La medicina della quantità

2 aprile 2011

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Recentemente, verso la fine di gennaio, molti giornali italiani hanno dato spazio ad un evento significativo per il nostro paese, ossia il fatto che un ricercatore italiano ha vinto il premio Pezcoller 2011, un premio internazionale per la ricerca medica di grande prestigio, che spesso consiste in un'anticipazione del Nobel. Particolarmente interessante un'intervista, uscita su Repubblica, al vincitore, direttore di un laboratorio di ricerca dell'università americana di Harvard. I toni ovviamente sono trionfalistici ed esprimono entusiasmo per il ricercatore romano, dato che -testuali parole dell'articolo- "grazie alle sue ricerche, oggi la cura per questa malattia ormai epidemica è più vicina".
A parte che la frase "la cura è ormai vicina" ha tutta l'aria di essere l'ennesima presa in giro verso i tanti, troppi malati che aspettano fiduciosi di uscire dall'incubo; resta il fatto che nell'intervista non si parla d'altro che, ovviamente, di farmaci. Farmaci "intelligenti", come vengono definiti nell'articolo, mirati sulla mappatura genetica del paziente, perchè secondo il ricercatore, una volta fatta la diagnosi e mappato il DNA del malato, sarà un gioco da ragazzi scegliere il farmaco giusto (o il cocktail) in modo da andare sul sicuro ed evitare di perdere tempo.
Tutto bene, ma noi ci domandiamo: il paziente riuscirà a guarire definitivamente? Ecco, qui viene il bello dell'intervista. Alla domanda "Non si rischia di avere farmaci eccessivamente cari, sia in termini economici sia di lavoro?" arriva la perla che rivela tutto. "Un chemioterapico costa moltissimo ma, se il malato muore, avrà avuto un utilizzo limitato al periodo della cura. Se invece si ricorre a una terapia personalizzata dopo la diagnosi, si salva il paziente e quel prodotto si usa per trent'anni. Per cui lo sforzo delle case farmaceutiche verrà ricompensato".
Il sospetto è grande. Da una parte la paura, come detto, che questo ennesimo discorso trionfalistico possa aprire false speranze in chi soffre di questa malattia terribile (dato che sono anni che i mass media annunciano vicina la cura per tumori e leucemie grazie alle scoperte genetiche, ma di concreto finora si è visto davvero poco). Ma soprattutto la consapevolezza che le motivazioni che stanno dietro a questi sforzi abbiano poco a che vedere con la salvaguardia della salute, ma siano per lo più finalizzate ai profitti delle case farmaceutiche e alle carriere di scienziati e ricercatori.
Casualmente -questi complottisti sono sempre molto, troppo sospettosi!- le cure per queste malattie degenerative non sono mai definitive, e di solito questi farmaci sono difficili da interrompere. E chissà poi perchè, le medicine sono sempre da assumere per lunghi periodi di tempo, spesso per tutta la vita, e solitamente hanno tali e tanti effetti collaterali che capita che se ne debba prendere qualcun'altra per mitigarli, e via andare con un processo circolare senza fine (a parte la morte, liberatoria). Non ci vuole una mente sospettosa per rendersi conto che se oggi uscisse qualcuno con la Cura Definitiva -sia un farmaco o a maggior ragione uno stile di vita salutare- essa verrebbe immediatamente isolata, derisa, delegittimata e alla fine eliminata. Non si può rompere il giocattolo, è troppo bello!
Naturalmente non manca nell'intervista un accenno al mito della diagnosi precoce: "Ma non bisogna trascurare il ruolo della prevenzione, che però in Italia si fa con scarso impegno. Prevenzione a tappeto, diagnosi precoce, sequenza del Dna e terapia mirata, è una strategia che riduce i costi e gli sprechi". Scarso impegno, aggiungiamo noi, che significa pochi soldi da spendere per gli screening di massa, che non è detto poi che portino solo vantaggi: l'unica cosa certa intanto è che ci privano della dignità di persone e ci fanno diventare improvvisamente pazienti anche quando siamo sani. "Guarirne uno per curarne cento" è il grido di battaglia dell'industria farmaceutica e lo scopo finale delle cosiddette prevenzioni a tappeto, di cui molti studi statistici hanno ormai provato l'inefficacia: quando si fa lo screening per scovare un disturbo che ha un'incidenza modesta generalmente il numero di persone vittime di diagnosi eccessive e di risultati dei test errati supera abbondantemente le persone a cui lo screening salva la vita.
La verità, triste, amara, terribile, è che per la medicina moderna la vita umana ha completamente perso il suo valore. Ci ricattano con la bufala della durata media della vita sempre in aumento, a testimoniare i successi strepitosi della ricerca medica, ma queste statistiche truffaldine evitano di dirci in che condizioni arriviamo alla soglia degli ottant'anni. Non importà più la qualità, conta solo la quantità. Non importa se finiamo i nostri giorni in un ospizio o in un ospedale, completamente non autosufficienti, privati degli affetti più cari, dementi e ridicoli tanto che i nostri figli si vergognano di noi. L'importante è essere vivi e poter giustificare le prescrizioni del medico curante.

