Ardire di essere illiberali

31 maggio 2011

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“Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino ad allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, conoscenza, ecc. – tutto divenne commercio. E’ il tempo della corruzione generale, della venalità universale o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale o fisica, divenuta valore venale, viene messa sul mercato per essere apprezzata al suo giusto valore” (Marx, Miseria della filosofia, Risposta alla filosofia della miseria di Proudhon).

L’era della mercificazione totale, magnificamente ritratta nella pagina di Marx, è giunta. Si è compiuta.
Si è compiuta, perché la nostra generazione ha vissuto anni nei quali tutto era alienabile e tutto è stato alienato. Il prestigio di uomo di cultura e di uomo di sport è stato venduto mediante contratti di sponsorizzazione. Può apparire curioso ma fino a pochi decenni fa ripugnava, non soltanto alla coscienza sociale, bensì anche all’ordine giuridico, che qualcuno potesse vendere il proprio prestigio. La giurisprudenza, in tempi che culturalmente ci appaiono lontanissimi ma che storicamente sono vicini, negava validità ai primi contratti di sponsorizzazione. Gli occhi, le anime, le menti dei telespettatori sono continuamente venduti al capitale marchio. Questa vendita è il fondamento strutturale della moderna società capitalistica. Anche in questo caso, fino al recente avvento della televisione commerciale, il fenomeno aveva un rilievo relativo e non poteva essere definito strutturale. L’utero è stato affittato; lo sperma e l’ovulo venduti. I divieti di alcuni stati nazionali poco hanno potuto contro il mercato globale, che gli stati, becchini di sé medesimi, hanno concorso a creare.
Saper vendere la propria persona è diventata la prima e più importante qualità per ogni uomo che intenda percorrere una carriera. E sapersi vendere significa comportarsi come l’altro si attende da te. “Sono come tu mi vuoi” è la regola imperante. Ed è regola diabolica, perché auto-impone la vendita dell’anima. L’esercizio dei poteri pubblici è stato venduto: da chi è stato al vertice del potere politico di uno stato europeo (si pensi al caso dello spregevole Schroeder), cosa mai accaduta prima, e da milioni di più modesti funzionari, in quantità un tempo impensabili anche nei periodi di grande corruzione. Medici vendono il loro ruolo e la loro missione alle case farmaceutiche. Le Università, in cambio delle tasse pagate da alcune categorie di iscritti (consulenti del lavoro, finanzieri, guardie forestali, ecc.) e dei finanziamenti che lo Stato italiano, ormai miserabile, ha elargito (anche) in funzione di quelle categorie di iscritti, hanno venduto il titolo di dottore. La simpatia, la sveltezza e la purezza dei bambini sono vendute in programmi televisivi, dove piccole anime innocenti cantano canzoni con testi da adulti, sebbene, a rigore, sovente si tratti di testi da adulti-minorati. I tempi in cui le apparizioni televisive dei bambini erano limitate allo zecchino d’oro appaiono lontanissimi; e invece sono appena dietro di noi.
Mai la prostituzione è stata diffusa come nel nostro tempo. E nell’epoca di internet il primato sulla rete spetta ai siti pornografici. Tramite il telefono voci di donna vendono compagnia a giovani e vecchi arrapati. Finanche l’erezione e l’eccitazione sono state vendute e acquistate nella forma di viagra e simili. Sono stati acquistati nasi, seni, zigomi, occhi, fianchi e glutei. Gli psicofarmaci impazzano. Anche la felicità o meglio la serenità ormai è in gran parte venduta. E nella madrepatria della mercificazione, persino la calma e l’attenzione dei bambini sono vendute e acquistate: si paga denaro per ottenere “sostanze” (psicofarmaci) che servirebbero a calmare e rendere attento un bambino.
Come se ne esce? Dico astrattamente, magari con un percorso lungo un secolo. E’ pensabile una proposta politica alternativa a quella dominante che tralasci il tema della mercificazione? Assunto l’orizzonte della mercificazione totale, come orizzonte comune al pensiero dominante e a quello che stiamo ipotizzando “critico”, può quest’ultimo essere davvero considerato come “critico” se affonda sulla medesima indifferenza dei valori sulla quale poggia il sistema dominante? Il partito alternativo al partito unico delle due coalizioni, se e quando verrà, deve essere anche, per certi versi, un “partito della verità e della giustizia”?
Ripeto la domanda, perché nella nostra cultura suona come un’assoluta novità: il partito alternativo al partito unico delle due coalizioni, che si spera venga prima o poi ad esistenza, deve essere anche unpartito della verità e della giustizia”?
La mercificazione totale non è periferica rispetto al sistema che si vorrebbe contestare; ne è il cuore pulsante. Se è sovrastruttura, è elemento di quella parte della sovrastruttura che condiziona la struttura. So che un tempo avrei sorriso e sarei persino inorridito per la domanda che pongo; mentre oggi essa mi appare domanda dotata di senso: domanda radicale. Una delle più profonde e importanti domande imposte dal pensiero critico.
Offrire una risposta negativa –non abbiamo bisogno di un partito della verità e della giustizia– appaga il nostro sentirci occidentali, eredi dell’illuminismo, atei o agnostici e comunque laici; ma al tempo stesso pone in dubbio e anzi direi in crisi il nostro anticapitalismo o comunque il nostro essere critici nei confronti dell’esistente, posto che l’era ritratta da Marx, ormai giunta a compimento, è l’era del capitalismo trionfante che stiamo vivendo: l’era della mercificazione totale. La risposta negativa si nasconde dietro un dito, quando muove dalla considerazione che sia sufficiente attribuire al cittadino il diritto di non acquistare. Questo è proprio il pensiero dominante, che ha orrore di norme che pongano il divieto di produrre e di vendere: lo schiavo, come è noto, è schiavo in primo luogo perché pensa come uno schiavo.
La risposta positiva è coerente con la critica del capitalismo e con il pensiero critico in generale, ma impone una riflessione sull’eredità dell’illuminismo e segnatamente sul principio della separazione del giudizio politico-giuridico dal giudizio morale. L’esito della inesorabile applicazione secolare del principio di separazione è stato la scomparsa della morale –non della vecchia morale, che si voleva abbandonare per un’altra, bensì della morale tout court– e quindi la mercificazione totale: là dove tutto è merce non vige morale. Nulla è inalienabile. Io comincio da un po’ di tempo a rispondere in senso positivo.
Sarebbe opportuno che tutti coloro che si considerano antagonisti del sistema si interrogassero: fino a che punto il liberalismo (di Einaudi, tra l’altro, non quello di Croce) ha conquistato i nostri cuori e ottenebrato le nostre menti? Antagonismi, socialismi, comunismi, ambientalismi, gli altri mondi possibili, le utopie eque e solidali, le ricollocazioni geopolitiche, le sovranità politiche o monetarie, le teorie dei “beni comuni”, le decrescite sono intrinsecamente e essenzialmente soltanto “forme buone” (ossia semplici miglioramenti) del liberalismo? Stanno dentro l’epoca della mercificazione totale e si accontentano, in pieno spirito liberale, di indicare ad alcuni la strada per una vita migliore? Se è così, perché ipocritamente continuare a sentirsi parte di una critica radicale?
Suvvia, cominciate a pensare che cosa vietereste; quale vendita sanzionereste! E dopo averlo pensato ditelo: “vieterei questo e quest’altro”. Fatevi paura, interrogandovi; poi superate la paura e impaurite i vostri commensali con frasi che li sconvolgeranno. Ardite essere illiberali! Sarà l’inizio della emancipazione da un pensiero totalitario che tutti ci ha conquistati.

