Ma tu dov’eri, quando invasero il Tibet?!

26 novembre 2009

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Esattamente sessant'anni fa, verso la fine del 1949,  con il discorso di Mao sui "territori separati dalla madrepatria", virtualmente la Cina comunista poneva fine all'indipendenza del Tibet, anticipando l'invasione vera e propria degli anni successivi, che portò a massacri, distruzioni, annientamenti di corpi e menti. Io sono nato nel 1950. Mai, nella mia infanzia e nella mia adolescenza, qualcuno mi ha parlato del Tibet. L’unico ricordo che ne ho si riferisce ad un’avventura di Topolino (probabilmente risalente alla seconda metà degli anni Cinquanta), in cui l’eroe disneyano si reca in quella terra lontana e fuori dal mondo non so più per quale motivo. Ho vaghissimi ricordi di quella storia. Strani abitanti, sempre sorridenti, forse un po’ tonti e piuttosto rozzi, con buffi cappelli, e strani animali pelosi, gli yak. In particolare mi colpì la curiosa abitudine di offrire agli ospiti il tè con burro di yak. Ricordo che mi affascinò talmente che tentai di riproporla ai miei familiari, ripiegando naturalmente su casereccio burro di vacca. A me piacque molto, ma a loro no, e l’esperimento finì subito. Mi piacerebbe moltissimo rileggerla.
Nel 1959, il Dalai Lama fuggì in India, e il destino di quella nazione si compì: ciò che accade oggi è solo l’ennesima tappa di una lunghissima agonia. Avevo nove anni, vivevo in una famiglia colta, informata, laica, ‘di sinistra’, avevo libri e giornali a disposizione, ma ancora non sentii nulla sul Tibet, nemmeno negli anni successivi. Dieci anni dopo, scesi in strada anch’io, assieme a decine di migliaia di miei coetanei in tutto il mondo, agitando il Libretto Rosso, e inneggiando al Presidente Mao. Nei nostri Larari, il suo ritratto stava accanto a quello di Stalin. Non sapevamo nulla, non capivamo niente, ma ci era stata data una promessa, ci era stato promesso un sogno, e noi lo inseguivamo ciecamente, e spietatamente. Continuai a non sentir parlare del Tibet. O forse qualche notizia sì, ci arrivò, che la Cina l’aveva invaso, cacciando i monaci dai loro monasteri polverosi e portando il sol dell’avvenire tra le nebbie del feudalesimo teocratico. ‘Ben gli sta – commentavamo – a quei primitivi, così finalmente scoprono la civiltà’. Del resto, Robespierre non ha forse scritto che “bisogna rendere gli uomini felici anche contro la loro volontà”? La mia beata ignoranza continuò, parallelamente alla mia militanza a sinistra, fiero combattente del Progresso contro i cascami della Storia.
Nel 1997 uscirono due film, Sette anni in Tibet, di J-J. Annaud e Kundun, di M. Scorsese. Il primo non andammo nemmeno a vederlo (‘le avventure di un nazista in Tibet: perversione su perversione!’), il secondo sì, ma solo perché ci si vedeva il Presidente Mao, e naturalmente facendo il tifo per lui. Alcuni anni prima, avevo cominciato a fare una scoperta: che, a voler essere sincero con me stesso, tutto quel parlare di materialismo storico e scientifico non mi interessava minimamente, che mi annoiava a morte, e che quel che sempre più intensamente mi tormentava era il problema della ‘salvezza’. Cominciai ad interessarmi di antropologia religiosa, trovando in quegli studi un senso di liberazione mai provato prima. Incontrai anche il buddhismo, naturalmente, ma ancora una volta non lo associai al Tibet. Fino – ebbene sì – fino alla preparazione delle Olimpiadi, alla rivolta ed alla repressione, fino a questo ultimo grido di dolore che da quelle montagne martoriate si è levato verso il mondo, svegliando anche le coscienze addormentate come la mia. Non cerco giustificazioni.
Tuttavia mi domando: perché? Io credo – lo credo ancora, nonostante tutto – che un’organizzazione sociale di tipo comunistico possa essere profondamente umana e giusta: dando ad ognuno secondo i suoi bisogni, chiedendo ad ognuno secondo le sue capacità, prendendo dalla Natura solo ciò che effettivamente serve, impedendo violenza e sopraffazione dell’individuo sull’individuo. E quanti siano i punti di contatto tra questo visione del mondo e quella buddhista, ognuno lo può vedere da solo. Perché allora, è andata così? Perché è accaduto che una magnifica utopia si sia trasformata in una macchina di antiumana violenza? Ma soprattutto: perché nessuno mai ce l’ha mai detto? Perché nessuno ci ha mai detto la verità? Perché nessuno ci ha mai raccontato che dietro ai volti sorridenti che sfavillavano dalle pagine de La Cina stavano migliaia di monaci assassinati, di monache stuprate, cataste di saggezza bruciate? Perché nessuno ci ha mai spiegato che con tali orrori quell’utopia si stava suicidando, e stava distruggendo per le generazioni a venire la possibilità che qualcuno potesse ancora avere fiducia in essa? Perché? Cattivi Maestri, abbiamo avuto, sì, ma dello Spirito, non solo e non tanto della politica. Dei loro insegnamenti disonesti oggi paghiamo tutti le conseguenze, compresi i giovani senza più speranze e senza più sogni che dilapidano le loro esistenze in mille follie.

Giuliano Corà

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Fabio Mazza (IP:93.149.19.100) 26-11-2009 11:01

Caro Giuliano, complimenti per l'articolo,del resto mi ci rispecchio molto, perchè, sia per la mia zona di nascita, sia per la mia famiglia ho avuto, intorno ai 16 anni una militanza di sinistra come la tua, anche se distanziata di 30 anni. Poi con gli anni ho rettificato a 360 gradi le mie opinioni. E ho capito che quello che cercavo non si poteva trovare a sinistra, ne tantomeno nel comunismo.
Credo che la parte più interessante del tuo articolo sia la seguente:

" Tuttavia mi domando: perché? Io credo %u2013 lo credo ancora, nonostante tutto %u2013 che un%u2019organizzazione sociale di tipo comunistico possa essere profondamente umana e giusta: dando ad ognuno secondo i suoi bisogni, chiedendo ad ognuno secondo le sue capacità, prendendo dalla Natura solo ciò che effettivamente serve, impedendo violenza e sopraffazione dell%u2019individuo sull%u2019individuo. E quanti siano i punti di contatto tra questo visione del mondo e quella buddhista, ognuno lo può vedere da solo. Perché allora, è andata così? Perché è accaduto che una magnifica utopia si sia trasformata in una macchina di antiumana violenza? Ma soprattutto: perché nessuno mai ce l%u2019ha mai detto? Perché nessuno ci ha mai detto la verità? Perché nessuno ci ha mai raccontato che dietro ai volti sorridenti che sfavillavano dalle pagine de La Cina stavano migliaia di monaci assassinati, di monache stuprate, cataste di saggezza bruciate? Perché nessuno ci ha mai spiegato che con tali orrori quell%u2019utopia si stava suicidando, e stava distruggendo per le generazioni a venire la possibilità che qualcuno potesse ancora avere fiducia in essa?.."
La risposta è insita nella stessa ideologia comunistica, che, applicazione materialistica del cristianesimo dei primordi, si cela un profondo senso di "ingiustizia" nella coatta uguaglianza. Questo in primis perchè non solo gli uomini non sono uguali, ma nemmeno devono esserlo! L'ideologia comunista che sovverte ogni senso più alto di gerarchia e livella tutti ad identiche prerogative e possibilità (questo a livello ideale), trovò nella prassi qualcosa di ancora peggiore, ovvero la costruzione di una "nuova elite" che però aveva solo i tratti deteriori del comando, quelli di un totalitarismo che livellava le personalità e instaurava la dittatura del numero e della quantità (in questo ben seguita dal capitalismo in senso però più sottile e diabolico).
Tra l'altro è significativo che tu parli di "prendere dalla natura solo ciò che serve" quando i regimi comunisti furono proprio i meno rispettosi dell'equilibrio naturale, attuando politiche sconsiderate non solo a livello meramente ambientale, ma anche del rapporto dell'uomo con la natura (intesa in senso sacrale).
Anch'io come te venni abbagliato dall'ideale della giustizia sociale che in realtà è qualcosa di profondamene ingiusto, perchè vi è vera giustizia solo nella differenza organica, vi è equità solo ove vi siano chiare posizioni e ognuno abbia un suo posto in una società orientata gerarchicamente, sul modello di quella del feudalesimo, dove chi comanda ha anche delle gravi incompenze, ma sopratutto comanda perchè gli viene riconosciuto un superiore crisma, una certa cornice di sacralità, un certo ethos mancante nei gradi più bassi della gerachia. Non per questo tali gradi sono meno importanti. Chiariamolo una volta per tutte essere subordinati non vuol dire essere inferiori. Difatti in una società organica serve tanto la testa, quanto le membra e le parti più periferiche del corpo, ma è sempre e solo la testa, il centro, che da l'indirizzo generale al corpo. E cosi deve essere, perchè gli uomini non sono, e mai saranno, in grado di autodeterminarsi pienamente. Per questo l'autorità è qualcosa che sempre serve e sempre servirà. Ci si deve solo augurare che tale autorità non sia costiutita da arrivisti e uomini spregiudicati, come è nella realtà attuale, ma che tale vertice sia composto da uomini "superiori", uomini che hanno, per loro natura e formazione, una superiore capacità di vedere le cose nella loro interezza, di incarnare in sè i principi che devono reggere e governare una società, che abbiano infine un che di "spirituale" che crei verso di loro un rapporto di fedeltà e dedizione nelle parti più "materiali" della società.
Per evitare, come tu dici, la sopraffazione dell'individuo sull'individuo l'unico modo è che vi sia un più alto principio ordinatore, che dia non solo rigore, ma anche valori e etica a uomini, che, nell'atomizzata ed edonistica società moderna hanno tutto in vista fuorchè una visione d'insieme o sociale (intesa in senso di società).
amugnolo (Registered) 30-11-1999 00:00

Alla%20domanda%20piu%20importante%20ti%20ha%20gia% 20risposto%20efficacemente%20Fabio%2C%20all%27altr a%20ci%20provo%20io. %0D%0A%0D%0APerch%E8%20nessuno%20ce%20l%27aveva%20 detta%20la%20verit%E0... %0D%0APerch%E8%20le%20democrazie%20liberali%20insi eme%20alle%20democrazie%20di%20stampo%20comunistic o%20avevano%20vinto%20insieme%20la%20guerra%2C%20d a%20alleati. %20La%20guerra%20che%20aveva%20diviso%20la%20vecch ia%20europa%20in%20due%20zone%20di%20influenza%2C% 20distruggendo%20nel%20contempo%20quel%20poco%20ch e%20restava%20della%20sua%20antica%20cultura. %20Da%20una%20parte%20sotto%20l%27egida%20del%20to talitarismo%20economico-democratico- borghese%2C%20dall%27altra%20sotto%20quello%20dell a%20tirannide%20statalista- democratica%20anch%27essa%20basata%20sulla%20econo mia. %0D%0A%0D%0APerch%E8%20il%20PCI%20era%20strettamen te%20collegato%20all%27URSS. %0D%0A%0D%0APerch%E8%20Gramsci%20aveva%20teorizzat o%20che%20la%20presa%20del%20potere%20da%20parte%2 0dei%20comunisti%20italiani%20doveva%20avvenire%20 con%20il%20raggiungimento%20del%20potere%20nel%20c ampo%20della%20informazione%20%28e%20della%20magis tratura%2C%20ma%20questa%20%E8%20un%27altra%20stor ia%29.%20E%20da%20ci%F2... schiere%20di%20intellettuali%20sparsi%20dappertutt o%3A%20nelle%20case%20editrici%2C%20nella%20televi sione%2C%20nelle%20scuole%20e%20nelle%20univesit%E 0%2C%20nei%20giornali%20che%20pedissequamente%20sp argevano%20il%20nuovo%20vangelo%20dagli%20orizzont i%20rossi%20e%20progressisti. %0D%0A%0D%0APerch%E8%20qualcuno%20che%20parlava%20 della%20barbarie%20che%20si%20stava%20consumando%2 0in%20quegli%20anni%20non%20lo%20dovevate%20ascolt are%20in%20quanto%20non%20politicamente%20corretto . %0D%0A%0D%0APerch%E8%2C%20scusami%20Giuliano%2C%20 eravate%20una%20massa%20di%20coglioni%20che%20si%2 0facevano%20depredare%20della%20generosit%E0%20ins ita%20nel%20cuore%20dei%20giovani%20con%20la%20fav ola%20della%20difesa%20dei%20piu%20deboli%2C%20e%2 0con%20questo%20avevate%20portato%20il%20cervello% 20all%27ammasso.
MarMar81 (Registered) 26-11-2009 11:40

Caro Fabio, ciò che scrivi è estremamente giusto. Per altro, dubito che possa considerarsi "giustizia sociale" un sistema che cerca ossessivamente di livellare tutti verso il basso. Io provengo dall'area socialdemocratica, ho sempre considerato miope la visione del mondo proposta dai comunisti (o meglio dai post-comunisti, avendo io 28 anni non ho mai visto dei "veri comunisti" in azione). L'ideale di giustizia sociale va cercato in altra maniera, e il modello di società da te descritto è calzante. Ci sarà giustizia quando non ci saranno corrotti affaristi senza scrupoli che calpesteranno le necessità e la dignità delle persone, tutto qui...
stediludo (Super Administrator) 26-11-2009 11:58

Ogni utopia egualitaria è potenzialmente genocidaria; perché per affermare l'uguaglianza, bisogna iniziare con l'eliminare le differenze...
amugnolo (Registered) 26-11-2009 12:00

Alla domanda piu importante ha risposto efficacemente Fabio, all'altra provo a rispondere io...

Perchè le democrazie di stampo liberista avevano vinto, da alleati, con i comunisti la guerra che aveva diviso l'Europa in due sfere d'influenza. Distruggendo nel contempo il poco che ancora rimaneva della sua vecchia cultura.

Perchè il PCI era strettamente collegato all'URSS, e Gramsci aveva teorizzato, per la presa del potere da parte dei comunisti italiani, che bisognava in primis impossessarsi della informazione: da ciò branchi di intellettuali nelle case editrici, nella televisione, nelle scuole e nelle università, nei giornali che vomitavano il nuovo verbo per la nuova umanità protesa verso gli orizzonti rossi e progressisti.

Perchè qualche voce libera che denunciava la barbarie che si andava consumando, non la dovevate ascoltare in quanto non politicamente corretta.

