I colpi di coda di un impero in declino
di Marco Bombagi

6 dicembre 2010

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La grave crisi economico-finanziaria che l’occidente sta vivendo, tutt’altro che in via di risoluzione, porta con sé i segnali di un potenziale cambiamento strutturale e sistemico. È forse riduttivo, infatti, derubricare tale fase storica, caratterizzata da possibili fallimenti in serie di Stati sovrani, alla categoria delle tempeste passeggere che, periodicamente, il capitalismo si trova a fronteggiare.
Nel più assoluto silenzio da parte dei media americani e mondiali, infatti, il debito pubblico statunitense, il novembre scorso ha superato, per la prima volta nella storia, i 12.000 miliardi di dollari. Una cifra spaventosa, in crescita da ben prima della crisi del 2008. Nel 2001 il debito americano cresceva di 133 miliardi di dollari; nel 2002 l'aumento era di 420 miliardi; poi, per cinque anni consecutivi cresce ogni anno di circa 500/550 miliardi. Nel 2008 raddoppia: in un solo anno aumenta di 1.017 miliardi. Nel 2009, quasi un altro raddoppio: cresce di altri 1.885 miliardi.
Il debito cresce per la necessità da parte delle Istituzioni di tamponare le falle aperte da banche e finanza, privatizzando le ricchezze che, invece di essere utilizzate per scuola, sanità ed educazione, vengono regalate agli stessi soggetti, Wall Street e dintorni, colpevoli e artefici del disastro. “La Federal Riserve” scrive Giulietto Chiesa su megachip, “cioè la Banca Centrale americana, annuncia l'acquisto di 600 miliardi di dollari. Lo chiamano acquisto, purchase in termine tecnico, ma si deve leggere stampa. Altri 350-500 miliardi di dollari verranno prelevati dal debito che la Fed ha già acquisito, proveniente dai derivati tossici dei mutui facili, e investiti. Leggi immessi sul mercato. Totale: all'incirca 1000 miliardi di carta, semplice carta, che la Banca Centrale Usa stampa per comprare i titoli del debito pubblico americano. Se a questi si aggiungono, e occorre farlo perchè sono a bilancio, i circa 800 miliardi già stampati per salvare le banche americane dal tracollo, si arriva a un trilione e 800 miliardi di dollari. Una creazione di moneta che non ha precedenti nella storia di tutti i tempi”.
Una notizia ripresa anche dal Sole24Ore che, seppur in termini più morbidi rispetto a Chiesa, non può non sottolineare l’anomalia del provvedimento. “Si tratta di misure drastiche, mai prese prima, se non a ridosso della crisi” scrive il quotidiano di Confindustria. “Dopo i circa 2.000 miliardi di dollari iniettati nell'economia all'apice della crisi, la Fed versa altri 600 miliardi di dollari per cercare di rilanciare l'economia statunitense”. Si cerca di ammorbidire, ma la realtà è evidente. Ed è che gli Stati Uniti si avviano ad essere, come detto recentemente dall’ex ministro italiano Luigi Spaventa, “il Paese più indebitato del mondo e con la situazione fiscale meno sostenibile”.

