Monti? No, ma...
26 novembre 2011

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Se è vero che la stampa di regime, i politici camerieri e i soliti pseudo intellettuali ciechi o prezzolati hanno tessuto le lodi del governo Monti, nelle pieghe dell'informazione non sono mancati interventi di coloro che hanno evidenziato come questa nomina rappresenti in realtà l'ultimo atto della definitiva resa della politica all'economia. Paradossalmente, gli stessi attori bancari e finanziari che hanno deliberatamente provocato la crisi in atto hanno preso direttamente in mano le leve del potere politico, e non solo in Italia. L'ultimo velo di ipocrisia sulla vera natura della nostra sedicente democrazia è finalmente caduto.
Non staremo quindi qui a ripetere quanto già altri hanno sottolineato in proposito. Crediamo invece che queste analisi, pur ampiamente condivisibili, pecchino in difetto, o meglio abbiano un vizio di origine. E' infatti indubbio che il fine dei padroni del vapore sia quello di cancellare gli ultimi residui di stato sociale, di favorire le oligarchie finanziarie (ovvero loro stessi) a scapito di un ceto medio ormai in via d'estinzione, di eliminare gli ultimi ostacoli alla globalizzazione, di scatenare una guerra tra poveri nel nome delle c.d. liberalizzazioni, foglie di fico della concentrazione delle risorse nelle mani dei soliti noti, di cancellare i diritti del lavoratori sottoponendoli a ricatti economici in stile Marchionne. Insomma, è indubbio che “loro” saranno sempre più ricchi e “noi” sempre più poveri.
Però -e questo è appunto il vizio d'origine delle critiche di cui sopra- finchè restiamo nell'ambito di questo sistema, quelle politiche sono inevitabili e persino logiche. Nelle accuse a Monti & C. avvertiamo infatti una diffusa nostalgia degli scenari economici delineatisi negli anni '60 e '70, l'illusione che una sorta di nuovo "keynesianesimo" possa permetterci di ritrovare il benessere perduto. Sembra quasi che il problema sia che pochi predatori siano venuti a rubare una ricchezza che altrimenti potrebbe essere per tutti.
Per quanto sia vero che una più equa distribuzione delle risorse sarebbe preferibile alla realtà attuale, noi crediamo che il punto vero della questione sia un altro: un sistema fondato su logiche economiche inevitabilmente conduce al baratro sul cui orlo siamo arrivati. Inevitabilmente favorisce il formarsi di oligarchie finanziarie. Inevitabilmente i Monti, i Passera, i Draghi  (per rimanere nell'ambito nazionale) finiscono per comandare. Non esistono vie d'uscita fondate su logiche economiche diverse, perlomeno che possano reggere nel lungo periodo.
E, in ogni caso, una maggior ricchezza non ci restituirebbe la dignità di uomini ed il ruolo di attori sociali dei quali siamo stati spogliati nel nome dell'unico valore del dio denaro. In un mondo fondato sull'economia vince il capitalismo. Ma combattere il capitalismo non basta: la logica del profitto trionferà sempre in un mondo la cui unità di misura è il denaro.

Andrea Marcon

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 27-11-2011 11:25

Marcon ha centrato in pieno l'obiettivo. Sulla Rete nascono come funghi gruppi che propongono di affrontare la crisi con ricette neokeynesiane al fine di rilanciare investimenti e consumi senza penalizzare i ceti popolari. A parte l'irrealizzabilità dei loro propositi, non si rendono conto che la crisi deve essere l'occasione per una rottura netta, una svolta epocale, di mentalità e stile di vita.
daniela (IP:151.42.17.192) 28-11-2011 16:29

"In un mondo fondato sull'economia vince il capitalismo...Combattere il capitalismo non basta: la logica del profitto trionferà sempre in un mondo in cui l'unità di misura è il denaro."
Sono d'accordo con queste affermazioni ma avverto un grande senso di impotenza, quando mi si induce a credere che posso solamente scegliere fra due possibilità: entrare nel dibattito economico per valutare la politica economica di Monti, o le teorie che circolano sulla Rete, che nascono come funghi e che presentano le caratteristiche indicate da Luciano, oppure rifugiarsi in un indistinto "io non ci sto a questa logica" parlando d'altro.
La vita dell'uomo è inestricabilmente legata alla soddisfazione dei bisogni materiali e questo non lo si può ignorare. Temo, insomma, di cadere nella politica dello struzzo.
Accolgo gli assunti di base di questo movimento zerista e conseguentemente ne traggo l'idea che per dare spazio al principio che una vita più sobria permetterebbe di sviluppare maggiormente le componenti spirituali della individualità di ciascuno, o che una vita comunitaria consentirebbe di sviluppare la solidarietà e molte altre virtù, devo però, per forza, prendere posizione sugli accadimenti e i rivolgimenti che coinvolgono milioni di persone intorno a me, oggi. Non posso ignorare i fenomeni economici solo perché intendo rifiutare di mettere l'economia al centro, non posso rifiutarmi lo sforzo di capire, anche usando in modo critico il linguaggio economico fin qui elaborato, o di prendere posizione di fronte al keynesianesimo, oppure di fronte alle ricette facili di novelli sedicenti illuminati economisti, per i quali basterebbe stampare moneta sovrana o varie monete locali.
Solo la decrescita si presenta come qualcosa di veramente alternativo alle ricette neoliberiste o keynesiane, ma per ora è solo utopia. Non sarà una decrescita forzata dalla crisi economica, da sola, a produrre un esito antimoderno. A mio parere la decrescita voluta, in un quadro di ricostituzione della comunità, può passare dall'utopia e diventare progetto concreto, solo se si scende sul terreno dell'elaborazione intellettuale. Altrimenti anche uno sconquasso economico planetario distruttivo diventerà il presupposto di una nuova ricomposizione del capitale e delle forze dell'Impero attuale. Non credete anche voi?
ul.lucio (Registered) 29-11-2011 16:04

