Mura di gomma

14 Luglio 2013

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Da Rassegna di Arianna del 24-5-2013 (N.d.d.) 

 

 

«Prometeo è il più nobile tra i santi e martiri del calendario filosofico.» K. Marx

«Non sono venuto a portare la pace ma una spada.» Gesù di Nazareth

Queste pagine nascono da una necessità profonda, dalla necessità di fingere di credere, forse, che le parole abbiano ancora un peso, che una forma di dissenso a "sua maestà il Capitale" possa ancora esistere, che ci possa essere, quindi, ancora uno spazio, una possibilità per non essere tollerati, il che equivale ad essere ascoltati perché tutto ciò che invece viene tollerato passa in sordina, non fa urlare allo scandalo, viene riassorbito dai meccanismi mediatici, dalle esigenze di riproduzione dei mercati.

E' questo, quindi, il problema fondamentale: il primato dell'economia sulla politica ha generato una condizione per la quale tutto può essere reso possibile, tutto può essere libero e tollerato. Il capitalismo post-moderno e, purtroppo (nel senso che l'individuazione di un avversario di classe è resa molto più difficile), post-borghese ha imposto il suo controllo ed esteso illimitatamente il suo dominio attraverso la liberalizzazione di tutti gli stili di vita e dei costumi, attraverso la permissione illimitata del dissenso che viene, appunto, ridotto a componente integrante dello stato di cose presenti. Il dissenso ha senso e trova la sua efficacia, infatti, solo nel momento in cui non è tollerato: nel caso in cui un sistema, come nel capitalismo attuale, si fondi sul primato assoluto dell'economia sulla politica non esiste repressione che tenga, il potere non è più inferto con macabre esecuzioni, fucilazioni di massa o Terrore di alcun tipo ma attraverso il ricatto quotidiano; questo significa, ed è sotto gli occhi di tutti noi, che ogni scelta politica è strettamente subordinata alle esigenze proiettate dall'economia, i parlamenti dei paesi si sono tramutati in apparati in cui le burocrazie sottoscrivono i trattati e gli accordi internazionali per smantellare i diritti e il welfare adattando le condizioni imposte dal grande capitale mettendo sotto ricatto economico i paesi, con una formula che potremmo volgarmente riassumere in "se vuoi posti di lavoro nel tuo paese, io, il grande capitale, te li fornirò solo alle mie condizioni", condizioni che solitamente sono il lavoro precario a tempo determinato, la diminuzione della spesa pubblica (meno scuole di qualità e meno assistenza sanitaria, rendendo, tra le altre cose, inservibili le Costituzioni dei vari paesi) e tutto il resto delle cose che conosciamo. In una condizione del genere il sistema politico perde il suo significato, la nozione di politica intesa nel senso di "discussione sul bene comune" viene interamente sospesa in favore di una "ordinaria amministrazione" alienata che nonostante tutto riesce a imporre senza problema una sua forma di quotidianità ricattata.

In questo senso le posizioni politiche anche contrarie al sistema (o sedicenti tali) non hanno nessun campo d'azione poiché, come Herbert Marcuse notava acutamente già negli anni Sessanta negli USA (si veda "L'uomo a una dimensione"), ogni tentativo di alternativa viene assimilato da questa "società dalle mura di gomma" che assorbendo il colpo infertole si riassesta elasticamente in poco tempo tornando alla sua posizione originaria. Questo avviene perché nel vuoto politico indotto dalla struttura stessa non esiste proposta politica che tenga, tanto più se "sovversiva", che possa mettere in discussione, e tanto meno in crisi, lo status quo. Non essendo la politica a determinare le scelte economiche che vengono compiute ogni alternativa di sistema radicale posta sul piano politico risulta completamente inefficiente e per tanto tollerata.