Tutto ruota attorno al debito, quindi, il vero nodo scorsoio dei nostri tempi. Il creditore non si limita infatti a comprare titoli di debito di un altro Stato, ne acquista porzioni di sovranità, condiziona e controlla. Chi possiede il tuo debito diventa il tuo padrone. E il padrone della sovranità statunitense, almeno della sua gran parte, fino a poco tempo fa era la Cina che nel 2007 comprava il 47%, quasi la metà, delle nuove emissioni di cedole americane. Dal 2008 in poi, però, il dragone ha iniziato progressivamente a defilarsi, arrivando l’anno scorso a possedere non più del 5%. “In queste condizioni” aggiunge Chiesa “non c'è più modo per pareggiare la bilancia commerciale degli Stati Uniti. Con un debito di queste dimensioni bisogna inoltre mettere a bilancio 300 miliardi di interessi annui da pagare. Come? Non lo sa nessuno”. Ed è qui che si inserisce la Fed con l’operazione 600 miliardi, il cui effetto primo sarà un’impennata inflattiva mondiale, con relativa, surrettizia, svalutazione del dollaro per favorire le esportazioni Usa. Una mossa disperata, che non basterà.
Per quanto tempo ancora, quindi, il maggior debitore al mondo potrà continuare a essere la massima potenza? E siamo al capitolo sospetti. L’Europa è, da mesi ormai, sotto attacco della speculazione. Dopo la Grecia siamo al secondo salvataggio, quello dell’ex tigre celtica irlandese. Un soccorso che sembra tutelare più i creditori, ovvero le banche europee e tedesche in particolare, piuttosto che i debitori, cioè i Paesi diretti interessati, le cui popolazioni dovranno sopportare politiche draconiane di tagli in ogni ambito per consentire alle istituzioni finanziarie di sopravvivere. Le banche teutoniche infatti hanno in pancia 184 miliardi di dollari di buoni del Tesoro irlandesi, 238 miliardi di titoli spagnoli, 190 di italiani, 45 miliardi di titoli greci e 47 di titoli portoghesi. In poche parole se fa bancarotta l’Irlanda e il contagio si dovesse espandere agli altri anelli deboli della catena, Portogallo, Spagna e Italia, a chiudere per prime sarebbero proprio le banche di Berlino. E se cade la Germania, l’Europa intera seguirà. I mercati però continuano ad andare giù nonostante gli stanziamenti di denaro, segno che è il sistema tout court a non essere più credibile. Ma chi ha creato i presupposti affinché ciò accadesse?
La crisi dell’euro è in realtà il risultato di una strategia preparata dal Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca per salvare l’economia statunitense, costringendo i capitali europei a rifugiarsi oltre Atlantico, e riportando l’economia della zona euro sotto il controllo degli Stati Uniti attraverso il Fondo Monetario Internazionale, nel quale essi hanno la maggioranza dei voti. La crisi è scaturita dall’attacco simultaneo delle agenzie di rating statunitensi Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch contro il debito di Grecia, Irlanda e Spagna. Questi attacchi sono stati appoggiati dall’apparato statale americano: emblematiche sono le dichiarazioni del consigliere economico del presidente Obama, ex presidente della Federal Reserve, Paul Volker, che ha parlato di una futura "disintegrazione della zona euro". Tutto ciò serve a ricondurre agli Stati Uniti i capitali stranieri necessari alla copertura del deficit crescente della bilancia finanziaria negli USA, ma costituisce anche un segnale d’avvertimento alla Cina, che aveva cominciato a riequilibrare le sue riserve in valuta acquistando l’euro a discapito del dollaro.
Qualunque cosa accada, che il crepuscolo dell’era americana faccia scendere o meno le tenebre anche sul resto dell’Occidente, siamo alla vigilia di cambiamenti epocali, creati da una crisi il cui acuirsi potrebbe portare “a una decrescita ravvicinata e drammatica” come sottolinea Giulietto Chiesa. E forse dovremmo iniziare e prepararci a questa eventualità. “Tutte le correnti di pensiero” scrive Massimo Fini in un suo recente articolo “che ci hanno ragionato sopra (americane tra l’altro: il bioregionalismo e il neocomunitarismo) parlano, per evitare l’apocalisse prossima ventura, di un ritorno ‘graduale, limitato e ragionato’ a forme di autoproduzione e di autoconsumo che passano necessariamente per un recupero della terra e un ridimensionamento drastico dell’apparato industriale, finanziario e virtuale”. Non è fantascienza, è la realtà che ci siamo creati e che ci sta piovendo addosso.

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 06-12-2010 16:06

L'ottimismo della volontà ci fa sperare che gli attuali sconvolgimenti sfocino in una decrescita che sarà dolorosa ma porterà per la forza delle cose a una società più a misura d'uomo, di nuovo radicata sul territorio, con un'economia prevalentemente di autoproduzione e autoconsumo.
Il pessimismo della ragione ci dice che le contraddizioni insolubili del sistema sfoceranno in una guerra globale, col suo strascico di carestie e pestilenze, un massacro senza precedenti, dagli esiti imprevedibili. E' nostro dovere alimentare l'ottimismo della volontà e fare massa con tutti quelli che condividono una visione alternativa, o piuttosto una comune moralità che si alimenta di disgusto per ciò che siamo.
max (Super Administrator) 06-12-2010 16:49

