N€uroschiavi

di Marco Francesco De Marco

14 gennaio 2012

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Qualcuno spieghi a Paolo Barnard che siamo in guerra da prima che lui si svegliasse, buttato giù dal letto dalla Gabanelli, la stessa che vorrebbe eliminare il contante per combattere le mafie e l’evasione fiscale (delirio). Quella che dichiara che lei non parla di signoraggio in TV perché la gente non capirebbe (ridicolo). Nella guerra che vede schierato anche Barnard, ora che si è svegliato ed informato, da un lato c’è la piramide usurocratica, con le elite tecno-finanziarie che dettano le regole e le impongono, grazie alla servitù politica, giornalistica ed “intellettuale”.
Dietro la maschera dei banchieri, vi è il démone Usur, assetato di sangue, che si nutre della cupa mestizia che ci viene trasmessa attraverso il mantra mefistofelico della crisi. Dall’altra parte è tutto da costruire il fronte avverso, attualmente costituito da un galassia infinita di piccoli movimenti o singole persone, poco o per niente collegati tra loro. Nulla che possa essere definito "esercito", ma nemmeno “movimento”, non avendo né la consapevolezza né la lucidità del fronte avverso. Di tutti loro così messi, di tutti noi, il nostro nemico ride, perchè in realtà noi non esistiamo. Per sconfiggere il nemico, o almeno per battersi con lui, bisogna risalire al suo principio primo. Capire qual è la sua origine ed il suo fine. Saper riconoscere i suoi servitori, le sue spie, i suoi alleati. Ed infine costituire una forza da contrapporgli. Per la nostra causa e la nostra parte sarà gradito il contributo di chiunque sia in buona fede, non abbia interessi personali legati al mondo usurocratico, e sia disposto a correre qualche rischio serio. Perché se la guerra è tale bisogna mettere in preventivo i pedaggi che essa da sempre richiede. Ci vorrà un'elite del pensiero e dell’analisi tattica, dei soldati dell’idea, degli alleati. Per far parte della classe dirigente rivoluzionaria non sarà inutile, assieme ad altre qualità, avere un buon curriculum.
Certo qualcuno si sarà svegliato tardi, dopo lunghe dormite, e noi non gliene faremo una colpa. A patto che non pretenda di spiegarci tutto quello che noi sappiamo e scriviamo da anni e che, per inciso, non costituisce il maggior problema del fronte opposto alle armate di Usur. A patto che si abbandoni lo stile profetico e messianico di portatore del verbo. Oggi la difficoltà maggiore risiede nel coagulare le forze divise, dargli dignità intellettuale e militante, aumentarne la capacità detonante fino al punto di essere in grado di dichiarare guerra al nemico, e possibilmente sconfiggerlo. La pretesa di Barnard di incarnare l’inizio della consapevolezza, di datare l’anno "uno" dell’era ribelle, è fonte di ulteriore polemica sterile ed è utile solo per creare deleterie frammentazioni; segno evidente del solito vezzo ipertrofico di chi è concentrato su se stesso piuttosto che sulla guerra che dice di voler combattere. Amore di sè che forse costituisce il motivo per il quale ha dormito a lungo, e ciò nonostante oggi non è disposto, per principio, ad ascoltare nessun’altra opinione. Si ricordi che di lui nessuno sapeva nulla fino al suo litigio con la Gabanelli, questione veramente di poco conto, visto che solo Barnard non si era ancora reso conto dell'impossibilità di fare informazione libera in Rai. Comunque, la storia oggettivamente non riguardava l’esproprio della sovranità monetaria e le altre libertà sottratte, delle quali Barnard sembrava non sapere nulla.