Perchè, scusami Giuliano, eravate una massa di coglioni che si faceva depredare della generosità naturalmente insita nel cuore dei giovani con la favola della difesa dei piu deboli.
caffedelletre@libero.it
Edoardo Buso (IP:93.37.151.78) 26-11-2009 13:20

Sembra che il comunismo a differenza di altre dittature sia stata l'unica dittatura che dopo aver ottenuto consenso popolare sterminò le stesse persone da cui aveva avuto quel consenso.Insomma il comunismo uccise più comunisti dei nazionalsocialisti.Il comunismo sembra inverosimile uccise i comunisti.
A questo và aggiunta la volontà di onnipotenza degli imperi comunisti che oltre a vendere illusioni ai loro stessi popoli portandoli a fame e miseria,hanno invaso anche popoli che, culturalmente più avanzati,(non sorprenda certi falsi "progressisti"ex comunisti se definisco una teocrazia come quella Tibetana una politica più avanzata ed evoluta di quella marxista)non avevano nessuna intenzione a farsi governare da un'illusione.
Ho usato il termine illusione perchè è questo che è il comunismo un'illusione,materialista invece che religiosa.Come fà una persona di un certo livello culturale a credere (a meno che abbia qualche interesse a crederlo)in un mondo in cui il potere è del popolo?Come fanno milioni di persone a comandare uno stato se non demandano un rappresentante che poi diventa un dittatore?.O all'uguaglianza concreta tra gli individui?Queste sono illusioni per menti da assoggetare al pari delle illusioni(forse più vere perchè non dimostrabili scientificamente ne positivamente ne negativamente)spacciate dai sacerdoti.
Sugli ex comunisti o comunisti o neo marxisti spenderò poche parole ancora,e dirò solo che hanno fallito storicamente,ed oggi devono subire l'umiliazione di convivere con forze di sinistra seppur laicissime,anticlericali ecc come lo sono i socialisti,e i radicali che comunque affermano (all'interno dello stesso schieramento in cui convivono anche le anime marxiste e neo marxiste o gli ex comunisti del Pd o Rifondazione),principi democratici e diritti universali iscritti nell'abc della democrazia che un tempo i comunisti rifiutavano come dimostra l'articolo,come la libertà e l'indipendenza dei popoli,e quella del Tibet,battaglia portata avanti da Panella (un progressista)dal Papa(un cattolico tradizionalista) e anche da intellettuali anticonformisti come Massimo Fini e il nostro Movimento Zero.
Edoardo Buso
stediludo (IP:87.2.150.129) 26-11-2009 14:54

Riguardo alla battaglia per l'indipendenza del Tibet, ahimè c'è poco da farsi illusioni. Essa attualmente è nelle mani di un'elitè completamente asservita alla logica americanista: il Dalai Lama è un personaggio grottesco, che va in giro per il mondo a stringere la mano dei più luridi leader occidentali (che con l'altra fanno affari sporchi con i suoi aguzzini) e tenendo conferenze di buddismo-show in palasport gremiti di vip dello spettacolo tra i quali il buddismo versione coca-cola, come sappiamo, è molto di moda. Del resto uno dei suoi principali sponsor nonché amico personale è Richard Gere, il noto gigolò di Hollywood, altro luogo - denso di spiritualità - in cui il buddismo nella versione suddetta impazza alla grande. Insomma, se il Tibet diventasse un giorno indipendente grazie a simili personaggi, passerebbe da un giorno all'altro dall'etnocidio da falce e martello a quello a stelle e strisce, e vedremo MacDonald's spuntare come funghi accanto ai sacri santuari di Lasha, con i bonzi ridotti a souvenir folkloristici per i turisti yankee e giapponesi. Del resto, una delle recenti campagne pro-Tibet di Richard Gere è stata una sua pubblicità di un'autovettura alla moda in cui si vedeva questa sfrecciare da Hollywood direttamente sul sacro monte di Lasha, accolta da un novizio del tempio. Della serie: arrivano i liberatori!
Panizzi (Registered) 26-11-2009 19:38

mi ha impressionato il fatto di avere avuto una storia simile a quella di Giuliano,tra l'altro anche io sono del 50 .volevo dire due cose.laprima che i paesi come la Cina e tutti gli altri paesi socialisti erano in realta' paesi a capitalismo di stato con aggiunta di dominio spietato di classe da parte dei burocrati,la seconda che anche se non all'ordine del giorno io penso sia auspicabile una societa' che esalti le differenze individuali e che porti all'emergere dei migliori dal punto di vista intellettivo e spirituale.Questo pero',per me,non e' in contrddizione con una ecomia comunistica se questa si limita ad occuparsi solo dell'uomo economico e impedisce il crearsi di ingiustizie e sperequazioni.Ovvero la gerarchia spirituale che dirige lo fa per il bene sociale e non per la propria avidita e proprio in questo fa emergere la sua superirita' morale
fosco2007ò@alice.it
lucianofuschini (Registered) 26-11-2009 23:02

Sottoscrivo parola per parola quanto dice stediludo a proposito del Dalai Lama e del destino che toccherebbe al Tibet se si liberasse del giogo cinese. Trovo equilibrato e costruttivo anche l'intervento di Panizzi.
Vorrei spendere una parola in difesa del cristianesimo: i cristiani non hanno mai teorizzato un'uguaglianza sociale che appiattisca le differenze naturali fra gli individui: l'uguaglianza di cui essi parlano è di dignità sul piano umano, un valore che spero non si perda nel gran parlare che si fa intorno alle aristocrazie dello spirito (e poi, in che modo riconoscerle e valorizzarle?)
Fabio Mazza (IP:93.149.19.100) 27-11-2009 11:20

Per Panizzi
Richiamandosi sia al manifesto di MZ, che ad idee filosofiche personali, ti rispondo che non vi è alcun bisogno di un economia comunistica.
Nel momento in cui l'economia viene ricacciata nel cantuccio che le spetta, e che sensi più alti dell'esistenza vengono riscoperti, la produzione economica stessa diviene qualcosa di necessario solamente ai fini materiali della sopravvivenza e dello "svago" (e altre similari esigenze umane).
Nel momento in cui si torna a forme di autoproduzione e autoconsumo e la società moderna, da anomica e edonistica qual'è ora, diviene organica e correlata da stretti rapporti di comunità e di solidarietà tra membri di uno stesso "humus" culturale e sociale, automaticamente si spezza sia la (perdonatemi ma non resisto) "demonia" dell'economia di tipo capitalistico, sia il bisogno di un'economia ove i mezzi di produzione siano "comunistici" che poi si risolve sempre nel fatto che sono i burocrati a gestirli.
Ognuno produce per una ristretta cerchia di persone e non occorre che ci sia controllo statale centralizzato su tali questioni (questo sempre in ambiti ristretti da "piccole patrie").
Una buona soluzione di contro alla smania economica e produttiva capitalista e marxista è una rivalutazione del "corporativismo" di stampo medioevale, ma qui il discorso se ne va un pò troppo lontano..

Per Luciano.
Io invece vedo nel cristianesimo, forse anche, lo ammetto, per ostilità ideologica, proprio quello che tu neghi: cioè una teorizzazione di uguaglianza sociale che livellando gli individui e sceditando la gerarchia (non è un segreto che con il lapidario "date a Cesare ciò che è di Cesare, e a dio quel che è di dio", si sia data una fortissima spinta alla romanità a deflagrare sotto le ondate dei suoi "nemici" che paradossalmente rappresentavano una sorta di tradizione contro un "impero" cristianizzato), ha permesso anche che moltissimi ideali moderni che noi contestiamo, democrazia e tutti i portati della rivoluzione francese, trionfasserò con il tempo, fino a, paradosso dei paradossi, travolgere l'istituzione chiesa cattolica, che in teoria incorporava ancora quegli stessi principi cristiani sovvertitori.
Per quanto riguarda la dignità umana, nessuno, credo, sostiene che la superiorità di un elemento o la gerarchia voglia dire annullamento della dignità umana dei "sottoposti" o loro abbruttimento coatto; semmai proprio il contrario, dando anche a ruoli e posizioni "materiali" e "inferiori" una dignità e un'importanza che in questa società si riduce solo a numero e "produttività".

