Lavavetri, specchio del problema immigrati

3 settembre 2007

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Il problema di Palermo è… il traffico”. Così, con amara ironia, si diceva nel Johnny Stecchino di Roberto Benigni. Paradossalmente qualche giorno fa, un’ordinanza del Comune di Firenze sembra riproporre lo sketch benignesco: vieta la presenza di lavavetri ai semafori. I lavavetri, che sono per la gran parte stranieri, sono ora banditi nella signoria fiorentina, rischiando addirittura il carcere. Ordinanza sicuramente smodata e eccessiva: come uccidere una mosca con un bazooka. La parte politica promotrice del bizzarro editto (il centrosinistra) ha tirato in ballo lo smantellamento del racket dei lavavetri, mentre le città del nostro Paese, come molte altre in Europa, pullulano di disperati,  che con la speranza di una vita migliore vengono spediti in quartieri ghetto senza avere, molto spesso,  un permesso di soggiorno, una sistemazione e di che vivere. Nelle ombre dove si muovono questi fantasmi urbani, senza alcun diritto e dovere, e in mano alla lusinghe della malavita italiana, di cui sono diventati una delle riserve maggiori. Vogliono soldi facili e subito, a dispetto di un sistema che li ha ingannati ed illusi. Parliamo di Paesi, i nostri dell’Occidente opulento, in cui anche curarsi in cliniche di modesto valore è diventato un lusso per una eletta minoranza. Questo sistema ideologico ed etico non riesce più a tornare sui suoi passi ed ammettere i propri errori, ragion per cui adotta misure-tampone. Non si vede la benché minima volontà di ammettere che il nostro Paese sta soffrendo un carico insostenibile: si lavora troppo, si guadagna pochissimo, si deve consumare molto e a tutti i costi, pena la rovina collettiva.
Trovate come quella di Firenze non fanno altro che esasperare gli animi senza dare il segno politico di una consapevolezza reale delle problematiche legate a questi schiavi. Schiavi utili a molte cause, perché per pochi spiccioli fanno quello che per lo snobismo professionale degli Italiani sia considerato umiliante. Scompaiono lentamente mestieri come i  meccanici, falegnami e muratori, perché si preferisce spendere anni di studio, lavorare per cifre ridicole e contratti imbarazzanti. Ecco dove ci servono questi nuovi schiavi, li utilizziamo per tutto ciò che noi riteniamo imbarazzante, e che vanno a comporre il sogno di una società multietnica sì, ma non paritaria
Provocatoriamente, mi viene da affermare che la “piaga” dei lavavetri, per essere combattuta, andrebbe regolarizzata e contrattualizzata: solo così nessuno la vorrebbe più praticare. Stesso discorso, ad esempio,  varrebbe per un mestiere come la prostituta, che per moralismo rimane nell’illegalità. Chiunque possa avere accesso nel nostro Paese, come in altri, dovrebbe avere la reale opportunità di poter lavorare, pagare le tasse, comporre una famiglia e votare. Questo non accade, e si preferisce una sana miscela di pietas primomondista e un po’ di velata intolleranza: ti aiuto ma stammi lontano. Troppo comodo.

Antonello Molella

Ps: in questo articolo Molella propone l'integrazione lavorativa, fiscale, sociale e politica degli immigrati ("la reale opportunità di poter lavorare, pagare le tasse, comporre una famiglia e votare"). E' un argomento caldo che va affrontato: come sempre, vi invito a dire la vostra. A mio avviso, l'obbiettivo finale - e ideale, ne sono ben conscio - è quello che ogni popolo risieda nel proprio luogo d'origine, senza per questo vietare gli scambi di qualsiasi genere, anzi. Ma nel frattempo, con milioni di aspiranti schiavi - come noi siamo invece a tutti gli effetti - alle nostre porte quando già nella porta accanto, che si fa? La bussola è senz'altro quella del rispetto dell'identità altrui (e della nostra). Differenzialismo, si chiama in gergo: difendere e preservare le differenze socioculturali anche all'interno dello Stato ospite. Come hanno sempre fatto in Inghilterra. I critici di questo modello dicono che però gli inglesi, come risultato, si sono ritrovati i terroristi in erba (ma operativi) in casa. Personalmente, tuttavia, resto convinto che rimanga la strada da seguire. E voi? (a.m.)

