Mercato e politica alleati per sopravvivere

7 settembre 2007

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Una buona notizia (ma per alcuni cattiva): la crisi borsistica innescata ancora una volta da titoli spazzatura (titoli legati all’andamento dei mutui immobiliari americani), probabilmente non è la crisi finale, quella sistemica. Per una serie di ragioni, che qui spiegheremo. Ma prima va fatta una premessa.
La grande lezione della crisi del 1929 (e della successiva "grande depressione"), di cui le élite dirigenti capitalistiche hanno fatto tesoro è quella della necessità dell’intervento pubblico per evitare il “crollo finale” e far ripartire il capitalismo. In che modo? Manovrando i tassi e garantendo, con iniezioni di denaro fresco, la credibilità del mercato finanziario e la solvibilità del sistema bancario. E soprattutto combattendo la disoccupazione di massa, attraverso politiche di lavori pubblici.
Ora, come si è visto in questo borsisticamente caldo mese di agosto, le Banche Centrali sono intervenute (e interverranno), in vario modo, per evitare i fallimenti a catena. E quindi per impedire che la crisi possa trasferirisi dal piano finanziario a quello dell’occupazione.
Insomma, la forza del capitalismo post-1929 è aver capito che il mercato, soprattutto quello finanziario, non può essere mai abbandonato a se stesso. La speculazione può fare il suo corso, anzi deve, dal momento che ogni tipo mercato capitalistico per essere redditizio ha bisogno di alti e bassi ( e più sono frequenti più alti sono i profitti; di qui pure l'inutilità di tutte chiacchiere sulla "moralizzazione" dei mercati). Il che però significa che la politica deve essere sempre pronta a intervenire, indossando le vesti del pagatore ( o "salvatore") in ultima istanza, attraverso le Banche centrali . E fin quando la politica (che ha il suo bel tornaconto) continuerà a intervenire il sistema economico capitalistico, difficilmente crollerà.
Ovviamente, esiste un problema legato ai tempi dell’intervento. Più la politica attende, più cresce il pericolo che una crisi da borsistica possa estendersi ad altri settori. Ma va anche ricordato un altro aspetto fondamentale: quello della forza finanziaria ( o economica, se si preferisce) degli speculatori. I quali, tuttavia, mirano sempre a rivolgimenti (e guadagni) interni, e mai alla fine del sistema in sé. Si specula per far diminuire i prezzi, fare incetta di titoli, magari eliminare qualche avversario pericoloso, in attesa della loro risalita. E così via.
Si tratta di un questione ben conosciuta dalle Banche centrali, e dunque dalla politica. La quale, come in un gioco delle parti, sa benissimo, che a un certo punto la speculazione tende a fermarsi, ovviamente, non prima che abbia avuto la sua "libbra di carne". E quest’ ultimo aspetto, dipende dalla forza economica dei soggetti che speculano. Perciò la sfida attuale è tra il potere economico degli speculatori e quello delle Banche centrali (e dunque della politica, che di fatto continua a governarle). Diciamo, che entrambe queste due forze, sono però perfettamente al corrente, che dopo il 1929, oltre una certa soglia, la crisi speculativa, può innescare una crisi sistemica. Di qui, ripetiamo, il gioco delle parti… Dove a perdere, come nell’attuale crisi, sono solo i piccoli risparmiatori.
Certo, quando si giocherella, con una pistola carica, un colpo può anche sfuggire... E perciò, in linea di principio, il rischio di un allargamento della crisi non può essere escluso del tutto. Ma ripetiamo: gli interessi (e i costi) sono così forti e collegati tra i “giocatori”, al punto da coinvolgere Cina, Russia, Europa e Stati Uniti, che, se ci passa la battuta, i vari attori economici e politici, non possono sentirsela di uccidere la gallina (almeno per loro) dalle uova d’oro: il capitalismo. Rischiando tra l’altro conflitti armati (specie tra Russia e Cina da una parte e Occidente dall’altro), e sicuri sommovimenti sociali interni. Conflitti che andrebbero ad aggiungersi a quello in atto, con il mondo islamico.
Attualmente nell’immaginario politico, soprattutto dell’Occidente, è ancora forte il ricordo della grande crisi innescata dalla guerra del 1914, sfociata nei cataclismi economici, ideologici e sociali degli anni Trenta. Oggi, ufficialmente si combatte l’Islam, ma il nemico più temuto è il ritorno, non tanto del comunismo “reale” o “irreale”, quanto di una qualche forma di nazionalismo neofascista. Non per niente si è coniato il termine di “fascismo islamico”…
In conclusione, la lezione del 1929 e la paura di un nuovo fascismo tengono in piedi il capitalismo. Oltre, naturalmente, alla "libbra di carne", di cui sopra. Di qui il nostro scetticismo, su una sua caduta a breve termine.

