivise da Cabras. Abbiamo sempre detto che in questo blog - che io dirigo insieme a Max Viviani e quindi le modalità di conduzione le decidiamo noi - si è liberi di esprimere tutte le idee di questo mondo, anche con toni accesi e, perché no, con rigidità, ma non è permesso offendere le persone. Se qualcuno di fronte alle mie tesi e alle mie posizioni non ha altro da dire se non offendere anziché controargomentare, è pregato di astenersi dall'intervenire e di cambiare aria: di blog dove ci si limita a scazzarsi e ad insultarsi reciprocamente è pieno il web.
Sergio (Registered) 29-10-2009 13:52

Guarda Stediludo, esimio direttore, se guardi bene cio' che e' stato scritto, chi ha veramente fatto delle insinuazioni offensive, dapprima velate e poi e' passato brutalmente agli insulti sei stato tu, non io: io mi sono limitato a dire che in queste tue accuse tu facevi tutti i passaggi per conto tuo reagendo - come hai confermato nelle risposte successive ancor piu' di come confermo io qui - in modo un po' isterico (e adesso gli posso anche togliere le virgolette). Quanto invece alle argomentazioni credo di averne accompagnate a cio' che definisci offese, direi a differenza di te che non fai che insistere su chi puo' o meno fregiarsi di questa ormai un po' autocelebrativa patente di "ribelle" che francamente, brandita in questo modo e con la pretesa di avere l'esclusiva di non si sa bene quale verita', ha anche un po' stufato. Anzi, ti diro' che ricorda molto l'abitudine dei politici italiani a definire tutto in base all'etichetta di destra e di sinistra pensando che cio' basti: allo stesso modo qui c'e' chi arriva solo fino a dividere il mondo in "ribelli antimoderni" e "servi del sistema mascherati in vario modo" e li' si ferma, ovvero nello stesso punto da dove era partito e dove in realta' voleva rimanere - ma allora non si capisce il senso di un forum e meno ancora di dirigerlo.
Io posso dirti solo (senza entrare nel merito del "buddhista della domenica" su cui ti consiglio prima di sapere di cosa e con chi parli per evitare qualche brutta figura) che se fra me e te c'e' uno che chiacchiera ma all'atto pratico e' sostanzialmente integrato nel sistema e nella modernita', non sono certo io.
Ad ogni modo, detto questo - e visto che hai gia' provveduto a passare ad un nuovo post - torno volentieri alle mie spaghettate conviviali in campagna e ti lascio alla tua purezza autonominata, in attesa che i "demoni" che vedi dappertutto a reggere le sorti del mondo (che invece siamo tutti quanti a reggere, in un modo o nell'altro) si spaventino finalmente delle tue chiacchiere, visto che non lo fanno delle mie scelte.
Spero solo di non ingrassare troppo, nella temo lunga attesa, a forza di spaghetti!
max (Super Administrator) 29-10-2009 14:18

Anche a me pare che le offese siano partite dalla insinuazione di Giovanni Marini, che io trovo del tutto gratuita.
Riprendo l'appunto di Stefano: non essere d'accordo è lecito, criticare in generale i comportamenti pure, ma portare le critiche, o ancora peggio, le offese sul piano personale, no. Ci teniamo che in questo blog le posizioni, critiche o avverse finchè si vuole, restino sempre sul piano delle idee.
stediludo (IP:87.5.139.216) 29-10-2009 14:38