Spremuto il limone della polemica con Rai 3, e resosi conto che non poteva portarla troppo per le lunghe, vista l’inconsistenza degli avvenimenti, un giorno Barnard ci spiegò che stava studiando la questione monetaria (ben arrivato, la vita inizia a quarant’anni), e che le teorie dei “signoraggisti” classici non lo convincevano. Tanto che, sottoposte a dei docenti universitari americani, aveva visto condiviso il proprio scetticismo, grazie al quale, di lì a breve, attraverso una dura formazione culturale, sarebbe arrivato alle attuali determinazioni: il debito è (sarebbe) una ricchezza, il problema è disporre della “moneta sovrana”, anche se ottenuta da una banca privata. Teorie più complesse di quanto qui si riassume, che hanno peraltro un certo spessore se non altro sotto il profilo accademico, ma che, evidentemente, divergono da quelle di chi sostiene che le questioni essenziali siano il danaro creato dal debito (o insieme al debito) e la mancata nazionalizzazione delle banche centrali.
Ora, senza entrare nel merito tecnico, appare evidente la natura psichica e non certo rivoluzionaria dell’idea di chiamare Auriti, Galloni, Tarquini, Della Luna, Pascucci, Saba, “signoraggisti”, con tono sbrigativo e liquidante, e pretendere di congedarli dal centro delle attenzioni di coloro i quali da decenni -e non per un licenziamento ingiustificato, ma per scelta ideale- militano sul fronte anti-usurocratico, formandosi ed informandosi con questi ed altri autori che mi scuso per non aver citato. Naturalmente lo spostamento dal centro dei vecchi “teorici” è stato subito equilibrato dal suo personale autoposizionamento. Il centro vuole occuparlo lui. Oramai si sente l’unico detentore di verità ed incede con un inquietante misto di aggressività e messianesimo. Parla di “salvataggio della democrazia”: evidentemente sonnecchia ancora, anche perché non ci spiega quando è finita (semmai è esistita) la democrazia e quando è iniziata la dittatura bancaria. E’ ovvio che nessuno vuol costringere Barnard ad aderire alle idee di quelli che “all’ingrosso” ed in un solo pacco lui definisce “signoraggisti”. E non è detto che i suoi studi non abbiano aggiunto alcune verità a quelle già conosciute. Quello che appare di origine dubbia è appunto la volontà di volersi imporre al centro dell’agone con l’aura di chi è sceso dal cielo, ed invece è tristemente solo caduto dal letto. La postura da oracolo si accompagna ad un atteggiamento scomposto ed alterato, che non trasmette solennità ma soltanto nervosismo, forse determinato dal fatto che per Barnard l’acquisizione delle terribili verità che vengono tenute nascoste ai più è particolarmente recente.
Certo che appare forzata, improbabile, non credibile, una lotta così determinata che non abbia delle radici e delle origini. Una storia personale, senza maestri e nemmeno ispiratori, tranne la solita ed un po’ provinciale storiella dei professori americani. Dimenticando che senza gli studi e gli scritti tanto disprezzati, forse il problema della sovranità monetaria non se lo sarebbe neanche posto. Non ho capito ancora quale sarebbe la novità proposta dal MMT americano, pur avendo letto tutti i documenti citati da Barnard, compresi i suoi voluminosi scritti ed interventi. La teorizzata utilizzazione del debito come “opportunità” non mi convince. Resto dell’opinione che la creazione della moneta debba essere una prerogativa degli Stati e delle entità istituzionali e politiche, quindi popolari. Non capisco perché Barnard e il MMT si ostinino a trascurare questo principio che, se eluso, vede legittimata la facoltà di emettere danaro da parte di entità private, soggette a dinamiche di interessi che divergono da quelle dei popoli. Ma al di là delle diversità teoriche, a chi giova la scomposta agitazione mostrata da Barnard, tanto protagonismo, tanto evidente narcisismo? Al demone Usur o a chi lo combatte? Risposta ovvia. Eppure, altrettanto ovviamente, abbiamo bisogno di tutti, Barnard incluso, per rovesciare i rapporti di forza. Per questo gli consiglio di leggere, più che “Euroschiavi", un altro libro, forse ancor più interessante e sottile, di Marco Della Luna, che si intitola “Neuroschiavi”.
Qualcuno dovrà dare delle piccole spiegazioni anche ad Alfonso Marra, il quale è intelligente fino alla genialità, come ci narra Pietrangelo Buttafuoco. Quindi capirà tutto al volo, e subito dopo ce lo rispiegherà ancor più chiaramente. Bisogna dirgli una cosa semplice: siamo in guerra e la guerra è una cosa seria. Come tutte le cose serie prevede che alla sostanza si accompagnino delle forme adeguate. La prassi delle battaglie ideali ha una propria liturgia. Essa impone alle parti contendenti di distinguersi per coraggio ed onore, accompagnati dalla dignitas di chi si sacrifica. Non parlo della freddezza da rettili alla maniera di Draghi o Monti, ci mancherebbe. Nel mondo che essi rappresentano certi valori non esistono. D’altronde il dèmone Usur, che loro servono e temono allo stesso tempo, non è certo una divinità del Cielo sidereo, dal quale discende ogni bellezza, inclusa l’attitudine alle forme composte ed eleganti. Mi riferisco al contegno ed allo stile che la nostra parte “in fieri” dovrebbe portare con sé quale segno di distinzione.
La scelta di diffondere, nell’opinione generale, l’abbinamento tra le nudità di Sara Tommasi e la lotta contro le banche, appare sacrilega, o, se si vuole, semplicemente penosa, oltre che controproducente. A nulla varrà evocare la mitica esigenza di visibilità. Le idee viaggiano più velocemente di quanto si creda, non è necessario affidarle al clamore legato ai banali richiami del nudo. Al contrario di quanto sperato, l’effetto che personalmente verifichiamo ogni giorno è quello dello svilimento del tema. Noi che da anni sveliamo a chiunque l’inganno del signoraggio, negli ultimi tempi spesso ci siamo sentiti dire: “ma cos’è, la cosa di quella che ha fatto vedere il culo vicino al bancomat?” ed altre cose simili. Svilimento, parodia, banalizzazione e volgarizzazione non giustificano nessun maggior contatto, illusione numerica che poggia le sue basi sul terreno preferito del nemico: la materia. La speranza che un seno od un culo possano giovare alla causa rivoluzionaria del fronte anti-usurocratico appare vana ed illusoria.
Non ci sono noti gli orizzonti ideali di Marra, al di là della comune battaglia contro ogni forma di signoraggio e per la sovranità monetaria popolare. Per quanto ci riguarda, la parte formale, ovvero estetica, lo stile ed il portamento, che dovranno caratterizzare le forze che combattono Usur, dovranno essere coerenti con il mondo che sogniamo, quello che sostituirà la civiltà radioattiva e cancerogena delle dittature bancarie. Perché noi siamo certi che, così facendo, si potrà persino perdere; ma perdere tutto tranne l’onore sarà possibile solo per coloro i quali l’onore l’avranno preservato prima, durante ed anche dopo l’ultima battaglia. Non si tratta di moralismo, è ben altro. Il moralismo è uno stato mentale borghese, appartiene alle proiezioni psichiche del mondo che combattiamo. Si chiama dignitas, una antica virtù cara ai romani.