Carlo Gambescia (pubblicato sul blog dell'autore il 20 agosto 2007; per gentile concessione dell'autore)

Illuminante come al solito, il buon Gambescia. Il capitalismo globale si difenderà con le unghie e coi denti dal suo inevitabile declino, perchè in esso il ruolo della politica serva e fedele è proprio quello di tappare le falle e ammansire il popolo. Ed è perciò innanzitutto e prima di tutto politico il compito di critica e di lotta che ci sta davanti, e che giustifica a lungo termine la nascita stessa di Movimento Zero. Senza inseguire vie liberticide, paleocomuniste o neofasciste che siano. Libertà e sovranità popolare senza la tirannia del mercato assassino e totalitario: questa la formula del futuro. (a.m.)

Commenti
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Andrea Marcon (Registered) 07-09-2007 16:52

Gambescia è sempre molto acuto. L'unico punto sul quale mi sento di dissentire è che il Potere abbia paura di una "qualche forma di nazionalismo neofascista". A mio avviso sono realtà non riproponibili e che il sistema può tuttavia usare come spauracchio per i benpensanti, non certo temerle.
simone.org@email.it
simone.org (Registered) 07-09-2007 16:55

ma il fatto che la forza lavoro in occidnte stia entrando in crisi, nel senso che cresce la disoccupazionee precariato, non potrebbe invece accelerare questo processo di crisi? Se il capitalismo perde i suoi mercati, che sn proprio in occidente e in giappone, non rischia di trovarsi senza un suo supporto vitale?
Quanto al paventato pericolo neofascista, il capitalismo fa bene a temerlo perché - se intendiamo il fascismo come rivolta di popolo vs il sistema finanziario, delle lobby e come cultura antimaterialista - direi che si stanno via via formando tutte le condizioni sociali per una rivolta di questo tipo
Enrico Maccieri (IP:87.16.46.72) 11-09-2007 10:27

Il mondo è ancora, a mio avviso, pieno di mercati da saturare: Africa per esempio oppure molte sacche del mondo islamico. Per saturazione intendo il raggiungimento di una complessità e vastità del mercato di stampo occidentale; ossia sia in senso finanziario (intangibile) che in altre forme (tangibili).
Le mie nozioni di economia, disciplina da me molto lontana, sono molto scarse ma credo che il meccanismo si possa inceppare quando non ci saranno più mercati da travolgere come sta avvenendo per il mostro cinese o come avverrà per il continente africano. Pertanto il crollo sarà presumibilmente molto lontano nel tempo a meno di fattori velocistici dovuti alla globalizzazione o 'develocistici' (passatemi il termine) dovuti alla creazionedi nuovi prodotti ossia alla capacità dell'industrialismo di inventarsene sempre una nuova.
Andrea Marcon (Registered) 07-09-2007 17:28

Beh certo che se chiamiamo "fascismo" tutto quello che non è capitalismo, allora possiamo dire che un pericolo del suo ritorno effettivamente esiste...
simone.org@email.it
simone.org (Registered) 07-09-2007 17:58

@ Andrea
No, non volevo dare un'analisi così semplicistica, nel senso di chiamare fascismo un po' tutto ciò che nn è capitalismo.
Io intendevo proprio un fascismo autentico, quello che voleva rompere le convenzioni e che, come tale, ha anche preso di mira il mondo finanziario.
Anche se inconsapevolmente da parte delle amsse, insomma, la posibilità di una sollevazione di qeusto tipo secondo me esiste
poi le daranno un altro nome e un altro colore, ma i contenuti sn quelli
max (Registered) 07-09-2007 18:49