Per quanto riguarda come riconoscerli..ahimè qui la questione si fa spinosa, perchè nati e cresciuti in democrazia, ci aspettiamo sempre (e forse a ragione) che la legittimazione di tali "elites" venga dal basso, forse anche memori dello sfacelo in cui tali "aristocrazie" (di nome) versavano al momento della loro eliminazione ad opera del terzo stato..oltre che ad una "desacralizzazione" della politica e dello stato, visto ormai come mera entità temporale e storica, scevra da elementi "sacrali"..la risposta non è facile..e non credo di avere le capacità per darla..forse con una riflessione comune..chissà..
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 27-11-2009 11:32

Fabio, credo fermamente che la moralità consista nell'assunzione piena e consapevole delle responsabilità del proprio ruolo. Questo implica ruoli diversi e quindi rifiuto dell'uguaglianza. Questa ottica è anche cristiana e, in generale, monoteista. Nella civiltà poiteista greco-romana gli schiavi erano dei subumani e la stessa sorte tocca ai paria nella civiltà politeista indù. Il cristianesimo non ha mai negato i ruoli e le differenze sociali. Ha solo affermato che ogni individuo ha la stessa dignità di persona in quanto in ognuno c'è una scintilla divina. Credo sia un valore da difendere.
alessio (Super Administrator) 27-11-2009 16:45

Una domandina semplice semplice, Fabio. Quando parli di "società organica" - termine che fra parentesi mi fa rabbrividire, anche se so da dove lo prendi: ecco, organica in base a che? A quale o quali principi fondanti e di fede, e con quali modi di applicazione concreta? Specifichiamoli una buona volta, altrimenti si resta sempre nell'empireo delle astrazioni.
a.m.
amugnolo (Registered) 27-11-2009 19:08

"Comunità organica" vuol dire che ci si pone l'obbiettivo di raggiungere il maggior grado possibile di giustizia nell'organizzazzione della comunità: dare una condizione adeguata, rispetto alle attitudini personali, agli uomini e alle donne che quella comunità formano. A ciascuno il suo.
L'idea, la metapolitica che informa di se l'azione politica, e ad essa e precedente e non subordinata fornisce i connotati alla organizzazione statuale.
La dove, come avviene oggi, si assiste alla degenerata predominanza della casta dei notabili e dei mercanti, si assiste al primato di una elite formata da persone portatori di questo spirito, con quelle specifiche attitudini e capacità.
La dove lo stato prende forma, nella sua azione politica, da una idea per esempio di tipo tradizionale si assiste al naturale primato della casta dei saggi coadiuvati dalla forza e dalla potenza della casta guerriera.
La maggior parte di chi legge ha gia compreso che con le mie semplici parole, come, in modo sicuramente imperfetto, sto riportando l'insegnamento di Platone.
E, seguendo questo insegnamento, anchio propendo per una organizzazione di tipo comunistico per le caste principali (saggi e guerrieri = Aristoi = aristocrazia) che beneficiano di cio che abbisogna alla loro esistenza materiale da cio che gli passano le caste subordinate dei commercianti e/o produttori, e dei prestatori d'opera, i quali possono, a differenza dei primi possedere beni. Questo è il solo modo che conosco per sentirmi comunista, e cosi rispondo sempre ai miei amici comunisti quando mi vorrebbero simpaticamente intruppare in quella definizione.
Per ultimo...siamo veramente convinti che i paria e gli schiavi odierni vivano in una condizione migliore di quelli del passato? Se prendiamo spunto dai films americani, i romani erano tutti degli esseri prepotenti che pensavano solamente ad accumulare ricchezze e ad organizzare orge di trimalcioniana memoria. Se invece prendiamo spunto da quelli che io guardavo da ragazzino, fatti a cinecittà, i soldati romani impeganti in battaglia portavano a volte un...orologio sul polso.
Fabio Mazza (IP:87.10.62.74) 27-11-2009 19:18

Ero partito con una "filippica" sulla differenza tra una visione "atea" e "nietzchiana", e una spirituale, sempre tenuto presente che le idee che esprimo sono personali, dovuti anche alla mia spiritualità e visione del mondo e che non devono necessariamente combaciare con la linea di MZ, che tra l'altro in molti punti ricalca.
Poi ho pensato che visto che non gradisci mandarla per le lunghe..

In sintesi. Società organica vuol dire che vi è un vertice, composto da uomini che incarnano nella loro persona gli ideali orientativi della società. Nella gerarchia sociale (e interna che si crea), ognuno ha il suo posto, ognuno la sua natura. Nessuno desidera essere qualcos'altro, perchè può, nel suo campo (dall'arte manuale, al lavoro, alle attività intellettuali) eccellere e realizzare qualcosa che arricchisce il tutto (società, comunità e via dicendo).
I principi orientanti? Ma quelli del manifesto! Una vita che si basi su valori e su bisogni non indotti artificialmente dall'esterno; una comunità fatta di rapporti stretti e di reciproche dipendenze e solidarietà; una possibilità di libera espressione e di vita in "piccole patrie" che si riconoscono però tutte in un idea centrale unificatrice.Ora nel mio caso questa visione è quella romana antica: senso dell'onore, dignità, contrarietà alla comodità e al moralismo "borghese", rispetto e culto delle proprie "radici" e delle proprie tradizioni; un senso di disindividualizzazione, per cui l'edonismo attuale lasci posto ad una valorizzazione della comunità, non in senso deteriore di annullamento delle differenze o delle specialità del singolo nella massa (come era per i regimi comunisti); una integrità che si riflette in tutti i campi: dalla politica, al lavoro non più fonte di alienazione, ma di crescita in quanto distrutto il meccanismo produttivo impazzito, che costringe a ritmi da "catena di montaggio" e aliena chi magari, potrebbe trovare nella perizia della sua attività fonte di riconoscimento e un senso di vita, non puramente materiale; la possibilità per tutti di lavorare di meno per vivere di più, non più ostaggi di bisogni indotti che creano schiavitù..Ma a mio parere queste istanze se pur sentite dal basso, devono nascere in un "alto", viste anche le condizioni deleterie del "basso" attuale.
pablobras (Registered) 27-11-2009 22:13

è difficile teorizzare il sistema sociale migliore figuriamoci realizzarlo.
per centinaia di migliaia di anni l'essere umano ha vissuto in piccoli gruppi, clan o tribù. Poi solo da qualche migliaio di anni ha cominciato ad organizzarsi in grandi agglomerati sociali e sempre più in vere e proprie civiltà. da sempre comunque tutto si è organizzato attorno ad un centro di potere principale di tipo piramidale. Questo sia nella tribù preistorica sia nelle prime grandi civiltà ed anche ai giorni nostri. Mi sembre evidente se pur con qualche variazione nella costante integrazione globale che tutte le micropiranidi di potere preistoriche si sono andate sempre più fondendo e ingigantendo formando nelle varie parti del mondo corrispondenti zone di influenza , dominio e civilizzazione a carattere zonale e poi continentale. negli ultimi secoli le grandi oligarchie mondiali si sono scontrate in guerre e incontrate in scambi commerciali.
nell' ultima fase della globalizzazione le grandi piramidi di potere si stanno unendo formando una grande oligarchia al vertice dell'umanità intera.
Allora ritornando al sistema di di vita migliore sul piano politico-economico-sociale mi pare di poter dire che prima eravamo animali selvatici nel pieno della forza, poi greggi di pecore, infine polli da batteria.
se prima con gli stati nazione-popolo potevamo essere ridotti a polli da pollaio casereccio, adesso con la globalizzazione siamo sempre più polli da batteria in uno smisurato capannone consumistico-mediatico-schiavistico.
Ovviamente non si può fare di tutta l'erba un fascio. singolarmente in clan , fino anche a tribù si può vivere consapevolmente e liberi di agire per movenza propria. nel proprio piccolo ognuno può agire per affermare la propria volontà di potenta, forse la unica vera movenza primordiale e perpetua dell'agire umano.
personalmente sono molto interessato a combattere il nichilismo che affligge tutta la civiltà post-moderna e rappresenta una grande sorgente di dubbio riguardo al sapere se le nuove generazioni abbiano o meno un futuro.
la società che vorrei si realizzasse nel prossimo futuro è molto simile a quella teorizzata e quasi sublimata da questo movimento zero. Per arrivare ad un armonico equilibrio tra uomo e natura come alle origini dovrebbe accadere l'indicibile...o per mano dell'uomo o della terra... o di DIO.
Riguardo alla domanda che l'articolo pone posso affermare che non centro niente con il comunismo essendo senza ombra di dubbio e orgogliosamente di estrema destra.
pablobras (Registered) 27-11-2009 22:32