In queste condizioni di totale sordità dell'economia nei confronti della politica ogni posizione espressa appare assolutamente legittima e permessa (anche nel senso comune diffuso tra le persone, a testimoniare come l'ideologia venga emanata direttamente dagli apparati strutturali) all'interno delle coordinate stesse del sistema. Ciò non vuol dire altro se non che ci troviamo in una fase non autoritaria (infatti, come detto, siamo liberi di fare assolutamente ogni cosa che vogliamo anche se ciò non ha nessun effetto sulla realtà) ma sicuramente, e pericolosamente, post-democratica: nonostante il capitalismo abbia de-totalizzato il senso (non esiste una civiltà capitalista in quanto tale: il modo di produzione si è legittimato in tutte le più disparate culture senza reprimerle o eliminarle ma proprio modellandole per farne mezzi di consolidamento del mercato stesso, basti pensare al sistema delle caste in India o al capitalismo dai valori confuciani in Cina, ecc.) si è assicurato un controllo totalitario sulla quotidianità delle persone e addirittura sulla sua propria autoconservazione (del sistema) affermandosi come sostrato assoluto sul quale fondare la totalità dei rapporti sociali, politici ed economici non permettendo di fatto nessuna opposizione: l'opposizione, per sua definizione, arriva dall'esterno del sistema o emergendo da esso come una macchia grigia che corrode il sistema limitandone e/o riducendone la legittimità o la forza. Questo con il capitalismo odierno non può accadere a causa della colonizzazione di ogni aspetto della vita quotidiana di ogni individuo, comprese le sue aspirazioni e l'immaginario che condivide con chi vive ed opera con lui.

La questione si fa angosciante se pensiamo che ogni azione per abbattere o anche solo per mettere in discussione questo sistema non fa altro che irrobustirlo o, se ci va bene, lasciarlo inavariato. Tutte queste caratteristiche che abbiamo attribuito alla globalizzazione sembrano perfettamente "umane", come se qualcuno avesse ideato un modello di società del genere a tavolino, in modo così perfetto, per fare in modo che sia incorruttibile e a prova di ogni opposizione (opposizione che non può nemmeno vantare tale titolo! Pensiamo alla facilità con cui i totalitarismi avevano paura di crollare da un momento all'altro "costringendosi" alla repressione e alla violenza: dagli anticorpi di tali regimi il capitalismo odierno si fonda senza avere tra le proprie coordinate nemmeno la possibilità, se non perfettamente accidentale, di essere messo in discussione... alla faccia della "società aperta"!). Ecco, la cosa maggiormente angosciante è pensare che tutto ciò è nato quasi accidentalmente, da una sorta di incidente aleatorio, senza premeditazione o calcolo (certo, quella di vivere in una società in cui dominasse il libero mercato sarà sicuramente stata una scelta "politica", intelligente è sicuramente la teoria di Weber espressa ne "L'etica protestante", ma sarebbe uno spunto da sviluppare ulteriormente). Il significato di questa riflessione sull'impossibilità di creare una controparte che possa criticare in modo efficace sul piano pratico lo status quo ponendo l'accento sulla sua natura accidentale, proprio a causa della sua autofondazione di carattere prettamente economica su se stesso, sta nel fatto che le conseguenze terribili di ciò che questo sistema sta comportando (imperialismo assassino indispensabile all'estensione dei mercati, la povertà, la distruzione dei diritti in occidente, la devastazione dell'ambiente e il consumo illimitato delle, invece, limitate risorse naturali) è un meccanismo che per sua natura non è sottoposto a controlli, come una corsa disperata verso il chaos e il consumo: l'uomo non può mettere freni a questo sistema dal suo interno (il mercato comanda sul Parlamento) e contemporaneamente la creazione di una Resistenza anticapitalistica è resa difficilissima, una difficoltà che fa in modo che la riuscita di un'impresa del genere sia di natura quasi probabilistica, aleatoria, e, quindi, altrettanto poco controllabile dall'agire umano.

La sfida degli anti-capitalisti, oggi, è quella di tornare, senza paura, ad essere capaci di essere intollerati per risultare nuovamente pericolosi.

 

Giacomo Babuin

 

 




 

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