Io non credo che sia pensabile una caduta o un crollo del capitalismo: questi mi paiono residui di illusioni ideologiche del secolo passato, siano di destra o di sinistra. Spero che nessuno in mz si illuda di ciò. Realisticamente il capitalismo va accettato o tollerato. Questo ci ha insegnato il secolo scorso.
Tuttavia il capitalismo passerà nei prossimi anni delle crisi pesanti, irreversibili, tali da ripensarlo alla fine, ma non certo da piegarlo.
E credo che nei prossimi mesi passeremo altre difficoltà, perchè la crisi dei mutui è solo l'inizio. A questa si aggiungerà la difficoltà del petrolio che nei prossimi anni si dice comincerà a scarseggiare.


solconapoli@libero.it
aragorn (IP:213.140.16.185) 07-09-2007 20:12

Le Banche Centrali non sono entità benefiche, nè istituzioni statali, che intevengono per "salvare" non si sa chi o cosa, come dice Gambescia, che evidentemente ignora che le stesse sono aziende private di proprietà di altre banche. E' errato e fuorviante quindi parlare di intervento pubblico riferendosi alle iniziative delle Banche centrali. Dividere poi le Banche Centrali dagli speculatori, quando in realtà esse hanno inventato la speculazione finanziaria e l'hanno elevata a sistema, dimostra che non è ben chiaro dove si trovino i nemici della libertà. Queste frasi di Gambescia sono esemplari della sua confusione: "Perciò la sfida attuale è tra il potere economico degli speculatori e quello delle banche centrali (e dunque della politica, che di fatto continua a governarle)".
"La politica deve essere sempre pronta ad intervenire, indossando le vesti del pagatore, o salvatore, in ultima istanza, attraverso le Banche Centrali."
Questo passaggio è frutto di fantasia, perchè le Banche Centrali non prendono ordini da nessuno e, ripetiamo, non hanno niente a che fare con gli Stati e le sovranità popolari.
Una società privata di proprietà della Goldman Sachs e della Rothshild Bank e simili, proprietari della Federal Reserve (la Banca Centrale degli Stati Uniti) non si fa certamente comandare da Clinton o Bush. Ed in Italia le cose non sono diverse. Il potere finanziario delle elite internazionali controlla a proprio piacimento i governi, i partiti, le istituzioni "planetarie".
Gambescia chi crede che conti di più in Italia, Il Fondo Monetario Internazionale, le Banche, BANKITALIA, la Confindustria, o il governicchio Prodi? Le "iniezioni di danaro fresco" non sono pubbliche" come sostiene Gambescia, che sostenendo tesi errate, e non opinioni, dimostra di ignorare totalmente la questione della sovranità monetaria. Le "iniezioni" sono fatte dalle Banche Centrali, alle quali il danaro non costa niente, a sostegno delle insolvenze che loro causano alzando i tassi d'interesse. A chi volesse conoscere cosa è effettivamente accaduto ad Agosto, e quali sono le dinamiche dei fenomeni speculativi posso inviare un documento che approfondisce un tema che non può esaurirsi in poche righe.
Quanto al pericolo fascista, credo che se avessi un tumore non mi preoccuperei di contrarre un raffreddore. Il Neo Fascismo paventato con tanta faciltà da tutti, comodo come sempre nei momenti di crisi, non ci potrebbe certo togliere alcuna libertà, visto che ormai non possiediamo più alcuna da tanto tempo. E comunque una cosa è certa, chiameranno fascista chiunque voglia lottare contro questo sistema.
Malafede? Di qualcuno certamente. In altri casi è semplice ignoranza.
simone.org@email.it
simone.org (Registered) 08-09-2007 11:55

Aragorn, credo che quando Gambescia parla di iniziativa politica-pubblica, non intenda un intervento diretto attraverso le Banche Centrali (semmai sarebbe più probabile il contrario, dato che sono le Banke a tenere in mano la politica); piuttosto credo che intendesse dire che la politica, attraverso opportuni interventi legislativi (ovviamente pilotati) dia alle Banke spazio di manovra per condurre le loro iniziative monetarie.
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