berotor (IP:220.146.69.69) 28-11-2009 05:22

Forse sarò ingiusto, forse ha ragione chi dice che "non c'eri, erano altri tempi", eppure non riesco a essere indulgente con chi mostrava simpatia con il maoismo (figuriamoci con chi lo ha fatto fino alle soglie del duemila).
Accettavate acriticamente un orrore che vi si manifestava davanti ai vostri occhi con una palesità sconcertante.
Proprio quel libretto che sventolavate non vi metteva i brividi? Un libro solo, un libro unico, uno soltanto, da leggere, da propagandare, da idolatrare; un volto unico, di stolida espressione, da venerare e riverire; un'estetica da due soldi che trasudava falsità da ogni poro. Tutto ciò non vi turbava?
Eppure li avevate gli anticorpi, c'era chi vi metteva in guardia.
Sarò ingiusto, ma non riesco a comprendere, non riesco a giustificarvi.
Gaetano (IP:82.53.14.99) 28-11-2009 11:36

Non posso e non voglio giudicare chi all'epoca, ammaliato da una ideologia affascinante (ma per me terribile), ha chiuso gli occhi dinanzi alla ricchezza e alla profondità spirituale del popolo tibetano.
Ciò che mi preme sottolineare è il percorso "intellettuale" dell'autore dell'articolo. Giuliano Corà ha intrapreso un vero e proprio cammino di "risveglio" interiore. L'ideologia maoista aveva addormentato il suo spirito critico; l'incontro con la questione tibetana lo ha ridestato e riportato alla "realtà"... e questo basta - a mio modo di vedere - ad espiare le "colpe" dell'essere stati ciechi nei confronti del Tibet.
Questa è la dimostrazione concreta che la potenza di certi valori (in questo caso incarnati da quel popolo) possono piegare anche i più scettici; addirittura chi, nella propria scala di valori, non ammette la presenza di elementi superiori.
Anch'io, come stediludo, non sono molto ottimista circa l'esito di questa lotta contro il mostro capital-comunista cinese. Non sono neanche in grado di valutare se il Dalai Lama stia tenendo la giusta condotta per guidare il suo popolo all'indipendenza.
Quello che mi rattrista maggiormente è l'ipocrisia dei potenti della Terra sulla questione, sempre pronti a piegarsi ai compromessi più beceri pur di soddisfare i propri bassi interessi.

ps. Complimenti a Fabio Mazza per la sua esposizione sull'idea di società organica. Non cambierei una virgola di quel discorso.
alessio (Super Administrator) 28-11-2009 12:20

La tua risposta, Fabio, pur essendo naturalmente condivisibile, secondo me non è abbastanza per dare una risposta convincente alla mia domanda. Anzi, è ora di criticare (nel senso interpretativo del termine: pregi, difetti e limiti) il Manifesto. Perchè a mio avviso esso è insufficiente, anzi nemmeno coerente per giustificare l'ambizione di una società organica, che tradotta praticamente, mi spiace per le vostre buone intenzioni, può facilmente scivolare in totalitarismo.
a.m.
amugnolo (Registered) 28-11-2009 13:34

Caro Alessio, e perdonami se ti rispondo ancora una volta mentre tu interpelli Fabio, ma ho l'impressione che tu, nel gioco delle parti abbia scelto quella del bastian contrario ad ogni costo.
Tu ti rendi perfettamente conto, credo, che nel totalitarismo ci si puo scivolare in ogni momento ed in ogni epoca. Fatto sta però che, per arrivarci c'è bisogno che l'elite che governa i processi sia formata su determinate idee. Noi ci siamo, e da lungo tempo, in regime di totalitarismo proprio perchè chi governa il mondo è riuscito ad imporre in qualche caso, e a far accettare nella maggioranza dei casi, la sua "cultura", la sua idea del mondo e della vita.
Ma non è sempre, o non lo è stato sempre, cosi.
Credo che converrai che, ad esempio, l'Impero di Federico Barbarossa non avesse i tratti del totalitarismo. O ce li trovi comunque? Ti pongo questa domanda per meglio capire fino in fondo la tua idea. Andrea
stediludo (Super Administrator) 28-11-2009 15:33

Alessio, adesso non ti seguo più nemmeno io. Ma cosa c'entra l'organicismo con il totalitarismo? Cosa vuoi dire? Te lo chiedo perché, come certamente saprai, a livello "scientifico", sociologico, il concetto di organicismo, di società organica, viene usato anche e proprio per contrapporlo a quello di totalitarismo, di società totalitaria. Credo quindi che tu intendi organicismo in modo differente da come di solito viene usato.
Fabio Mazza (Registered) 28-11-2009 18:10

Io capisco Alessio. Lui vuol dire che è difficile individuare criteri effettivi e pratici di individuazione di una elites, del vertice della società. Al che io potrei rispondere che l'elites, un tempo era tale per "diritto divino", ma è ovvio che riproporre tale concetto in pieno materialismo post-moderno è quantomeno utopico, anche se magari necessario.
Per quanto riguarda però il problema totalitarismo, devo dire che, per la mia opinione, il totalitarismo è nato con la rivoluzione francese e il successivo "bonapartismo"; qualcuno più saggio di me disse un tempo che il bonapartismo o totalitarismo è un naturale portato della democrazia, perchè nel "governo del popolo", ci sarà sempre posto per demagoghi, capi popolo e leccaculo che per avere la legittimazione ad essere "elites", in questo caso tale legittimazione essendo conferita dal voto del "demos", asseconderanno le peggiori mene e le richieste più indecenti dello stesso.
Un governo dei sapienti allora? non inteso in senso di "nozionismo borghese" ma di un senso più alto del vivere e dell'esistente, di un "universalità" vera e non dottrinale? Anche qui siamo daccapo chi garantisce che siano veramente gli "aristoi" quelli che siederanno al vertice? Anche qui la risposta è difficile, e, in fede, non mi sento di darne una definitiva..
kulma (IP:93.39.187.190) 28-11-2009 18:22

Interessante dibattito. Complimenti anche a Giuliano. Pur condivido i dubbi di Alessio trovo davvero interessanti le idee di amugnolo, a cui però rivolgo una domanda. Seppur affascinante, non trovi che "la casta guerriera" sia un tantino inattuale? pensare di dare tutto questo potere ai militari non mi piace molto, se è questo che intendi ovviamente. Non ti pare che l'eroismo delle classi guerriere sia ormai cosa perduta? Che eroismo c'è nel combattere guerre con arsenali ultra-tecnologici?

Io sinceramente non sono per una società gerarchica, ma potrei ammettere una "casta" di migliori, eletti dal basso (democrazia diretta), anche perchè non vedo come altro possano essere eletti e non capisco questo "alto" a cui spesso molti di voi si riferiscono. Le aristocrazie premoderne venivano scelte dall'alto, nel senso che gli aristocratici erano i "figli di". A meno di non tornare veramente indietro nel tempo per trovare qualcosa di puro, i titoli son sempre stati ereditari. Spero non vi riferiate a questa concezione di "alto". Se intendete un "alto" ancora superiore, spiegatevi meglio, perchè è affascinante ma incomprensibile.