Paolo Costa

Commenti
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Simplicius (Registered) 02-04-2011 10:52

Questo impegno feroce non per allungare la vita ma  per prolungare l'agonia è una delle tante atrocit à della sciiienza.
Per favore, rileggersi "Nemesi medica" di Ivan Illich.
Ma i profeti, penso anche all'ultimo Pasolini, son o sempre più rari, anzi di intellettuali degni di  questo nome non ne vedo proprio.
paolo883 (Registered) 02-04-2011 16:01

Nell'articolo di cui parlo qui in teoria non ci sarebbe nulla di nuovo. Quello che però mi ha colpito, e anche un po' sconvolto, è l'assoluta naturalezza con cui il ricercatore ammette questa spaventosa strategia. Sembra proprio che ormai non ci sia più nulla da nascondere, pazzesco...

In ogni caso grazie della segnalazione, ho provveduto ad ordinare il libro :-)
Simplicius (Registered) 02-04-2011 16:33

Su e di Illich si trova molto anche in rete all'in dirizzo:

http://www.altraofficina.it/ivanillich/

alla voce "aggiornamenti".
Saluti antisciiientifici.
paolo883 (Registered) 02-04-2011 16:43

Sto (parzialmente) buttando via un sabato pomeriggio di sole su quel sito :-)

Saluti
Noto (Registered) 02-04-2011 18:33

Il ricercatore intendeva dire che se si trova il farmaco selettivo e che non ha effetti collaterali proprio per definizione, essendo selettivo e specifico per quella determinata malattia, si avrà l'automatica guarigione di quella malattia e le case farmaceutiche guadagneranno sulla vendita dei farmaci per la guarigione della malattia, che purtroppo è in aumento come frequenza, a causa dell'inquinamento e delle schifezze che mangiamo. Se si trovassero farmaci di questo tipo, ma dubito che una ricerca privata possa mai trovarli, personalmente sarei contento!Illic parla di inefficacia della medicina e di adattamento progressivo e naturale dell'essere umano a nuove condizioni ambientali e a nuovi stili di vita. In parte, mi può trovare d'accordo, ma il problema sia di Illic che di Hans Ruesch,autore dell'Imperatrice nuda o di Roberto Volpi, autore de: "l'amara medicina" è che non hanno mai frequentato un'ambulatorio medico dalla parte del medico e delle problematiche che ogni giorno deve affrontare.
Simplicius (Registered) 02-04-2011 19:04

Si torna al monopolio radicale: di medicina posson o parlare solo i medici.
Illich contesta proprio l'ambulatorio come dispens atore di "più salute". Il fatto di darlo per scontato (l'ambulatorio) dim ostra l'atroce mutazione antropologica di cui parl a.
Noto (Registered) 02-04-2011 20:15

Sarà pure monopolio radicale, ma quando uno ha l'appendicite, non si fa operare dal primo venuto che magari fino a due ore prima faceva l'ingegnere o l'indomani farà l'idraulico. Illic è contro l'eccessiva specializzazione, a volte, creata ad arte per rendere difficile e irraggiungibile ciò che invece è semplice, e in teoria questo mi può trovare d'accordo, ma nella pratica di tutti i giorni, la tiroide o l'appendice, uno se la fa togliere da chi questi interventi li fa tutti i giorni ed ha una buona manualità. Quindi accetto le provocazioni di Illic, ma mi guardo bene dal metterle in pratica pedissequamente!
Simplicius (Registered) 02-04-2011 21:34

Ivan, l'ho conosciuto personalmente, sarebbe il pr imo a rifiutare l'ipse dixit; nell'ultimo periodo  della sua vita si accingeva proprio a una revision e di Nemesi medica. Purtroppo non ce l'ha fatta.
In ogni caso le sue sono qualcosa di più che provo cazioni.
Con stima, un vecchiuccio di 65 anni arrabbiato pe rché ha avuto la fortuna di vedere il suo mondo qu ando era ancora civile e quindi conviviale (come d irebbe lui).
paolo883 (Registered) 03-04-2011 08:45

I medici sono sottoposti a pressioni inaudite da parte delle case farmaceutiche, che hanno uno spaventoso potere di corruzione e di ricatto, e da parte dei pazienti non chiedono altro che una pillola miracolosa. Pochissimi ormai sono disposti a cambiare stile di vita o alimentazione per star meglio, molto più semplice prendere un bel farmaco gratuito.
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