Feltri e il Corriere dell'inciucio

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Il Corriere della Sera perde i pezzi ma non il vizio di scivolare a sinistra. Due anni fa il direttore Paolo Mieli scrisse un articolo, in prossimità delle elezioni, per dire che avrebbe votato Romano Prodi, e molti lettori si infuriarono arrivando addirittura ad abbandonare la storica testata.
Ieri, in una situazione analoga - fra due giorni si aprono i seggi - il quotidiano (un tempo) della borghesia concede una sorta di bis. La penna furba dell`ultraottantenne professor Giovanni Sartori invita i lettori a votare in modo tale da favorire il pareggio in Senato, quindi l`ingovernabilità, quindi l`inciucio fra Pd e PdL. Cosa questa assai gradita agli editori di via Solferi no, una quindicina di danarosi banchieri, finanzieri, industriali e similari - che negli ultimi anni hanno completato una mutazione in atto dal 1968.
Alle origini essi avevano il cuore e il portafogli a destra. Poi hanno trasferito il cuore a sinistra lasciando il portafogli a destra.
Ora, rompendo gli indugi, hanno spostato tutto a sinistra: cuore e portafogli. E non se ne vergognano; anzi. Nel 2006 facevano un gran tifo per Romano Prodi ed ebbero soddisfazione. Ma per poco. Il governo infatti, pur avendo dato una mano alle banche, già imbottite di denaro, dimostrò subito di non essere all`altezza dell e aspettative dei grandi istituti di credito e strozzinaggio, deludendo anche Confindustria e dintorni. I ricconi davanti al fallimento non batterono ciglio. Ovvio.
Avevano a disposizione il cavallo dì riserva, il sopravvalutato Walter Veltroni, il quale divenne segretario del Partito demo- cratico in largo anticipo sulla farsa delle primarie. Non a caso Paolo Mieli (...) segue a pagina 3 (...) al convegno di Capri, in autunno, impallinò lo stesso Prodi cui aveva inneggiato nel famoso editoriale preelettorale, e fece intendere che l`uomo nuovo era appunto il pensionato Veltroni (5 mila euro netti il mese, arrotondati per difetto) da almeno un lustro sponsorizzato anche dall`altro quotidiano forte, la Repubblica, proprietà di Carlo De Benedetti.
Naturalmente i miliardari con la passione dell`editoria, data la cattiva esperienza dell`Unione (implosa causa i massimalisti Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio eccetera) hanno imposto al pensionato Walter di correre stavolta in splendida solitudine, rinunciando ai compagni. Ciò nella speranza di convincere l`elettorato scontento di Berlusconi, ma diffidente verso gli estremismi, a saltare il fosso per abbracciare il dinamico e telegenico ex sindaco di Roma. La mossa sembrava azzeccata.
Nelle comparsate iniziali difatti Veltroni ha dato a tutti, e non solo ai suoi pupari, l`impressione di aver sfondato sulla destra e disorientato perfino qualche berlusconiano d`antica militanza. Poi, forse per l`eccessiva lunghezza della campagna (che ha indotto i suoi protagonisti a ripetersi noiosamente), la corsa del pullman verde ha rallentato e adesso procede a passo di lumaca. La distanza fra il Pd e il PdL sembra incolmabile.
Che fare? La sinistra gioca la carta della disperazione, la carta un po` sgualcita del Corriere della Sera che`con l`articolo di Giovanni Sartori si tramuta in Corriere dell`inciucio. Sartori suggerisce strategia e tattica. Consiglia alla borghesia italiana voti diversificati: ad esempio, Berlusconi alla Camera e Veltroni (o Casini) al Senato. L`importante, secondo lui, secondo Mieli e relativo salotto di sciuri, è - costatata l`impossibilità per il Pd di vincere - puntare alla non vittoria del Cavaliere e ottenere quel pareggio che renderebbe obbligatorio un governo di larghe intese presieduto da un personaggio autorevole (da scegliersi tra gli amici dei banchieri). Un inciucio in piena regola. Grazie al quale i padroni del Corrierone si sbarazzerebbero contemporaneamente di Silvio e di Walter, piazzando a Palazzo Chigi una pedina manovrata dal Capitale, l`ideale per vivere felici e ricchi fino a riforme istituzionali avvenute. Quel che sarà dopo si vedrà. Gli editori a tempo debito tratteranno con chi di dovere.
Capito il Corriere? Svelato il piano, svelato per modo di dire giacché è trasparente, aggiungiamo che esso non è stupido. Tuttavia, se è vero com`è vero che sta a cuore a lorsignori, è da considerare peggio della peste. L`inciucio no. E no agli inciucisti. Lo abbiamo sempre detto e lo ripetiamo: se i capitalisti vanno coi comunisti (sia pure ex) o c`è qualcosa che non va nei capitalisti o c`è qualcosa di marcio nei comunisti e negli ex.
Un voto di qua e un voto di là: sono il simbolo della doppiezza. Che a noi ripugna, e credo anche a voi.
Vittorio Feltri

da Libero 11 aprile 2008

Conosciamo politicamente Feltri: trattasi di giornalista di gran razza passato a Berlusconi dall'oggi al domani per la direzione del Giornale ex montanelliano. Punto. Di suo, è la versione bergamasca dei libertarians americani: basta che ci siano i danè, ed è tutto ok. Nell'articolo riportato sopra, il Feltri ex corrierista fa centro. Svela l'operazione di messa in suffragio del Grande Inciucio destra-sinistra portata avanti in questa campagna elettorale dal Cocchiere della Sera. Chiaramente, lo fa per caricare i suoi lettori, berlusconiani e leghisti feroci, contro gli "avversari". Per diradare il sospetto che sotto sotto anche il suo patron, il declinante Berlusca, voglia l'accordo col rampante Walter. Sì, fa sorridere leggere un liberista militante come lui parlare di "Capitale" come un marxista all'ultimo stadio. Però c'azzecca, e sputa il rospo in prima pagina.
E ha un bel dire oggi Giovanni Sartori nella sua replica sul Corriere, quando afferma che lui quando scrive è più libero di Libero, che non riceve veline dal direttore Mieli, che non sa cosa siano i poteri forti, che col suo escamotage di votare in modo disgiunto intende convincere gli indecisi a non rifugiarsi nell'astensione. Vorrebbe farci credere, il puntuto e acuto Sartori, che se scrive quel che scrive sul primo quotidiano nazionale, non è perchè le sue tesi fanno comodo al centro di potere che ne è proprietario? Vorrebbe indurci a pensare che lui non sa quali enormi interessi politici ed economici si muovono dietro alla sua presunta libertà editoriale? Vorrebbe negare che la linea di Mieli in queste settimane non abbia avuto la sua consacrazione nel suo scritto apparentemente "tecnico"? Vorrebbe farci passare tutti per minchioni, l'illustrissimo professor Sartori? (a.m.)

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