A tutti quelli che compatiscono e/o non giustificano il "povero" Giuliano: ragazzi, è stato maoista, mica pedofilo! Dai, non esageriamo. E allora che dire di tutti quegli idioti che fanno il saluto romano in piazza e che credono in ideali che hanno portato ad orrori devastanti tanto quanto il maoismo? Io, sinceramente, trovo che in MZ ci sia una certa indulgenza nei confronti della destra ed un certo odio per la sinistra. Secondo me si fa un pò fatica a lasciarsi alle spalle certi ideali. Della serie "al di là di destra e sinistra" ma soprattutto di sinistra. Mi piacerebbe che a volte venisse ammesso, perchè odio le ipocrisie e apprezzo di più quelli come pablobras che non fanno troppa fatica a dire di essere "orgogliosamente di estrema destra".
kulma (IP:93.39.222.48) 28-11-2009 18:34

Scusate,
"Pur condividENDO i dubbi di Alessio..."

@Fabio. Non avevo ancora letto il tuo post. Ecco, continuo a non capire, cosa intendi per "diritto divino"? E non dirmi che sono un ateo moderno e quindi non posso capire. Scusa la provocazione (non ho assolutamente voglia di offenderti) ma il Barbarossa pensi che ce l'abbia messo Dio sul trono? O pensi che ci sia arrivato per eredità? Tant'è che la storia è piena di ottimi sovrani ma anche di perfetti idioti.
stediludo (Super Administrator) 28-11-2009 19:02

Continuo a non capire Alessio. Come dice anche Fabio, si può parlare di totalitarismo solo in merito alla società moderna (infatti questo concetto prima manco esisteva): di tutte le società del passato tutto si può dire tranne che fossero totalitarie (e possiamo dire che fossero, chi più chi meno, tutte organiche).
Riguardo alle elite, ogni teorizzazione rischia di essere pure accademia. Come ebbe a ricordare anche Luciano Fuschini in un recente articolo su questo blog, ogni società produce naturalmente le sue elite. La società fondata sul radicamento e sulla piccola comunità che si autogoverna - qualla che auspichiamo noi - produrrà anche lei automaticamente le sue elitè; punto e basta.
Riguardo a Corà e la sua evoluzione, ma come ci permettiamo a criticare? Per come la vedo io, sono proprio le persone che hanno avuto il coraggio di cambiare idee, di mettersi in discussione (lo dico al di là del percorso fatto e delle idee cambiate o di partenza: vale per tutti i percorsi, anche per quelli inversi a quello di Corà) che di solito risultano essere le più intelligenti, oneste e franche! Nietzsche diceva: "Il destino ci dimostra il massimo segno d'onore quando ci ha fatto combattere per un certo tempo dalla parte dei nostri avversari. Con ciò noi siamo predestinati a una grande vittoria". Meditate gente, meditate...
Panizzi (Registered) 28-11-2009 19:38

nella definizione data da Fabio mi riconosco pienamente,come mi riconosco nel valore da difendere di cui parla Luciano,la proiezione di una visione di una societa'a cui tendere fatta da piccole patrie deve sfociare,secondo me,in una prassi gia' ora di appoggio a certe lotte e di rifiuto di certi stili
pablobras (Registered) 28-11-2009 20:00

Kulma : grazie per l'apprezzamento riguardo all'essere chiari, diretti e non ipocriti. Guarda però che dichiarare il proprio orientamento o la propria etichetta non vuol dire essere l'ombra di ciò che si è scelto.
Ci sono aspetti positivi e negativi in tutte le posizioni.
Se uno si sente di appartenere ad una parte invece di un'altra non è certo per sublimarne la parte peggiore ma ovviamente la parte buona.
Ci sono tanti ideali buoni sia a destra che a sinistra e ce ne sono anche in chi dice di essere oltre questi concetti come movimento zero.
Proprio perchè vogliamo andare oltre dobbiamo prendere quanto di buono c'è nei diversi orientamenti e cercare di sfornare nuovi grandi ideali per rimettere in piedi un futuro che sta cadendo a pezzi.
Fabio Mazza (Registered) 28-11-2009 20:27

Per Kulma (perchè dovrei dire non puoi capire??non sono mica un fondamentalista cristiano dogmatico che "crede" e non cerca spiegazioni)..
Semplicemente, avendo una personalità che rappresentava quasi fisicamente i valori che informavano l'antichità (o tradizione), gli aristoi, erano riconosciuti automaticamente dai loro pari e dal basso come i più idoneii a governare. Lascia perdere i casi di corruzione, di materialismo nelle scelte dettati da particolarismi interessati.
Il succo sarebbe ricostituire un "ordine" un insieme di persone che abbia una visione più alta dell'esistenza rispetto alla massa, e che "informi di sè" la società, come fanno ora Silvio e co. che informano (negativamente) con la loro la società stessa.
amugnolo (Registered) 28-11-2009 22:36

X Kulma
Hai ragione la casta guerriera è oggi inattuale, e non un tantino proprio tanto. Solo che quando parlo di questi non mi riferisco affatto alla loro degenerazione rappresentata dai militari di oggi, ed è difficile trovare dell'eroismo in guerre combattute senza guardare il nemico in faccia. Ma non impossibile, anche in queste condizioni chi ha un animo eroico dimostrerà di esserlo eroe, e non solo in guerra. L'eroismo è possibile riscontrarlo in tutte le situazioni: un prete che si dedica anima e corpo alla difesa di una tribù amazzonica, un medico dichiaratamente di sinistra che si dedica ad esercitare per umanità la sua professione in condizioni molto pericolose (ve l'aspettavate queste parole da uno che su questo blog si è definito più volte pagano e convintamente anticristiano, oltre che proveniente dalla destra radicale?). L'eroismo non è un prodotto che viene venduto sugli scaffali della modernità, e nemmeno dell'antichità, a chi ha più soldi per comprarlo: anni fa, nella mia martoriata cittadina alle porte di Napoli, si sviluppò un incendio in una casa in cui rimasero bloccati due bimbi molto piccoli, i pompieri spruzzavano acqua sul fuoco per domare l'incendio, i genitori si disperavano, i vigili urbani disciplinavano i curiosi. Un giovane uomo, dopo essersi ricoperto con un telo bagnato, si lanciò su una scala e condusse fuori i bimbi a sprezzo della sua vita. Questi è un eroe, che nelle condizioni ideali e ben diretto potrebbe fare parte della casta degli Aristoi. Dimenticavo di dire che costui era un disoccupato con prole che svolgeva dei lavori saltuari, e forse ogni tanto si lasciava andare anche a bere un bicchiere di più.
La trasmissione della dignità aristocratica, nelle civiltà di impronta tradizionale, non avveniva soltanto per consanguineità ma anche attraverso l'adozione (Mosè e il faraone, casi del genere a Roma ecc.), e soprattutto le caste non erano delimitate in maniera cosi rigida, per cui i giovani provenienti da caste minori che dimostravano attitudini diverse rispetto all'esercitare un mestiere o una professione, non potevano essere ammessi nella superiore casta guerriera e, col tempo dimostrando la propria esperienza e saggezza, in quella dei saggi (esempio: Parsifal nella saga arturiana). Chi vede la impermeabilità tra le caste, evidentemente ragiona con presupposti dalla concezione moderna di una appartenenza che si basi su condizioni non spirituali, ma pratiche e materiali.
La casta dei migliori non può essere eletta democraticamente dalla basso, o dalla base come si preferisce dire oggi, e ciò in base ad una semplice saggezza: dal superiore può scaturire l'inferiore, dal meno non può essere prodotto il più. Gli aristocratici possono al più essere riconosciuti tali dal popolo, presso condizioni culturali e spirituali di cui nei commenti sopra, e più volte in questo blog alcuni hanno indicato delle caratteristiche.
Dicevo condizioni culturali e spirituali che danno forma ad un epoca, ad un governo. Perché dall%u2019Idea, dalla visione del mondo e non viceversa che prende forma la organizzazione di uno Stato
Con la S maiuscola, ed in questo chiaramente non sono d%u2019accordo con quanto esprime il mio amico Luciano nel suo articolo ARISTOI. Mi sarebbe inoltre piaciuto che rispondesse all%u2019ottima provocazione intellettuale che gli indirizzava Martin Venator.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 28-11-2009 23:30