Commenti
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antonello.molella@anarca.net
Molella (Registered) 03-09-2007 20:02

Puntualizzazione corretta quella del nostro direttore e che condivido. L'integrazione di cui parlo è quella per cui: se un paese sente il bisogno di nuove "forze" deve saperle accogliere e accomodare in modo che possano essere utili al paese. Sono sulla linea della differenziazione culturale e pacifica, e che sarebbe l'optimum che ognuno possa, di base, svolgere il corso della vita nel proprio paese con la propria cultura e la propria gente. L'interscambio e il rispetto sono le basi, di certo, affinchè non esistano conflitti culturali e sociali.
hermen10@hotmail.com
albcor (Registered) 04-09-2007 16:36

Personalmente, penso che non appena uno decide di trasferirsi in un altro stato, inevitabilmente deve preparsrsi a integrarsi nella cultura di questo, perdendo parte della propria. L'esempio inglese non mi ha mai convinto: le comunità etniche devono saper anche interagire fra loro e con il resto della comunità, altrimenti si hanno solo tanti frammenti che vanno ognuno per conto suo. Quanto ai lavavetri, secondo me sono un falso problema. In realtà ciò che dà fastidio sono la povertà e la diversità. Perché, altrimenti, non ci si mobilita con la stessa prontezza anche contro le altre forme di illegalità? Il provvedimento del Sindaco di Firenze è solo populismo che cerca di assecondare gli istinti peggiori di questa società opulenta e incarognita, oltre che lo specchio di una Sinistra che ha ormai perso la propria identità politica e culturale.
Andrea Marcon (Registered) 04-09-2007 18:19

Io credo che l'immigrazione di massa comporti inevitabilmente dei gravi ed irrisolvibili problemi. Sono d'accordo con Alessio quando trova preferibile la scelta del rispetto delle differenze, ma l'unica soluzione è a monte: ovvero, come lui stesso ha detto, eliminare le cause dell'immigrazione e far sì che ogni popolo possa vivere nella propria terra. E' uno dei tanti temi nei quali dx e sin evidenziano l'impossibilità id fornire una valida risposta e si dividono tra un'utopistica integrazione pacifica ed un'irrealizzabile quanto ipocrita chiusura delle frontiere. Del resto la soluzione implica la messa in discussione del nostro modello economico, che è la causa del fenomeno migratorio. E cioè, come sempre, dx e sin dovrebbero rinnegare le logiche e le categorie alle quali sono indissolubilmente legate: impossibile.
simone19815@interfree.it
Poggesi (Registered) 07-09-2007 14:17

Ottimo. Il corporativismo delle istituzioni e della politica, qui in Toscana come in altre regioni, comincia a partorire le sue "astuzie della ragione", i suoi abili compromessi per conservare il potere ed inibire una sana dialettica partecipativa: le elites si accordano per venire incontro agli altri fiorentini, quelli che nell'apparato domeniciano hanno avuto meno voce in capitolo: i bottegai spocchiosi e incazzati, i piccolo- borghesi altezzosi e razzisti. Con questa politica del contentino si cerca di allontanare lo spettro dei problemi reali, profondi, che richiedono un impegno civico profondo e super partes: primo tra tutti quello della finzione multiculturale, dello smantellamento del tessuto civile dei paesi europei, dell' abisso sempre più profondo in cui stiamo cadendo, ipocitamente sdoppiati tra buonismo e cinismo, tra accoglienza e ghettizzazione. Speriamo bene.
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