In realtà io divento sempre più pessimista non solo verso i futuri scenari di società, ma anche e proprio verso la possibilità di una catastrofe imminente. Se infatti dalle leve del potere bancario mondiale si riesce a far scaturire crisi finanziarie a comando (come quelle scatenate dai giudizi pilotati delle agenzie di rating) e se viceversa, ogni crisi finanziaria altro non è se non il risultato di un disegno ben architettato, in una realtà in cui -caso unico nella storia- le decisioni di miliardi di uomini nel mondo "che conta" sono condizionate dall'alto, se i mezzi di "informazione" possono scatenare panico a comando e rassicurare nello stesso modo, perchè mai ci dovrebbe essere una crisi globale? Fino a che punto arriva la potenza di un sistema del genere, in cui le stesse crepe che si intravedono, sono lì perchè giovano a qualcuno?
daniela (IP:151.15.168.63) 07-12-2010 13:44

Secondo me possiamo essere incerti sulle forme della crisi, sui tempi della crisi, sulle forme delle conseguenze della crisi, sui rimedi (soprattutto una guerra terrificante, disumana, globale) che i poteri cercheranno di mettere in opera per guadagnarci comunque, ma non possiamo dubitare che crisi planetaria ci sarà.
Concordo con Bombagi sull'analisi della situazione americana e sul tentativo della speculazione Usa di rivalersi sull'Europa, ma non solo sull'Europa. Riguardo alla Germania sono più dubbiosa. La Germania è creditrice nei confronti di molti altri paesi europei, come la Cina è creditrice degli Usa. Finché si è in questa situazione non si può desiderare il tracollo dei propri debitori. Non è così semplice.
Può darsi che il sistema monetario basato sull'euro crolli sotto il peso dei debiti dei paesi periferici, deboli, ma non credo assolutamente che un ritorno alle monete nazionali potrà favorire le esportazioni per la svalutazione competitiva che ne nascerebbe. Aggiungerei poi che all'interno di ogni stato nazione ormai c'è divisione fra chi ci guadagna e chi ci rimette dalla speculazione. Altra cosa su cui riflettere che dà comunque anche problemi è il tentativo della Cina di scambiare i prodotti utilizzando altre valute, l'iperinflazione che si prospetta lì, il rafforzamento dei cambi dei paesi del sud-est asiatico che finora hanno esportato grazie alla competitività.
Più in generale nella globalizzazione gli sconvolgimenti sempre più forti non portano vantaggi tutti da una parte e svantaggi tutti dall'altra. Credo insomma che nessuno abbia in mano il bandolo della matassa, possa controllare davvero questa infinita serie di variabili. Dobbiamo considerare poi quella serie di conseguenze a catena non economiche. Sono convinta che i meccanismi, spesso ben congegnati, per controllare le popolazioni con la manipolazione delle menti, non siano perfetti, che abbia senso per chi non ha potere, ma solo un po' di consapevolezza, di non restare passivi a guardare.
Giovanni Marini (Registered) 09-12-2010 16:21

BUSH E L'ENIGMA DELLA STORIA
I commenti inseriti in precedenza sono molto interessanti: eventi di grossa portata possono essere programmati a tavolino o sono il risultato di un intricato concatenamento di fattori più o meno controllabili? La risposta a questa domanda è cruciale perchè significherebbe sapere se il mondo è governabile o meno.
Alcuni anni fa ebbi l'occasione di leggere Collasso di J.H.Kunstler. Il testo trattava dell'esaurimento delle riserve petrolifere, ma nelle pagine finali si parlava della bolla immobiliare statunitense e si faceva la previsione delle conseguenze del suo scoppio con una serie di fallimenti a catena delle banche implicate nei mutui concessi senza garanzie. Si prevedeva il fallimento di Fannie Mae e Freddy Mac due grossi istituti di credito partecipati dal governo e specializzati nei mutui ai piccoli risparmiatori. Il libro fu edito nel 2005 e gli eventi previsti si verificarono nel 2008 con lo strascico dei salvataggi bancari e l'aumento enorme del debito pubblico statunitense. Il contagio poi si spostò in Europa e il resto lo sappiamo.
E' opportuno rammentare che l'erogazione dei mutui senza garanzie seguì ad una direttiva di Bush che aveva annunciato che intendeva fare di ogni americano il proprietario della propria abitazione spronando le banche a favorire tale progetto. Che Bush fosse consapevole o meno degli esiti nefasti del progetto non è dato sapere perciò si può credere o meno alla sua buona fede e dare una risposta alla domanda iniziale. Una risposta che sarà necessariamente irrazionale perchè credere senza prove è appunto irrazionale. Personalmente credo che gli uomini a capo delle Nazioni, delle Corporations, delle grandi istituzioni economiche o finanziarie siano uomini votati a Satana: operando apparentemente per il bene realizzano regolarmente il Male.
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