Sfido chiunque, visto che Cabras dice cha ad offendere ho iniziato io, a citare qualche mia offesa di tipo personale in questo blog, del pari di quelle lanciate a mio carico da Marini e che Cabras che ha detto di condividere (aggiungere delle argomentazioni ad un post in cui si riprendono delle offese personali esplicite, non significa che queste non restino tali). Riguardo alla mia idea di "ribellione", credo che in tutti i miei articoli e nei miei post presenti in questo blog c'è materiale in abbondanza per capire qual'è. E se di tutto ciò, caro Cabras, ti sei stufato, come già detto puoi benissmo cambiare aria: non capisco proprio che senso abbia intervenire in un blog di cui non si condivide l'impostazione - se permetti l'impostazione al blog gliela dà chi lo dirige - se non per insultare (seppur con argomentazioni al seguito...) appunto chi lo dirige. Ma prima di cambiare aria, ti sarei grato se mi svelassi la tua arcana e magnifica identità, così se per caso mi capitasse di incotrarti in altri contesti, come mi consigli tu (in verità non ho capito se è un consiglio o una minaccia...), ci penserò effettivamente due volte prima di reagire alle tue offese, perché, questo l'ho capito, tu devi essere un tipo che mena!:-)) Intanto buon appetito!
Sergio (Registered) 29-10-2009 14:51

no no, non meno (e perche' dovrei poi?): vedo che capisci anche meno di quanto pensassi. Ad ogni modo se sei interessato alla mia "arcana e magnifica" identita', caro direttore, cosi' come alle mie posizioni in generale, puoi trovarne sufficienti informazioni sul mio sito
www.ecofondamentalista.it
il cui link hai provveduto a cancellare da questo sito dopo che hai trovato nei miei post qualcosa che non ti piaceva e senza degnarti di rispondere alle persone che ripetutamente te ne hanno chieste.
stediludo (IP:87.5.139.216) 29-10-2009 15:33

Non ti dare troppa importanza: il tuo sito è stato cancellato per ragioni molto più banali. Unitamente al mio "socio" di direzione abbiamo deciso di mantenere solo i siti riferibili a realtà associative o informative di un certo rilielvo e consistenza, e non i siti di anonimi e autoreferenziali internauti (altrimenti avremmo dovuto inserirne un'infinità). Questo solo per estrema cortesia nei tuoi confronti (hai visto che neanch'io sono così cattivo come credi?:-) e per cercare di tenerti buono (visto che appunto non ti conosco, che non meni non lo posso sapere:-), visto che non siamo tenuti a dar conto a te e a chicchessia delle scelte di impostazione del blog.
Riguardo alle informazioni sul tuo conto, non ci crederai ma ho letto spesso il tuo sito; ed è proprio da questa lettura che mi sono convinto della "domenicalità" del tuo buddismo, tratto tipico di molta neospiritualità posticcia e confusionaria della tarda modernità, di quelle epoche di tramonto così ben descritte dall'articolo appena inserito di Simonetti.
Sergio (Registered) 29-10-2009 15:49

no, non mi stupisce affatto che tu abbia letto il mio sito, ma una cosa e' leggere ed un'altra e' capire (il che e' difficile, se lo si fa con i paraocchi) e, come ripeto, vedo che capisci anche meno di quanto pensassi...e non solo la domenica mi pare. Comunque, buona fortuna, a te e soprattutto a chi ti da' retta.
Fabio Mazza (Registered) 29-10-2009 17:28

Invito tutti, anche se non è il mio ruolo a moderare i toni e smettere di fare le "prime donne".
Tra persone intelligenti si cerca di sanare i contrasti, non si fa a gara a chi è più o meno antimoderno, o a chi insulta di più.
Detto questo per Stefano in qualità di direttore, da militante.
é vero che il forum lo dirigi tu insieme a Massimiliano, cosa che mi trova perfettamente felice e soddisfatto, ma la nomina a direttori del blog non è venuta dal cielo, bensì dal direttivo del movimento, che rappresenta i militanti.
Ora, da questo si deduce che il blog è diretto da voi, per noi.
Se alcune persone, interne o meno ad MZ, ma attive frequentatrici del blog pongono una questione di merito su alcune cose non le si può eludere con un "cambia aria" che sinceramente dovrebbe avere poca cittadinanza in un movimento come il nostro, e in special modo verso Cabras, che finora ho visto moderato nei commenti e con interventi puntuali e profondi.