"O la lotta del proletariato giunge alle conclusioni politiche in cui è giunta nell ottobre del 1917...oppure soggiace alla dittatura borghese.
Una terza via che smentisca Marx la storia non l ha inventata".
(Arrigo Cervetto, 1977)
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 29-11-2011 17:51

Sono vecchio e miope. Forse per questo non riesco a vedere la famosa coscienza di classe del proletariato. Non riesco nemmeno a vedere un proletariato. Vedo invece una massa smarrita e intruppata. Questo mito del proletariato rivoluzionario e la convinzione che il capitalismo non possa sviluppare fino in fondo le forze produttive perché in esso vige l'appropriazione privata del lavoro socializzato, rendono il marxismo obsoleto. Guardiamo avanti.
ul.lucio (Registered) 29-11-2011 20:50

Siamo in fase controrivoluzionaria, ciò che tu riesci o non riesci a vedere è normalissimo di questa fase. Ci vorrà ancora almeno una generazione per la rivoluzione, a meno che la terza guerra imperialista arrivi prima...dunque non è obsoleto il marxismo bensi l'esatto opposto: è troppo avanti, anche x essere ben compreso!...
Ciao. con rispetto e stima. Lucio
Misopickle (Registered) 30-11-2011 07:31

Direi proprio che l'ultima, ultimissima preoccupazione dei padroni del vapore - o capitalisti, o "mercati", o tiranni del pianeta che dir si voglia, siail fantasma del comunismo! questo è ormai appannaggio di qualche vecchio reperto storico umano che sogna i suoi bei tempi andati, o dei berlusconidi che devono crearsi un comodo nemico ad arte per coprire crimini e truffe varie.Come nemico il comunismo fa comodo, perchè non risponde, non esistendo, e come amico, pure. Se rivoluzione sarà, e lo spero, sarà sotto la bandiera dei giovani senza futuro e senza ideologia come già s'intravede, specie gl'immigrati nel "primo mondo.
ul.lucio (Registered) 30-11-2011 23:06

...bei tempi andati???...
a cosa ti riferisci? allo stalinismo?confondere lo stalinismo col marxismo è errore alquanto grossolano che mi aspetterei da un...,come da te appena chiamato in causa...,berlusconi...
E...quei giovani senza futuro...da te citati, a che classe pensi che appartengano??? e come pensi che si organizzeranno???...
Giovanni Marini (IP:89.97.184.59) 30-11-2011 12:30

D'accordo con la visione del MZ come ci ricorda Andrea Marcon però bisogna anche capire che non si può rimanere inerti mentre ti massacrano.
La politica economica messa in atto dalle oligarchie neoliberiste sta trasferendo la poca ricchezza delle masse nelle mani di pochi superricchi.
Questo significherà sofferenze indicibili per tantissima gente.
Non si può rimanere indifferenti di fronte a ciò chiusi in una posizione di intellettualistica superiorità.
Se il keynesianesimo non è la nostra prospettiva di lungo periodo è però una buona arma per affrontare i Mr Smith che ci stanno massacrando.

P.S. E' da tanto che non invitate Paolo Barnard a scrivere qualcosa per noi.
paolo883 (Registered) 30-11-2011 18:16

Non si cambia l'economia se non si cambia l'uomo. Questo modello di sviluppo è figlio del pensiero materialista, scientista, positivista, darwinista (e chi più ne ha più nè metta) che domina la nostra vita da qualche secolo. Se non recuperiamo il senso del sacro, se non buttiamo nel cesso il pensiero scientifico che non serve a nulla tranne a dotarci di mezzi sempre più inutili e costosi, se non impariamo di nuovo a vivere la trascendenza come una reale esplorazione di un mondo altrettanto reale e nient'affatto immaginario, allora nulla potrà salvarci, non la decrescita, non la rivoluzione proletaria (per carità), non lo sport nè tantomeno l'azione cattolica. Nulla.
ul.lucio (Registered) 30-11-2011 23:28

La penso completamente all opposto. (Ma tanto a voi che ve frega... ;-) ).
1°)Ritengo che sia la società a fare l'uomo e non viceversa. L'uomo cambia in funzione delle condizioni materiali (divisione di classe sociale, rapporti di produzione, ecc.). Se aspettiamo che sia la politica, le coscienze, il sacro...ad influire sul cambiamento stiamo certi che l economia non cambierà di una vergola, se non in peggio.
2°)Ritengo che non sia la scienza a... dover essere buttata nel cesso...ma il suo asservimento al profitto e, di conseguenza, allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Non è la scienza il problema ma come viene usata. Non è il pensiero scientifico che ...ci dota di mezzi sempre inutili...ma il suo asservimento al metodo di produzione capitalistico.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 01-12-2011 08:40

Le forme del vivere associato, i costumi, gli aspetti culturali in senso lato, sono determinati dal tipo di società, a sua volta plasmato dal tipo di economia: in questo Lucio, seguendo Marx, ha ragione. Tuttavia esiste una natura umana immutabile, al di là di tutte le forme storiche di civiltà, con cui bisogna fare i conti. Le questioni esistenziali fondamentali e le risposte che cerchiamo di dare restano inalterate nei millenni.
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