Penso anch'io che la società organica non comporti rischi di totalitarismo. Si ha totalitarismo quando un gruppo al potere, un tiranno o un partito dominante impongono un'ideologia che omologa tutti gli strati della società. Si può ottenere questo risultato con la repressione poliziesca oppure in modo più sottile e subdolo. Noi viviamo in un sistema totalitario di questo secondo tipo, in questo do pienamente ragione all'amico amugnolo. Per smascherare il totalitarismo di questa falsa democrazia sono utilissimi Nietzsche, Junger ed Evola, molto cari a tanti di noi, ma anche pensatori "di sinistra" come il Marcuse di " L'uomo a una dimensione" o P.P.Pasolini (kulma, il nostro proposito di andare oltre destra e sinistra rimane molto fermo). La società organica non è una società omologata, semmai in essa il rischio è quello di una scarsa mobilità sociale. Caro Andrea, non ho risposto al bell'intervento di Martin Venator sul mio articolo perché quando si arriva a un punto in cui si manifesta un dissenso irriducibile, è inutile ribadire le proprie posizioni. Rispetto moltissimo anche la tua convinzione che le forme sociali scauriscono dalle visioni del mondo ma io, seguendo in questo Marx, tendo a rovesciare il rapporto. Anche in questo caso è inutile ribadire le proprie posizioni.
stediludo (Super Administrator) 29-11-2009 00:13

Per la verità, Luciano, mi pare un po' riduttivo dire che il totalitarismo si affermi per l'azione svolta dall'alto da un gruppo di potere. Visto che citi Marx, questa mi pare una semplice sovrastruttura. Nel mondo contemporaneo - che ribadisco essere, a mio avviso e secondo i canoni sociologici in uso, l'unico mondo che possa definirsi a rigore totalitario nella storia - il totalitarismo si è affermato attraverso un lento processo di carattere planetario che, per molti aspetti, si è sviluppato proprio dal basso, ovvero dall'emancipazione e dall'affermazione della sfera tecno-economica che ha finito per fagocitare tutte le altre dimensioni del reale. Insomma, mi pare che il totalitarismo sia un fenomeno "epocale", rispetto a cui i cosidetti regimi totalitari del XX secolo - ai quali forse Luciano tu ti riferivi - sono sono dei dettagli.
Dartagnan (Registered) 29-11-2009 07:43

E' vero. Non siamo uguali. Non siamo uguali al punto di partenza, al momento della nascita. Quando siamo abbastanza simili in questa fase ci differenziamo poi per le diverse capacità e possibilità lungo il percorso della vita. Voler perseguire una piatta uguaglianza come nel socialismo reale significa mortificare sia coloro che hanno una marcia in più, sia gli altri che non ce la fanno a competere, andando verso un livellamento artificiale, come nel nostro sistema "democratico" che preferisce premiare i mediocri perché sono maggioranza.
Occorre combiar strada? Diffido della società organica nel modo in cui me l'avete illustrata, se questo significa che chi nasce in una famiglia di contadini deve restar contadino, non deve o non può studiare (non importa se nella scuola pubblica o autodidatta) e così via di seguito per tutte le categorie sociali, limitando al massimo la mobilità sociale. Individui sopra la media, capaci di essere esempio,o di dirigere perché sanno arrivare presto al nocciolo dei problemi e fare una sintesi utile per la società, sono sempre stati e sono distribuiti fra i vari ceti. Per avere la possibilità di essere riconosciuti e valorizzati dovrebbero essere segnalati all'attenzione, in qualche modo dal basso. Se non volete parlare di elezione, la forma più conosciuta ed estesa di democrazia diretta, dovrete pur pensare a qualcosa di simile.
Lo stato organico prussiano non era totalitario ma autoritario sì. Lo si può accettare perché la prima regola è che le regole, giuste o non giuste, vanno seguite. Nulla vieta però che possano imporsi regole improntate alla giustizia sociale. Per questo occorre che la dirigenza debba per prima sottostare alle regole, e occorre ci sia ricambio. Se siamo ora in un sistema totalitario, che più totalitario non si può, è perché non c'è ricambio. Ragion di più per diffidare di questa forma di Stato. Lo Stato totalitario è un sistema di potere che ritiene di disciplinare ogni aspetto della vita inglobando nel suo seno la società civile, omologando e spegnendo definitivamente chi si oppone.
kulma (Registered) 29-11-2009 09:56

@ Fabio:
"gli aristoi, erano riconosciuti automaticamente dai loro pari e dal basso come i più idoneii a governare."

quindi confermi che i migliori vengono scelti dal "basso"

@ amugnolo:
ok, ora è decisamente più chiaro.

Condivido molto quanto detto da Dartagnan. E' la stessa critica che ho fatto a Fabio sull'ereditarietà dei titoli. Penso che per rendere la società organica di cui parlate ideale, il principio di ereditarietà andrebbe eliminato. Pari opportunità per tutti alla nascita.
Fabio Mazza (Registered) 29-11-2009 11:18

Per Kulma, mi hai frainteso: ho detto che veniva riconosciuti dai loro pari e dal basso, intendendo con questo che le classi inferiori riconoscevano automaticamente il diritto a governare di questi "migliori", senza tirare in ballo sempre le coercizioni violente, come hanno fatto credere gli illuministi. Quindi vi era accettazione in quanto si riconosceva in essi un superiore crisma di autorità e di totalità (nel senso di uomo totale).

Per Amugnolo, si vede che veniamo dalle stesse correnti di pensiero..

Vedi il problema di quanto sostiene D'artagnan è che la visione di "mobilità sociale" di uomo che aspira sempre verso la cima, è viziata dal clima in cui viviamo. E ti spiego perchè.
Come nelle corporazioni di un tempo l'artigiano era orgoglioso della sua arte, che non avrebbe barattato con nulla al mondo, cosi il contadino viveva immerso del mondo della natura e nei cicli delle stagioni e, non sempre d'accordo ma nella maggioranza dei casi, era felice di quello che era: un contadino, semplice si, ma fondamentale per la società nel suo insieme come lo era l'imperatore che dava ordine al tutto.
La visione della parte inferiore come qualcosa di cui tutto sommato ci si deve vergognare, e da cui si deve, con tutti i propri sforzi (e da qui l'attivismo moderno) emanciparsi, è invece figlia della modernità e dei suoi sistemi produttivi e sociali. Paradosso massimo in una società che dice di reggersi sulla volontà del popolo, e che ha creato il mito del "demos" e del "proletariato" prima, del "consumatore" e del "cittadino" poi.
Fabio Mazza (Registered) 29-11-2009 11:20

Ereditarietà può essere sinonimo di privilegio, ma è anche elemento di continuità di un sapere. Difatti c'è continuità sia nell'aristocrazia, quindi, si presume nel comando e nei doveri, ma anche nei privilegi, cosi come nell'attività artigiana, perchè il mastro tramanda la sua arte ai figli..non trovi?
kulma (IP:93.39.197.191) 29-11-2009 12:04

"Difatti c'è continuità ... perchè il mastro tramanda la sua arte ai figli..non trovi? "