Per Cabras, contesto la discesa sul piano personale, cosi come la contesto a Stefano.
Credo che all'origine di tutto ci sia solo una certa irruenza di entrambi, giustificabile, ma non opportuna a mio parere in un momento in cui le nostre forze devono essere coese e non frammentate, con ciascuno che guarda al suo "orticello".
Grazie.
Giovanni Marini (Registered) 30-10-2009 09:20

La mia battuta, pesante lo ammetto, è stata però generata dalle ultime sprezzanti righe del post di stediludo che mi precede. Ovvio che non penso affatto che sia uno psicopatico, anche se è stata così recepita, come non penso neanche che sia davvero estraneo a questo mondo. I sensi e tutto ci relazionano a questo mondo che, ci piaccia o no, ci condiziona. In questo senso una reale estraneità significa perdita di contatto con la realtà, situazione patologica senza dubbio. E' vero che di tanto in tanto si accendono fiammate polemiche, ma penso sia normale e perfino divertente. Se stediludo vuol essere sprezzante nel commentare certe opinioni lo sia accidenti, si aspetti però delle reazioni, altrimenti moriremo tutti di noia. Un saluto a tutti.
Sergio (Registered) 30-10-2009 12:29

Mi pare che le parole di Giovanni Marini siano quelle di una persona ragionevole ovvero che capisce le cose. In questo caso capisce che stiamo in una sede di dibattito dove ci "divertiamo"a mettere a confronto dialettico aspetti diversi, a volte compatibili tra loro ed altre no, di una visione antimoderna della realtà. Il contenuto e l'intento cercano di essere seri naturalmente, credo sia lo spirito di tutti, pero' dovrebbe rimanere la consapevolezza che questi confronti possono aiutarci a chiarire delle idee, ma non è certo qui che cambiamo la realtà. Per cui fa parte del "gioco" anche l'affrontarsi talvolta un po' pesantemente.
Per chi però la propria alterità rispetto all'aborrito sistema si riduce solo alle proprie parole, alle proprie posizioni la cui rigidezza diventa ancora più centrale dei contenuti, finisce per attaccarvisi a tal punto che non distingue più la vita dai concetti, gli individui dalle loro espressioni.
Può senz'altro essere utile ed anche un interessante esercizio intellettuale quello di praticare il gioco di questi scambi di idee/battute/punti di vista (accettandone i limiti e sapendo ricominciare da zero ad ogni nuovo confronto - senza attaccarsi ad illusioni di "vittorie" e "sconfitte", "ma de che" poi? si direbbe a Roma). Ma sarebbe sempre molto bene tener presente che la vera realtà sulla quale è necessario aver la capacità di incidere e sulla quale si misura chi più e chi meno davvero sta dentro e chi sta fuori dal sistema che tutti rifiutiamo comincia dopo che abbiamo spento il computer.
Per cui, mentre siamo qui a discutere, sarebbe ragionevole non perder di vista il fatto che gli eventuali duelli sono fatti di parole e che noi non siamo le nostre parole né i nostri concetti né le nostre proclamate verità.
Altrimenti sarebbe facile cambiare sia noi stessi che il mondo.
Ma non lo è.
martiusmarcus (Registered) 30-10-2009 18:28

Trovo la voglia di Sergio sperimentare nella pratica veramente "nobile": la quintessenza della lotta all'ignavia che pervade il nostro - nostro di tutti - modo di vivere alienato in una finta socialità. Ma appunto un blog è questo: è una aberrazione relazionale che produce finzione sia nell'avvicinarsi che nell'allontanarsi.
Credo che Stefano - da cui a rigor di bytes - mi sento più lontano rappresenti al meglio tutto il giovanile rodomontismo tardoromantico da cui MZ si dovrebbe guardare come dalla peste. Nulla di personale, stefano: è politica, la mia.
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