Stefano D’Andrea

Appello al popolo

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 31-05-2011 22:27

Stefano D'Andrea è uno dei migliori esponenti di quell'area che, pur non rinnegando il marxismo, non è rimasta ancorata a schemi del passato e sa utilizzarlo criticamente. Il Marx che ci propone è il migliore, quello che con parole alte e profetiche ha denunciato la progressiva mercificazione di tutto ciò che era valore d'uso e non di scambio, vale a dire bene e non merce, compresi le produzioni dello spirito e lo stesso corpo umano. Nell'ultima parte del suo testo assai stimolante prende le distanze dalle matrici illuministe e laiciste di tutta la sinistra, compresa quella marxista, invitando a recuperare l'autonomia della morale, se ben intendo il suo ragionamento. In Alternativa, il movimento di cui D'Arrigo fa parte, c'è anche chi rivendica l'importanza del recupero del sacro se vogliamo veramente uscire dalle strettoie di un sistema che ci schiaccia. Con questi interlocutori potremmo fare molta strada insieme, se li conoscessimo meglio e fossimo più convinti della necessità di convergenze.
anarca@hotmail.it
Martin Venator (Registered) 31-05-2011 23:42

Non "anche" il partito della verità e della giustizia, ma "soprattutto". Sono questi principi prioritari, che ordinano tutti gli altri, non secondari.