Si, però i figli a volte sono dei perfetti idioti.
Vedi, il problema non è la mobilità sociale, che non deve essere imposta forzatamente, ma il fatto che se tu desideri una società guidata da MIGLIORI devi dare la possibilità a tutti i potenziali "migliori" di potersi rendere visibili, di emergere, evitando assolutamente di concedere questa opportunità esclusivamente ai "figli di". Questo perchè, secondo me, siamo diversi sin dalla nascita e ci sono bambini che fin da subito dimostrano di avere una luce più intensa di altri. Pensa a quanti potenziali ottimi "capi popolo" o condottieri saranno nati tra la popolazione più umile, ma a causa di questa rigidità di casta non hanno potuto lasciare un segno nella storia.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 29-11-2009 13:05

Stefano, ho definito il totalitarismo solo nella sua dimensione politica. Tu ne hai ricordato le cause più profonde e io concordo con te.
Condivido l'opinione di Kulma. I migliori, cui devono essere affidati ruoli dirigenti, devono essere riconoscibili, eleggibili, e devono emergere solo per le loro qualità personali. Per la precisione, devono essre persone capaci, oneste, con una forte consapevolezza delle responsabilità del proprio ruolo, col senso dell'onore personale, familiare e nazionale (troppo spesso oggi vilipeso), con capacità organizzative e con quel pizzico di ambizione senza il quale non c'è personalità da leader. Costoro devono risiedere nella circoscrizione degli elettori, essendo così noti, e agli elettori bisogna inculcare il principio che il voto è un diritto ma non un dovere, perché il suffragio sia consapevole e motivato. Non vedo altra via per far emergere chi lo merita. I discorsi fumosi sull'aristocrazia dello spirito o sono pura letteratura o, traducendosi nel concreto, diventano disprezzo della plebaglia e dei gruppi etnici inferiori, con tutte le conseguenze che già conosciamo.
Fabio Mazza (Registered) 29-11-2009 13:32

In fondo avere ragione, ma come non disprezzare la "plebaglia", come pensare sia meritevole di diritti, quando quello che è unicamente capace di fare è di comportarsi da gregge e dare spazio ai sentimenti più abbietti e bassi?
ottavino (Registered) 30-11-2009 00:25

Kulma cerca i migliori....ma i migliori SONO AL POTERE...i migliori di quelli che sanno gestire i soldi.... perchè il valore più alto ora sono i soldi...infatti i banchieri sono al potere....noi potremmo chiedere solo due cose:
1) Che il politico sia anche un artista;
2) La separazione del parlamento in due rami distinti: La camera degli uomini e la camera delle donne.
Enrico Maccieri (Registered) 02-12-2009 14:32

Organicismo e Totalitarismo.

Ho provato a leggere il warning di Alessio Mannino sotto un punto di vista logico piuttosto che prettamente d%u2019argomentazioni. Devo dire che, se il mio coincide col suo approccio, concordo.
Egli - cito - disse: %u201Cl%u2019ambizione di una società organica, che tradotta praticamente, mi spiace per le vostre buone intenzioni, può facilmente scivolare in totalitarismo%u201D.
Il ragionamento che faccio è che se ci si arroga la ferma convinzione - che a rigor di logica, secondo i pensieri di chi la pensa diversamente (come d%u2019altronde può succedere per tutto), può pure essere bollata come supponenza - che la società ideale debba essere organica, proprio perché si crede questa soluzione come ideale, si rischia di scadere e scivolare nel totalitarismo dell%u2019organicismo.
Dal totalitarismo socialista, al totalitarismo nazi-fascista, al sottile totalitarismo liberal-democratico per arrivare nel totalitarismo organicista? Ovvero cadere nel vizio che, qui, ci si prefigge di combattere ed evitare di arrivare al totalitarismo del totalitarismo?
No, non credo sia la %u201Cmission%u201D di MZ.
Pertanto, credo sia più opportuno, ovvero molto meno rischioso, interpretare le piccole patrie (se a questo ci si riferiva, e credo fosse così) come un - perdonate il francesismo - %u201Cogni comunità si fa i cazzi propri%u201D. O per dirla alla Fini, ogni popolo si fila la storia da sé, come gli pare. E cioè che ogni piccola patria trovi per conto proprio come organizzarsi politicamente senza che ci si attenga ad un sogno ideale che sia il fine ultimo ed eterno. Fine pertanto totalitario.
Che invece si parta dal presupposto che nulla è assoluto, statico ed eterno, che tutto (la Natura) dimostra d%u2019essere rigenerativo, ciclico e rivoluzionario (nel senso etimologico primigenio di re-volgere) e che non ci si ponga superbamente nella condizione di ritenere quale sia il destino cui l%u2019umanità può aspirare; che non si torni a porci e ragionare nei medesimi schemi che si intendono combattere, ovvero quelli della presunzione.
Probabilmente ho perso qualche parte di ragionamento ma è così che ho interpretato quelle parole del Mannino, solo come un attento, vigile e perciò doveroso richiamo.



Aristoi.

E%u2019 mio pensiero - forse timido e poco convincente - ritenere che, per cominciare a risolvere, basterebbe un po%u2019 di pudore nell%u2019approccio al potere, prima di passare a pensare come individuare i degni ad essere %u201Caristoi%u201D destinati a tenere le redini della/e comunità.
In sostanza, credo che sia un tratto che debba caratterizzare un %u201Caristoi%u201D.
Citando non da filosofi e pensatori, bensì dall%u2019entertainment a stelle e strisce, mi riferisco a quel pudore che mette in campo Ben Parker, nonno di Peter Parker alias l%u2019Uomo Ragno, nel suo saggio, umile ed atavico monito %u201Cda un grande potere derivano grandi responsabilità%u201D oppure al pudore dello jedi nei confronti della Forza.
Provando a chiarire. Una sorta di rispetto quasi timoroso nei confronti del potere, in estrema contrapposizione all%u2019attuale estabilishment, il quale dimostra di non aver ritegno nell%u2019usare i propri poteri (che siano economici, politici o sulle coscienze) scadendo nelle storture ed abomini che conosciamo e che, qui, critichiamo, oltre al sospetto di non averne quasi mai avuto, di ritegno. Questo, probabilmente, sarebbe già un enorme passo avanti.


Corà

Stima, comprensione umana ed apprezzamento verso l'articolo del Corà. Articolo che, per certi versi, è permeato di pudore anch'esso.
appunto finale
Misopickle (Registered) 08-12-2009 16:57

Anche qui, mi sento chiamato in causa, come ex studentello maoista. L'invasione del Tibet nel 59 ci fu troppo lontana e scarse erano le informazioni - anche allora, come oggi, tutto era filtrato dalle agenzie di stampa, e sul Tibet calò una cortina totale di silenzio fino a che il Dalai Lama si fece famoso, grazie anche all'orientalismo di reflusso ch seguì i movimenti del 68 e del 77. Poi venne il NewAge a fagocitare il tutto, onde farne merce da supermarket alternativo.
I ragazzi sessantottini ebbero si, dei leader infingardi e "signorini" di sinistra oggi fieramente berlusconiani, neocon e modernisti globalisti della peggior specie, ma la base era assai più piccolo-borghese e anche proletaria, e l'ideale del libretto rosso era una bandiera della rivendicazione di bambini che vogliono ribellarsi agli adulti, i quali non ci stavano consegnando un mondo troppo esaltante. La rivolta era in seme con o senza Mao, il quale però ebbe l'acume straordinario di cavalcarla per proteggere se stesso dall'esautoramento per incapacità nella sua Cina,a causa degli errori commessi col "grande balzo in avanti". Studiando i ricorsi storici ciclici, e matematicamente configurabili, il '68 non fu altro che un rinnovarsi dell'altra rivoluzione fallita degli studenti, il leggendario 1848. Avessimo letto Toynbee e la metafisica taoista anzichè l'insignificante libercolo, avremmo magari condotto una rivolta più lucida e decisa, chissà...ma non erano tempi ancora di antimodernismo, anche se da soli si comprese già la follia del consumismo, almeno per un po'.
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