Due guerre civili

24 agosto 2012

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Paragonare epoche lontane è sempre una forzatura. Pertanto anche il confronto fra gli anni Trenta del secolo scorso e quelli che stiamo vivendo è un’operazione azzardata. In particolare è molto diverso il quadro degli opposti imperialismi. All’egemonia imperiale anglo-americana allora si opponeva un nascente e aggressivo imperialismo nazi-fascista. Oggi c’è un solo imperialismo onnipervasivo, quello americano, che dal crollo dell’URSS in poi non incontra ostacoli significativi.

Eppure la tentazione di paragonare i due periodi è forte, e non solo per la gravità della crisi economica internazionale che li contraddistingue. Nella seconda metà degli anni Trenta, l’espansionismo nazifascista mise a segno una serie di colpi che alterarono gli equilibri internazionali. La conquista dell’Etiopia e poi dell’Albania da parte dell’Italia, l’annessione tedesca dell’Austria e successivamente della regione dei Sudeti, col conseguente asservimento della Cecoslovacchia, mentre nell’estremo Oriente asiatico il Giappone alleato delle due potenze europee aggrediva la Cina, trovarono debole opposizione nelle cosiddette democrazie.

In quegli anni la prova più traumatica fu però la guerra civile spagnola, che contrappose il governo repubblicano agli insorti falangisti capeggiati dal generale Franco. Fu una mischia feroce, come tutte le guerre civili (in quel caso, come in casi analoghi, compresa l’attuale strage in Siria, il criterio discriminante per schierarsi da una parte o dall’altra non è il livello di crudeltà dei contendenti, perché la ferocia è un tratto comune a tutti). La guerra di Spagna si internazionalizzò rapidamente. Dalla parte del governo repubblicano si pronunciarono, molto debolmente e predicando il non intervento, le “democrazie” occidentali, e con un po’ più di decisione l’URSS. Ma soprattutto quella causa poté contare sull’afflusso di gruppi di combattenti volontari, le brigate internazionali. Dalla parte dei rivoltosi franchisti si schierarono la Germania nazista e l’Italia fascista, con massicci invii di armi e di formazioni militari. Alla fine trionfarono i franchisti, grazie a quegli interventi esterni. Si era nel 1939. La Germania nazista e l’Italia fascista giunsero alla conclusione che l’Occidente democratico era debole e decadente. La mossa successiva fu l’invasione della Polonia, dopo un accordo provvisorio con l’URSS, e a quel punto la guerra generale, che sarebbe diventata mondiale, non era più evitabile. 

Nei nostri anni un Impero che sente di poter dominare il mondo ha aggredito la Serbia, ultimo Paese di quell’area amico della Russia, inventando un genocidio inesistente nel Kossovo, provincia serba e non Stato indipendente. Col pretesto dell’oscurissimo episodio dell’11 settembre  ha invaso prima l’Afghanistan e poi l’Iraq, impadronendosi di aree strategiche e installando altre basi lungo i confini della Russia e della Cina. Inventando la ridicola minaccia di inesistenti missili intercontinentali iraniani, ha installato basi missilistiche nell’Europa orientale, lungo i confini con la Russia. Infine ha aggredito la Libia, per fare dell’intero Mediterraneo un’area sotto il totale controllo dell’Impero. Le reazioni a queste mosse sono state debolissime o inesistenti, tali da incoraggiare una nuova avventura approfittando della guerra civile in Siria. Qui troviamo da una parte il governo sostenuto attivamente da Iran e Russia e diplomaticamente dalla Cina; dall’altra parte ribelli di variegata coloritura politica e religiosa, sostenuti massicciamente da USA, UE, Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Finalmente Russia e Cina hanno capito qual è la posta in gioco. Se l’Impero sfonderà anche in Siria, la prossima pedina a saltare sarà l’Iran, dopo di che la guerra mondiale diventerà pressoché inevitabile. Dopo la Spagna fu la Polonia e la seconda guerra mondiale. Dopo la Siria sarà l’Iran e un’altra guerra mondiale.

È proprio azzardato questo parallelismo? Se non lo è, e molte cose fanno pensare che non lo sia, in Siria si sta giocando una partita decisiva per le sorti del mondo. Putin sembra aver compreso che dopo il vergognoso cedimento sulla Libia, la Siria è l’ultima trincea. La nostra flebile voce si aggiunga a quella di altri che sulla Rete tentano di sensibilizzare a questi temi, ben più fondamentali dello spread e dell’andamento delle Borse. Si sta consumando una tragedia che riguarda il futuro del mondo intero, nell’indifferenza, nell’abulìa, nell’atonìa di generazioni perdute. 