Considerato però che un po' tutti credono di essere dalla parte della verità e della giustizia, va specificato cosa sono verità e giustizia.

A tal fine non serve certo scandagliare e dunque valutare la realtà in tutti i suoi livelli, fin nei meandri più sperduti di ogni singolo livello, per poi redigere una biblica, oracolare costituzione, tanto perfetta in ogni dettaglio quanto eterea.

Ciò che di base serve per tendere finalmente a verità e giustizia è seguire il nostro istinto più alto e primordiale.

Se ciò dovesse risultare di difficile applicazione, sarà causa delle numerose ed immense sovrastrutture che opprimono tale istinto e che dunque andranno radicalmente debellate.

Capire quali sono queste sovrastrutture che opprimono quanto di meglio c'è in noi e dunque capire cosa deve essere in noi (ri)acceso è analisi semplice e facile se si tiene bene a mente contro cosa ci si rivolta.

Se la rivolta qui in atto è quella contro un mondo dove vige la mercificazione totale, bisogna necessariamente tendere verso la direzione diametralmente opposta: la sacralizzazione totale.

E' nel sacro la via verso verità e giustizia e il mezzo migliore, innato che abbiamo a disposizione per seguire tale via è il nostro sano istinto superiore, purificato di qualunque cosa non gli appartenga.
ottavino (IP:213.243.202.133) 01-06-2011 07:38

Complimenti a D'andrea che si tuffa in un tema così ampio. Non basterebbero dei volumi per parlare di questo argomento, tanti sono i punti da rilevare.
Uno che mi balza alla mente è il fatto che in verità i liberali non riescono neanche a essere completamente liberali.
Questo misto di liberalesimo e socialismo è la cosa più patetica che ci poteva capitare.
Facciamo l'esempio dell'ubriaco. Lui si può liberamente ubriacare con uno degli alcolici altamente pubblicizzati, per poi accedere ai "servizi" (assistenza ai cirrotici, cura del fegato, trapianti, ecc) che lo stato mette a disposizione.
Fantastico!!.
Quindi la rabbia sale quando ci si accorge che essere cittadino di questo stato significa, che uno lo voglia o no, accondiscendere all'impostazione generale del medesimo.
Siamo tutti "arruolati", per far marciare le cose come qualcun altro ha deciso che marcino. Dov'è il liberalesimo in tutto questo?
Sono sicuro che il partito della verità e della giustizia si occuperebbe di smascherare questo inganno rivelando ai cittadini che, in verità, in una collettività non ci possono essere altre libertà se non quelle che la collettività stessa decide di darsi, e che queste libertà sono state attentamente soppesate, valutate dal .....Consiglio degli Anziani!!.
max (Super Administrator) 01-06-2011 12:40

E' evidente che si tratta di una favola: il liberalismo classico pone (o impone) una libertà che nessuno ha mai chiesto, e questa imposizione di per sè non è certo libertà. L'economia liberale classica, quand'anche fosse mai esistita, pone una "libertà" che chi utilizza altre forme di economia (autoproduzione, redistribuzione, baratto, dono) rifiuta di usare. Il libero pensiero pone una "libertà" di aderire a delle idee che alcuni popoli, per esempio i musulmani, in fatto di religione non vogliono nemmeno sentire nominare, perchè per loro "scegliere" l'Islam è quasi blasfemo. La libertà di scelta si colloca all'interno di scelte già costruite a priori. E la libertà di pensiero? Chi a scuola ha scelto se utilizzare come metodo di pensiero il metodo razionale piuttosto che quello simbolico e analogico che usavano i popoli antichi? Nessuno, per il semplice fatto che il liberalismo ha come presupposti il pensiero razionale, all'interno del quale soltanto si può pensare. Si tratta chiaramente di una colossale truffa.


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