Un'altra Europa

24 settembre 2012

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Articolo apparso su Il Gazzettino del 14-9-2012 (N.d.d.)

Povero Bossi, quando, agli inizi degli anni Novanta reclamava l’indipendenza della mitica Padania le reazioni dei partiti nazionali e dei governi dell’epoca erano isteriche, o irridenti: la Lega era fuori della Storia, voleva tornare al Medioevo. Nel frattempo la Cecoslovacchia si è divisa in due, in Cechia e Slovacchia, senza che la cosa abbia provocato particolari turbamenti, al contrario, perché sono due regioni d’Europa che hanno vocazioni diverse: industriale la prima, agricola la seconda. E tre giorni fa a Barcellona una folla di un milione e mezzo di persone è scesa in piazza, del tutto pacificamente, chiedendo l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, al grido di "Catalunya, nou estat d’Europa" (Catalogna, nuovo Stato d’Europa). La cosa interessante è che accanto a quelle indipendentiste, sventolavano bandiere europee. I vari secessionismi che serpeggiano nel Vecchio Continente (corso, basco, irlandese, scozzese, tirolese) non vanno infatti contro una futura unità politica dell’Europa ma ne sono il complemento.

L’unità europea, si sa, è nata male. Doveva essere innanzitutto politica e poi monetaria; questo lo sapevano benissimo anche Adenauer, De Gasperi, Spaak che, nel dopoguerra, ne furono i promotori. Ma sapevano altrettanto bene che gli americani non gliela avrebbero permessa. Gli Stati Uniti sono sempre stati contrari a qualsiasi forma di unità europea. Perché avrebbe sottratto l’Europa alla loro egemonia. E quando, a metà degli anni Ottanta, Francia e Germania tentarono di costituire un primo nucleo di esercito europeo per sottrarsi alla soffocante tutela militare americana, Washington si oppose. E anche l’unione monetaria ed economica di parte dell’Europa, realizzatasi agli inizi del Duemila, nonostante i sorrisi di facciata, non è stata vista, e non è vista, di buon occhio dagli Stati Uniti. Le entrate a gamba tesa delle agenzie di rating americane sono, insieme ad altre manovre più sotterranee un tentativo di distruggerla. Ma agli Stati Uniti, politicamente, militarmente ed economicamente, d’Europa bisognerà arrivarci, necessariamente. Perché in Europa nessuno Stato ha la forza di garantirsi, da solo, la difesa, e di competere dal punto di vista produttivo con i grandi colossi (Cina, India e persino Brasile) che stanno avanzando e rischiano di sommergerci.

Ma quando l’Europa sarà politicamente unita i suoi punti di riferimento periferici non saranno più gli Stati nazionali, ormai diventati inutili, ma aree geografiche più coese dal punto di vista identitario, sociale, economico, climatico. In un’Europa politicamente unita non ci sarebbe alcune ragione perché l’Aosta non si unisse alla Savoia, l’Alto Adige al Tirolo, la Liguria di Ponente alla Provenza e così via. Naturalmente le classi dirigenti nazionali farebbero una feroce opposizione, perché vedrebbero pressoché azzerato il loro potere. Prendiamo l’Italia. Con un governo unico europeo che fine farebbero i Bersani, i Franceschini, i Finocchiaro, gli Alfano, i La Russa, i Gasparri, i Vendola? La visione politica che guarda il futuro è quella del primo Bossi, del separatismo o, più moderatamente, delle tre "macroregioni", non quella dell’ottantacinquenne Giorgio Napolitano che crede di di vivere ancora nel Risorgimento e si bea del mito della Resistenza, un evento, peraltro marginale, di più di mezzo secolo fa quando il mondo era molto diverso da quello di oggi. Se si pretende di essere europeisti, come Napolitano non perde occasione di dichiararsi, è necessario disfarsi anche delle retorica dell’unità nazionale.

Massimo Fini

 

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 24-09-2012 23:19

Dall'articolo si possono trarre due indicazioni che per l'autorevolezza della fonte per noi sono vere e proprie direttive: non possiamo aderire a visioni nazionalistiche e "sovraniste";
l'attuale UE è una costruzione da abbattere. Il problema che si pone è questo: se la priorità è la soppressione dell'UE, prospettare nell'immediato di superarla nella direzione di una federazione fra maxi-regioni non sarà una fuga in avanti? Forse il passaggio più comprensibile alle grandi masse e più praticabile è quello di un recupero delle sovranità nazionali, come tappa provvisoria prima di un ripensamento di tutto il processo di unificazione europea. D'altra parte ripristinare la piena autonomia degli Stati nazionali non significherà fossilizzarsi in un recupero anacronistico di realtà otto-novecentesche? Sono interrogativi di tale spessore che richiederebbero un dibattito approfondito. Questo sarà il tema centrale del futuro immediato.
daniela (Registered) 25-09-2012 07:30

Concordo pienamente con Massimo Fini. Il quesito posto da Luciamo mi sembra centrale in questo momento storico. Diversi movimenti sovranisti dichiarano che l'unico modo di abbattere la Ue è quello di ripristinare la nostra sovranità nazionale. La veemenza con la quale spingono su tale obiettivo induce a pensare che, ripristinata la sovranità, si renderanno possibili le soluzioni a tutti i problemi, economici e sociali, che stanno crescendo a dismisura nel nostro Paese. A mio parere invece dobbiamo principalmente avversare le POLITICHE che, a livello nazionale, europeo e soprattutto imperiale, ci vengono imposte. Vedo l'obiettivo del ripristino eventuale della sovranità nazionale come obiettivo puramente strumentale alla salvaguardia del territorio, del paesaggio, al ripristino di altra agricoltura, dell'industria utile, ecc., e credo che l'Italia, da sola, non possa raggiungerne alcuno.
Giovanni Marini (IP:79.27.251.64) 27-09-2012 12:08

Mi piacerebbe che si riflettesse sull'assoluta incapacità che hanno i popoli europei di influenzare il proprio destino e quello dell'Unione controllata dalla oligarchia tecno-finanziaria.
Sarei pure disposto a mettere in secondo piano la mancanza di democrazia se l'élite al potere fosse legittimata da nobili principi e da coerente impegno verso tutti i popoli europei, ma così non è.
Che fanno i governatori delle Banche Centrali nelle loro riunioni a porte chiuse? Ve lo dico io: evocano il demone del denaro e vi si prostrano in adorazione.
daniela (Registered) 28-09-2012 08:41

@ Giovanni.
A te non sembra che si stiano moltiplicando fermenti e focolai in tutta l'Europa meridionale: Poco in Italia, è vero. Con alti e bassi però la Grecia continua a produrre piccole esplosioni, sull'onda delle imposizioni europee e governative. E poi la Spagna. E poi il Portogallo.
Per me in Italia c'è una calma apparente del popolo.
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