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daniela (IP:151.42.35.158) 14-01-2012 14:38

Ringrazio De Marco per aver cominciato ad affrontare un tema che mi sembra centrale, cruciale in questo momento storico per chi voglia porsi in maniera veramente antagonista. Non si deve parlare di economia per metterla al centro della nostra vita ma perché il sistema ci ha reso macchine che producono, consumano, crepano.
Mi associo alla dura critica a Barnard, che non commette principalmente l'errore di ignorare o detestare il sinoraggio, ma quello di pensare in modo neokeynesiano e neppure corretto, dando alla possibilità di battere moneta, autonomamente e senza limiti, un potere salvifico.
Sono per la sovranità nazionale, anche se per me sarebbe meglio se fosse europea, con banche pubbliche nazionalizzate, però, pur riconoscendo che l'economia finanziaria ha un enorme potere e le banche, assieme alle agenzie di rating, e tanto altro, una mano di rapina nei confronti della gente comune, penso che il suo errore principale sia quello di pensare che i problemi legati al capitalismo, all'imperialismo e alla modernità (a dire il vero Barnard non vuole combattere la modernità ma ripristinare il benessere diffuso di qualche decennio fa), si possano risolvere, o perlomeno si possano invertire di rotta, con lo strumento monetario. Questa critica investe anche chi pensa che eliminando il signoraggio si risolverebbero tutti i problemi,
A noi, dal basso, invece, secondo me, è dato di combattere facendo leva sull'economia reale e ridimensionando l'uso della moneta. Individuerei come prioritari: il rifiuto delle ricette liberiste, l'analisi critica nel dettaglio nell'ambito del nostro modello di produzione e di distribuzione di beni e di servizi facendo espandere la prospettiva decrescista, per fare a meno di ciò che non serve, la presa in considerazione del reddito di cittadinanza così come prospettato da De Benoist, appoggio là dove è possibile delle proteste nei territori, in tutti gli ambiti, compresi quelli di piazza, in Italia, ma anche con altri, in maniera transnazionale (non cosmopolita).
Daniela Salvini
Giovanni Marini (Registered) 15-01-2012 21:34

Apprezzo questo articolo, voglio solo fare una precisazione. E' vero che da sempre esiste una corrente di pensiero contro il signoraggio, ma Barnard è stato il primo a individuare, descrivere, e sopratutto documentare già qualche anno fa il genere di attacco che l'oligarchia tecno finanziaria ha sviluppato con inflessibile determinazione contro la società. Ha il grande merito di aver divulgato in forma chiara e comprensibile i principi della gestione della moneta, nella fattispecie la Modern Money Theory. Barnard ci ha dato l'arma che ci serve per combattere efficacemente l'ideologia neoliberista.
Non voglio entrare nel merito dell'irrisolta questione se la teoria del signoraggio sia fondata o meno, dico solo che essa è inutilizzabile allo scopo. Sarebbe facile per i nostri avversari liquidarla con sufficienza come stravagante e totalmente infondata. Tale è infatti l'opinione della stragrande maggioranza degli economisti. E' sufficiente sostenere l'utilità di avere una Banca Centrale pubblica piuttosto che privata e questo eliminerà ipso facto il problema della appropriazione del signoraggio.
Ora so bene che molti hanno una visione complessa del mondo moderno, la mia è più limitata.
Io sostengo che le idee camminano sulle gambe degli uomini e se gli uomini periscono le loro idee finiscono nel dimenticatoio della storia.
Perciò gli uomini vanno salvati. E per salvarsi bisogna combattere e se combatti le armi sono importanti. Non si può andare con le lance contro le mitragliatrici come nel famoso film con Tom Cruise sul Giappone.