Luciano Fuschini

 

Commenti
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Giovanni Marini (Registered) 24-08-2012 22:59

Sottoscrivo completamente questo articolo di Luciano. Non so se nei piani del governo americano ci sia la guerra totale, non lo credo, non lo voglio credere, ma devo ammettere che l'ossessione di questo Paese per la sicurezza è paranoica. Penso che all'interno dell'élite americana una fazione al momento prevalente si voglia giocare la carta della supremazia planetaria. Dopotutto l'Inghilterra la raggiunse nel IX secolo, perchè non dovrebbe essere possibile nel XXI considerato l'incontrastata potenza militare raggiunta dagli USA?
Tempo fa scrissi su questo sito un post per rispondere a chi credeva che gli USA avessero
imboccato la via di un inarrestabile declino (per inciso è la tesi di G. Chiesa).
Per chi non se ne fosse accorto, e sono in molti, gli USA hanno inventato un nuovo modo di fare la guerra.
Nella seconda metà del '900 esisteva una potenza in grado di distruggere completamente gli USA ed era l'URSS, oggi non c'è più. Nel secolo scorso gli USA erano contestati dagli alleati, la Francia era fuori dalla Nato, la guerra del Vietnam se la combatterono da soli tra forti contestazioni in patria e in Europa. Oggi gli USA sono l'unica nazione al mondo in grado di raccogliere intorno a sé vaste ed eterogenee alleanze, di controllare il Consiglio di sicurezza dell'ONU, di avere la compiacenza di tutti i media occidentali anche al di là di ogni ragionevole decenza.
Nel secolo scorso gli USA dominavano su metà del mondo, oggi giudicate voi.
In Vietnam i soldati americani combattevano e morivano come i vietcong. Oggi gli USA sono l'unica potenza al mondo in grado di distruggere chiunque senza rischiare la vita dei propri soldati e questo grazie al controllo informatico del campo di battaglia e alle armi a guida satellitare sparate da posti sicuri e in grado di spianare una nazione intera senza possibilità di reazione. Contraerea e missili antiaerei sono diventate armi obsolete. Ne abbiamo visto l'efficacia per la prima volta nella prima guerra del Golfo. L'esercito di Saddam non era un esercito da ridere. L'Iraq possedeva migliaia di carri armati, aerei, artiglieria, contraerea e missili terra-aria a bizzeffe, nonché truppe veterane con l'esperienza di una lunga guerra combattuta contro l'Iran. Sul terreno avrebbe dato del filo da torcere a chiunque prima di cedere. Ma l'Iraq è stato spianato con perdite ridicole da parte della coalizione internazionale.

E non è finita qui. Luciano si chiede come mai non ci sia una reazione da parte della gente, dei giovani. Me lo chiedo anch'io e la risposta che mi sono dato è che anche questo sia frutto non solo della manipolazione dell'opinione pubblica ma anche di una preventiva silenziosa soppressione di cellule di contestazione ancor prima che queste vengano alla ribalta della cronaca.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 25-08-2012 10:31

Purtroppo Giovanni Marini tratteggia un quadro esatto della situazione, soprattutto per quanto riguarda l'armamento da fantascienza di cui gli USA dispongono. Lo inviterei però a non disperare. L'Impero non è onnipotente. Il dollaro traballa, l'economia americana è in gravi difficoltà, anche per le spese in armamenti sofisticatissimi. Marini ricordava che nel xx secolo c'erano forze che si opponevano agli USA, ma non dimentichiamo che dagli anni '60 in poi fra Cina maoista e URSS ci fu un contrasto durissimo, sfociato addirittura in scontri armati, tanto che l'URSS dovette dispiegare gran parte delle sue forze su quel confine asiatico. Quello fu uno dei fattori del trionfo degli USA. Oggi si profilano le condizioni per una vera e propria alleanza fra Cina e Russia; sarebbe un blocco continentale formidabile per risorse umane e materiali e anche per potenza militare. Infine, nonostante la schiacciante superiorità, gli USA non controllano il territorio né in Iraq né in Afghanistan. Per farlo occorrono centinaia di migliaia di soldati, quelli che fallirono in Viet Nam. I droni e i robot non bastano. Con i loro lanciagranate, i loro kalashnikov e i loro uomini-bomba, i resistenti iracheni alla fine hanno indotto gli americani a tollerare che si insediasse a Baghdad un governo sciita forse più amico degli iraniani che degli inquilini della Casa Bianca. Le armi dei resistenti afghani, paragonabili agli archi e alle lance dei pellerossa contro le mitragliatrici dei coloni, sono sufficienti ad alimentare una guerriglia che costringerà la NATO a conservare in quel Paese soltanto qualche base attorniata da popolazioni ostili e da un governo infìdo. Non disperiamo.
Wolfram (IP:151.25.58.41) 26-08-2012 13:46

È proprio azzardato questo parallelismo?

Direi di si.
Nel senso che nonostante (condivido le probabilità) ci stiamo per imbattere in una guerra di dimensioni più grosse di quelle a cui ci hanno abituato in questi ultimi ventanni, il parallelismo con quelle che furono le vicende della prima metà del secolo scorso mi sembra inopportuno. Non tanto per giustificare la guerra in se per se (anche se come idea platonica esiste un concetto di guerra giusta, si veda per esempio nel diritto romano il "bellum iustum" di Cicerone), quanto per sottolineare che non si può paragonare il movente dell'azione anglo-americana di sempre (e quindi compresa quella di oggi) con quella propugnata ed in parte subita dalle correnti rivoluzionarie conservatrici (non ci fu solo Germania ed Italia). In effetti quest'ultime rappresentarono (e nacquero come) un fenomeno di vero contrasto a ciò che oggi ormai impera. In sostanza fummo trascinati, opportunatamente stimolati e sollecitati, nello scontro, uno scontro che assunse un risvolto di carattere etico (se non sacro) di sfida all'usura mondialista.
Quindi semmai noi (l'Europa dei popoli che fu) oggi saremmo la Siria, anzi la Russia a cui fiduciosamente ripongo speranze di contro-bilanciatura, contro-bilanciatura che appunto può sfociare in una più che nuova guerra fredda.
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