A Daniela
le ricette neoliberiste COME le rifiuti? Il reddito di cittadinanza CHI lo paga? Sapresti reggere un confronto con un economista neoliberista? Sapresti argomentare al di là dei facili slogan contro chi ti presenta numeri e statistiche?
A noi se continuiamo così il nostro avversario neanche ci vede.
daniela (IP:151.42.35.158) 16-01-2012 14:41

Molto occorrerebbe dire per dimostrare come le ricette neoliberiste si possono rifiutare. Per ora basti dire che si debbono rifiutare. I risultati che producono lo provano: bolle che scoppiano, debito che cresce, ricchezza che si polarizza e si concentra in poche mani,..... I Mercati creano certamente un equilibrio, ma non quello che vogliono darci a bere. La crescita non potrà tendere alla piena occupazione, non estenderà il benessere,ecc. No, abbiamo invece, davanti agli occhi, il depauperamento del pianeta, i rifiuti, e chi più ne ha più ne metta. In ultimo la bastonata che le compagnie di rating hanno dato alle politica di Monti. L'economia finanziaria anglosassone contro l'economia reale della Germania, che, dal canto suo, non riesce ad avere una visione europea e a trainare verso un'Europa meno suddita degli Stati Uniti.
La ricetta di Barnard rientra negli schemi keynesiani di correzione delle storture del capitalismo, vorrebbe farci rientrare per altra via nell'economia finanziaria, per riprendere un Welfare che secondo me non è più possibile.
Io mi muovo nell'ambito dell'utopia, ovvero cosa fare se la crisi facesse crollare tutto. Faccio un esempio.
Se fossimo come l'Arabia saudita, il reddito più importante deriverebbe dalla vendita del petrolio e si capirebbe che i governanti potrebbero convenire sulla distribuzione del Pil fra tutti, un reddito di cittadinanza insomma. Non lo farà, ma potrebbe. Da noi è poco comprensibile un ragionamento del genere perché il prodotto è sempre frutto di lavoro, di creatività e di capitale. Poniamo che lo Stato potesse disporre del PIl italiano prodotto in un anno, e che si aggiri sui 2000 miliardi, circa, di euro. Supponiamo che decidesse di lasciarne alle parti che hanno contribuito a produrlo, tutto (niente tasse) tranne quello da destinare ad un reddito di cittadinanza. Se questo fosse di 850 euro mensili, essendo gli italiani circa 60 milioni, raggiungeremmo la cifra di 600 miliardi di euro all'anno. Si trratterebbe di un terzo del reddito, che sarebbe dato a tutti, bambini compresi (per i quali non dovrebbe esservi la disponibilità da parte dei genitori, ma la gestione per i suoi studi, i suoi progetti, le sue necessità). Questo reddito comporterebbe un dovere di partecipare alla soluzione dei propri problemi e di quelli familiari, ma non escluderebbe che ciascuno lavori all'esterno, come imprenditore, artigiano, libero professionista, salariato, per avere di più, collaborando secondo le sue capacità e inclinazioni, e per il tempo disponibile, alla creazione del Pil stesso. Al contempo le famiglie, le piccole comunità, dovrebbero risolvere da soli quasi tutti i problemi che ora sono svolti da enti pubblici. Sarebbero poi abolite tante spese pubbliche: niente pensione, niente cassa integrazione, niente indennità di disoccupazione. Quanti soldi ci prende lo Stato per questo e per l'assistenza dei bambini, degli anziani, degli handicappati, ecc. C'è il problema delle grandi opere pubbliche, ma a questo si potrebbe pensare se si riconoscesse che il mio ragionamento ha un minimo di fondamento. Non sto a dire di tanti vantaggi e di possibili svantaggi del reddito di cittadinanza perché riprenderei cose dette da De Benoist, cose che ho letto in un suo scritto di Diorama letterario, del 13/12/2011.
Occorrerebbe pensare queste cose scollegandoci dal modo di pensare corrente nel nostro sistema attuale. Mi perdonerete se ho decolonizzato troppo l'immaginario.
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